dell’Associazione Nazionale di Solidarietà del Popolo Sahrawi
Sono già passati più di sei mesi. Nella notte tra il 22 e il 23 ottobre 2011, Rossella Urru, Ainhoa Fernandez de Rincón ed Enric Gonyalons sono stati rapiti a Rabuni nei campi profughi sahrawi nel sud dell’Algeria, dove erano impegnati in progetti umanitari. Un tempo lunghissimo per loro, per le famiglie che li attendono, per tutti coloro che li conoscono o hanno imparato a conoscerli. Un tempo ancora troppo lungo, qualunque esso sia, dovranno aspettare e dovremo attendere per la loro liberazione. La speranza non deve mancare. La liberazione di Maria Sandra Mariani, dopo 14 mesi dal sequestro nel sud dell’Algeria al confine con la Libia, dimostra che i nostri servizi segreti e d il ministero degli Esteri sono in grado di operare, nei tempi necessari, per la liberazione dei connazionali. Non è cosa da poco se si pensa che la liberazione è avvenuta dopo il colpo di Stato in Mali di metà marzo,terminato poi col ritiro dei militari golpisti, la proclamazione dell’indipendenza dell’Azawad (il nord del Mali) da parte del movimento tuareg, il moltiplicarsi dei segnali di una presenza sempre più attiva nella regione del Sahara e del Sahel dei gruppi di terroristi che si rifanno alla nebulosa di Al Qaida nel Maghreb Islamico (AQMI).Siamo consapevoli che ciò che possiamo fare per accelerare la liberazione di Rossella e dei suoi due compagni di prigionia è l’esatto opposto di ciò che saremmo tentati spontaneamente di fare: interpellare apertamente i governi, italiano e spagnolo, montare una campagna di massa che dia visibilità alla nostra richiesta e magari protesta, ingaggiare una gara tra chi è più solerte nel gridare alto e forte. Agendo in tal modo faremmo alzare il prezzo del riscatto, renderemmo più difficile il lavoro dei governi e dei mediatori. I responsabili del rapimento devono sapere del nostro affetto nei confronti dei tre sequestrati, ma anche che non ci sono divisioni o contrasti dietro i governi. Tra coloro che aspettano con ansia la liberazione vi sono anche i sahrawi, i rifugiati dei campi profughi in Algeria in primo luogo. Rossella e i suoi due compagni erano lì per loro. Dopo i cooperanti e le loro famiglie, sono i profughi sahrawi le altre vittime del rapimento, come se non bastasse la loro condizione di esiliati da 37 anni e di unico popolo africano cui non è stato consentito il processo di decolonizzazione e il diritto all’autodeterminazione. Il Fronte Polisario ha saputo reagire con rapidità, tutelando la sicurezza per tutti e la prosecuzione del lavoro umanitario. Il movimento di solidarietà ha capito che non era certo questo il momento di abbandonare i sahrawi,ed in tal modo la sua presenza nei campi non si è mai interrotta. I ministri degli Esteri dei due paesi hanno adottato il silenzio stampa, e lo hanno chiesto alle Ong per le quali i tre cooperanti lavorano, e al movimento di solidarietà se non per esprimere, appunto,affetto e umana vicinanza. E Rossella e gli altri due ne hanno bisogno; non era necessario attendere le prime parole di Sandra Mariani per immaginare che la loro prigionia non è un “riposo” nel deserto. Per rispetto a loro e alle famiglie non c’è bisogno di aggiungere altro. Durante questo obbligato “silenzio” si sono infilate notizie provocatorie e probabilmente interessate per testare le reazioni. Il movimento nel suo complesso ha reagito bene, molto meno alcuni, pochi per fortuna, organi di stampa anche italiani che irresponsabilmente hanno dato credito a tali notizie. Eppure fin dall’inizio è apparso che il sequestro è stato strumentalizzato per promuovere altri interessi, che nulla hanno a che fare con la liberazione dei tre cooperanti. A Rossella, Ainhoa ed Enric va tutto il nostro affetto, e condividiamo con le famiglie la speranza che la così lunga attesa non debba durare ancora.