di Mariella Cortès
Mettete insieme amore per la tradizione, tenacia, coraggio e voglia di emergere ed ecco a voi Josto Murgia, giovanissimo imprenditore cagliaritano che partendo dal gusto classico e inconfondibile delle nostre bacche di mirto ha dato vita a un drink innovativo in grado di farsi strada nel complesso mercato internazionale tenendo alto il nome della Sardegna. Quella di Josto, incontrato in occasione della Fiera dell’Artigianato di Milano, è un’esperienza significativa che dimostra come, in momento di crisi che non risparmia il mercato sardo e sembra costantemente frenare i nuovi investimenti, ci sia ancora spazio per nuove idee.
Raccontami un po’ di te e delle tue esperienze professionali Ho iniziato ma lavorare dall’età di 19 anni occupandomi sempre di vendite e rapporti con la clientela. La mia professione si affina e si evolve quando, assieme al mio socio, creiamo la Promedia ANC, un’azienda che si occupa di marketing e comunicazione di impresa, di piccola editoria e ha al suo interno una piccola fabbrica di duplicazione cd e DVD. Accresco le mie competenze attraverso la politica dove, gratificato dal fare l’assessore al turismo e occupandomi di commercio, rapporti col cittadino e valorizzazione tradizioni popolari, riesco a esprimere compiutamente le mie capacita’ ottenendo ottimi risultati di popolarità. Contemporaneamente, pensavo a ciò che doveva occupare il mio tempo, oltre l’attività principale, quando avrei lasciato la politica e nello specifico l’assessorato (la scelta di non farlo più e’ ponderata e dettata dal mio voler sempre perseguire ciò che si chiede ad ogni politico: onesta’, dedizione, sacrificio e sopratutto non attaccarsi alla poltrona).
E quel qualcosa aveva a che fare con il liquore sardo per eccellenza, giusto? Esatto! Mi piacciono i drink alla Bacardi e son innamorato della Sardegna (sono un indipendentista non incallito ma molto romantico) . Pensai allora di mettere insieme il gusto tipico della mia Isola e fare i primi tentativi. Con l’aiuto di un chimico si partì da una base di ricetta che venne testata in occasione di festa. Il successo è del tutto inaspettato: il prodotto piace tantissimo e decido così di preparare artigianalmente mille bottiglie da portare, un po’ per sfida, alla Fiera dell’artigianato del 2010. Le vendo tutte e mi rendo conto che sia l’idea che il prodotto rappresentano realmente qualcosa di nuovo. Così rientro in Sardegna, registro il nome, faccio un brevetto di tutela e affino immagine, ricetta e comunicazione. Scelgo appositamente di fare il prodotto analcolico perché noto che il trend di mercato va in quella direzione: un prodotto per tutti da combinare con altri drink, anche alcolici. Fatico non poco nella produzione delle prime 20000 bottiglie che riesco a mettere sul mercato a luglio 2011 e, anche se già nel pieno della stagione estiva, ottengo ottimi riscontri di vendita e soddisfazione. Arrivo a vendere 60000 bottiglie senza avere un centesimo di sovvenzione e soprattutto senza nessuna rete commerciale che ora invece annovera 26 entità fra distributori, agenti e grossisti.
Quasi una sfida, considerando che mirto è uguale a liquore alcolico! Già, infatti inizialmente si faticava a far capire la differenza: molti son convinti che sia la bacca stessa ad essere alcolica! Abbiamo lavorato molto con la comunicazione, la formazione dei venditori e la promozione in generale. Al momento ci sono tre stati esteri che acquistano e distribuiscono il mio prodotto (Belgio, Germania e Svizzera) e sto prendendo contatti con altre ditte e distributori che mi porteranno in Giordana e Australia senza contare tutte le altre in Spagna, Inghilterra, Russia, Cina.
Proietta Josto e la sua creazione nei prossimi mesi: cosa vedi? L’obiettivo è quello di arrivare a 1000000 di bottiglie in breve tempo, fare una versione in lattina, uscire con lo sciroppo di Mirto drink denominato “Mirto rock” e sopratutto dar il via a un sistema di vendita capillare in tutto il mondo ed avere la forza economica, da subito, per supportare un prodotto totalmente made in Sardegna. Sinceramente penso in grande ma attendo un colpo, uno solo…che mi faccia fare il alto di qualità. Sino ad ora l’investimento e’ stato fatto con risorse proprie e con un contributo personale di un cugino sensibile all’intuizione avuta che, bontà sua, meritava di essere supportata. Arriverà la grande vendita, arriveranno le vendite capillari, arriverà i momento della consacrazione e internazionalizzazione di mirto drink…dopotutto…sono solo 5 mesi di vita!
Parliamo della fiera dell’artigianato. lo stand Sardegna è stato sicuramente uno dei più gettonati. quanto pensi sia forte il brand Sardegna? cosa si fa attualmente e cosa si potrebbe fare per rafforzarlo promuoverlo? La fiera dell’artigianato e’ a mio parere un’ottima occasione per fare cassa ma per alcuni versi scarsa per fare e approfondire incontri professionali. Spesso gli stand vengono presi cercando di economizzare al massimo e dentro non ci stanno i produttori ma altri dipendenti che non hanno, in molti casi, la stessa consapevolezza del prodotto. L’obiettivo imprenditoriale, anche se eccellente viene totalmente snaturato e prevale unicamente quello del far cassa. Se si vuol seriamente rafforzare il brand serve uno sforzo unitario che coordini le aziende, comprenda le loro esigenze e ascolti le difficoltà. Ma non solo: serve maggiore attenzione anche e sopratutto quando ci si presenta alle fiere: è necessario abbattere i costi di trasporto, troppo spesso un deterrente e obbligare le singole aziende a dotarsi di strumenti marketing di base.
Quali sono i rischi e le potenzialità dell’essere imprenditori in Sardegna in questo momento? In linea teorica le potenzialità sono enormi se guardiamo ai mercati europei e mondiali. Un mercato di grandi imperi industriali e tecnologici ma che sempre più apprezza qualità e cultura. Noi abbiamo due cose: qualità enogastronomiche e cultura millenaria sia nel territorio che nei prodotti. Quindi a fronte di questo le potenzialità sarebbero spaventose ma i rischi reali sono quasi insormontabili. Pensa che Mirto drink nasce senza contributi, senza finanziamenti e la banca, ad una richiesta di elasticità di cassa (un semplice fido di 20.000 euro), dopo 7 mesi mi chiede ancora documentazione. Il rischio ora e’ altissimo. Non abbiamo accesso al credito, quando lo abbiamo paghiamo più di qualsiasi altra parte, paghiamo il triplo per i trasporti. Un esempio per tutti: compro delle bottiglie e pago extra per farle arrivare qui, le riempio e pago doppio per farle arrivare nuovamente in Italia. E poi non abbiamo un congruo mercato interno sufficiente per autogestiti. A Milano e dintorni raggiungi milioni di consumatori , peraltro con più soldi, nell’arco di mezzora un’ora. Qui raggiungi al massimo un milione di consumatori dovendo fare ore ed ore di strada. Ad ogni modo io penso positivo e son convinto che le possibilità per la piccola media impresa ci siano, se ci si lavora e si crede fermamente in quello che si fa.