di Massimiliano Perlato
UN GIORNO RACCONTERO' A MIO FIGLIO, CHE HA 5 MESI, LA STORIA DI ROSSELLA URRU, RAGAZZA SPECIALE SIMBOLO POSITIVO DI UN PAESE, IL NOSTRO, CHE LENTAMENTE VA ALLA DERIVA
di Massimiliano Perlato
Di fronte a me, un ampia estensione di verde ai piedi delle montagne viene utilizzata da diversi bambini per sospingere il loro aquilone, nella loro rincorsa impulsiva all’attività vacanziera. Il pensiero si sposta inevitabilmente a uno dei film più belli che ho potuto vedere in questi anni, “Il cacciatore di aquiloni” tratto dall’omonimo romanzo di Khaled Hosseini che narra la vicenda di un ragazzo afghano dell’etnia pashtun e del suo amico dell’etnia hazara. Una storia toccante che racconta una realtà sociale a tal punto tanto distante dalla nostra che non ho potuto fare a meno di accostarla alla “causa abbracciata” in Africa da Rossella Urru. Ghermisco mentalmente appunti mentre guardo attentamente mio figlio, cinque mesi di vita soltanto e tanti interrogativi e domani sospesi da affrontare. Con quegli occhioni sgranati, feriti da un sole quasi ferragostano, pare chiedersi proprio cosa lo aspetta dalla vita e dalle incertezze del futuro. Mentre i riflettori mediatici intorno al mondo di Rossella, come è giusto che sia, si spengono, è legittimo comprendere i valori che questa ragazza ha nel dna, se poco più che adolescente, ha prediletto seguire una strada tanto tortuosa quanto temeraria come quella di sorreggere il prossimo in un angolo remoto del mondo, simile a quello dei cacciatori di aquiloni afghani, tanto disgiunto dal nostro. Virtù considerevoli certo non raggranellate nell’angolo della strada, ma ben aggrappate alle sue origini, anche di sarda, ma di una famiglia solida e radicata in certi punti saldi quali la capacità che si ha nel mostrarsi solidale nei confronti del prossimo. Rossella, oggi giustamente simbolo positivo dell’Italia e della Sardegna tutta, non la valuto un’Eroina. Ma indubbiamente qualcosa di speciale ha veramente se ha abbandonato la Sardegna a vent’anni e nella sua adolescenza non ha incalzato falsi miti e ideologie, ma ha offerto se stessa per aiutare i bambini del campo profughi di Hassi Raduni, luogo in cui è stata rapita lo scorso ottobre, dove è profugo il popolo Saharawi da oltre 30 anni. Una etnia che in Italia nemmeno si sapeva esistesse prima che le cronache nostrane, pur colpevolmente in ritardo, non l’hanno fatta emergere con la vicenda di Rossella Urru, l’Angelo del Deserto. I Saharawi sono un popolo che vive ne deserto del Sahara che, pur essendo da secoli una Nazione, non ha la sua terra e vive in esilio. La sua terra, l’ex Sahara occidentale spagnolo, confina con Marocco, Algeria, Mauritania. Fin dal 1975, quando la Spagna ha abbandonato l’ex colonia, il Marocco ne ha invaso il territorio. Il popolo Saharawi discende dall’incontro e dalla fusione, protrattasi per secoli, di gruppi nomadi berberi (tribù Sanhaya e tribù Zenata) con genti arabo-yemenite (i Maquil) giunti in Nord Africa intorno al XIII secolo. Questo popolo sfiora il milione di persone (circa 500.000 vivono nel territorio “occupato” dal Marocco, altri 200.000 sono sparsi tra Mauritania, Spagna e altri paesi, ed infine 160.000 abitano le tendopoli dell’esilio). La religione è islamico-sunnita, con una concezione aperta, priva di fanatismi e intolleranze. Nella loro durissima lotta contro gli invasori, guidata dal Fronte Polisario, i Saharawi, leggendari guerrieri del deserto, hanno sempre rifiutato la scelta del terrorismo combattendo a viso aperto, anche in questo fornendo un esempio di altissima moralità e coscienza civile. Il lavoro sul campo di Rossella, timida e riservata a prima acchito ma che nasconde un carattere d’acciaio, oltre a un mix caratteriale proprio “made in Sardinia” quali la testardaggine e la determinazione, è di coordinamento dei rifugiati per conto del Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli con la funzione laboriosa di coadiuvare la Comunità Europea, il Programma Alimentare, l’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite. Insomma, relazioni diplomatiche e difficoltà anche logistiche che avrebbe stroncato chiunque, ma non lei, questa giovane di 30 anni, compiuti proprio lo scorso 22 marzo mentre era prigioniera, che dev’essere da esempio per le nostre nuove generazioni. Il Popolo Saharawi la venera: i bambini la percepiscono come una sorella maggiore. Ci dobbiamo rendere conto che questa ragazza con residenza a Ravenna, dove si è laureata in “Cooperazione internazionale, regolazione e tutela dei diritti e dei beni etno-culturali” e origini a Samugheo, non ci appartiene più. E’ lei il punto di ragguaglio per il potenziamento alla Mezza Luna Rossa Saharawi (MLRS) per il miglioramento della gestione degli aiuti umanitari e la verifica della loro qualità; per il potenziamento del sistema scolastico; per il sostegno della prevenzione delle epatiti virali; per la salute materno infantile; per il basamento alla MLRS per l’immagazzinamento dei prodotti freschi a temperatura controllata. Il pressapochismo tutto italiota del post liberazione è un classico indicibile: tanti pareri incredibilmente discordanti di cui sono pieni il web dei siti mediatici, in cui alla giovane viene rimproverato il riscatto pagato dallo Stato e se proprio vuole fare della beneficenza, che la faccia in Italia che c’è tanto bisogno. E’ quel pressapochismo nazional popolare con cui si fa a pugni tutti i giorni in tutti gli ambienti, che fa spallucce di fronte ad una crisi economica che sta mettendo in ginocchio il Paese, figlio di una classe politica che non è tale, ma che s’infervora all’esasperazione per il “tradimento” di un Ibrahimovic qualsiasi, campione della pedata, che lascia Milano per trasferirsi a Parigi per un qualcosa di molto vicino ai 15 milioni di euro all’anno. Rossella è un simbolo positivo che presto verrà obliato perché la nostra società ha incentrato i propri valori su altre stratificazioni: oggi è più rilevante sapere quali saranno le nuove veline e se il figlio di Raffaella Fico è bianco o nero… o mulatto! Lei, l’Angelo del Deserto, tornerà alla sua storia fatta di impegni e transitorietà nella responsabilità sociale. Si è ritrovata in un vortice di notorietà affannosa che l’ha travolta implacabilmente, nonostante il suo essere donna fiera e pratica perché la stampa e l’affetto asfissiante della gente per certi versi, può essere opprimente. E non va condannata, come da qualche parte si legge, se all’indomani della liberazione, ha svelato l’intenzione di tornare in Africa, la sua Africa, quella complessa e contraddittoria in cui è necessario anche il suo laborioso e soprattutto organizzato contributo. Lo ha ribadito la giovane di Samugheo appena sbarcata all’aeroporto di Ciampino dopo l’abbraccio a familiari e politici, giunti per raccogliere gli onori del caso: il ricordo di tutte le altre persone ancora in stato di prigionia e quelle che hanno perso la vita. Rossella cittadina del mondo pensa ai fratelli algerini, francesi, spagnoli, tedeschi. A tutti, nessuno escluso, quelli che aspettano di essere liberati. Devono essere forti e pensare che l’Angelo del Deserto ce l’ha fatta e anche loro ce la faranno. Non bisogna dimenticare i popoli che vivono nell’oppressione, nella fame. Di questi – ha ribadito la Urru – ci ricordiamo solo quando queste forme di oppressione sfociano nella guerra e nel terrorismo. Dobbiamo intervenire prima che prendano le strade della rivoluzione. Parole giuste che enunciano concetti di vita quotidiana che noi italioti del divano e della tv post lavoro, non possiamo comprendere fino in fondo ma che fanno della giovane Rossella un esempio di vita se non da inseguire, quantomeno da raccontare. Noi cittadini che crediamo in un mondo di pace in cui i popoli hanno lo stesso valore, dobbiamo ringraziare questa ragazza coraggiosa che nonostante i nove mesi di prigionia, non si piange addosso, non chiede ritorsioni ma esorta alla cognizione, alla consapevolezza e all’aiuto per questi popoli. Gli aquiloni nel cielo azzurro non volano più. Lo spazio verde di fronte a me è oramai vuoto. Mio figlio con gli occhi chiusi si è assopito. Gli sorrido: ora ho qualche risposta in più da fornirgli
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Bello!!!! commovente, sentito, vero, spontaneo, chiarificatore, mi piace.
Ti faccio i più vivi complimenti, perchè hai portato alla luce i sentimenti e i valori che ancora sono il fondamento di tanti cittadini e famiglie italiane. Continua a guardare in faccia tuo figlio e, semmai, non nascondergli la realtà, ma spiegagliela a mano a mano che cresce. Quando un bambino ha di fronte certi carismi, non potrà dimenticare.
Caro Massimiliano miei più sinceri complimenti per questo tuo bellissimo articolo ,parole sagge le tue in confronto della vicenda della liberazione di Rossella per la quale abbiamo sofferto, lottato ,sperato e pregato tutti i giorni ,con speranza e in certi momenti con disperazione e con rabbia temendo per il silenzio delle autorità italiane .Mi rammarica leggere su fb certi commento orrendi sul pagamento del riscatto e sulla missione umanitaria di Rossella , ma poi vedendo da dove provengono (gruppi neo nazisti a fascisti ultra razzisti ) penso che tristezza che esistono ancora persone con queste idee ,si vede che della vita e della storia non hanno imparato proprio nulla! Come ben dici tu Noi cittadini che crediamo in un mondo di pace in cui i popoli hanno lo stesso valore, ci sentiamo orgogliosi e fieri di Rossella ,nostra sorre sarda , piccola grande donna coraggio!
un abbraccio a te .
Un abbraccio dae disterru Rossella ,non mollare! forza paris!
Teresa
Complimenti per il bellissimo articolo. Ma ancor più complimenti alla redazione di questo blog, che seguo oramai da mese quotidianamente e che racconta la Sardegna vera e non di facciata come fanno certi giornali in Sardegna. Continuate così.
Come soci dell’ACSIT Associazione Culturale Sardi in Toscana siamo molto contenti della liberazione di Rossella Urru, cooperante sarda di Samugheo, tenuta rapita per 270 giorni in terra Africana.
A lei, ai suoi colleghi, e alle loro famiglie, mandiamo un abbraccio fraterno.
In questi giorni di entusiasmo e di festa per la buona sorte della liberazione di Rossella, ci piace anche ricordare la gente bisognosa che Rossella, assieme ai suoi colleghi, stava aiutando la in Africa, i rifugiati del Popolo Saharawy.
Dritto dai cuori nostri sardi mandiamo affetto e solidarietà, a questo popolo sventurato, e a tutti i popoli che cercano di lottare contro lo sfruttamento e l’oppressione militare, economica, culturale, la fame, l’emigrazione/spopolamento, la disperazione, per la dignità, la libertà, il diritto all’autodeterminazione.
che meraviglia il tuo articolo su Rossella Urru, mi ha commosso molto e inumidito gli occhi, credo per un’ottima ragione. Grazie