di Brunella Mocci
Nella cornice del Ghetto degli ebrei a Cagliari, sabato 25 febbraio si è esibito il Klezmer Ensemble. Seppure impropriamente definito ghetto, poiché in realtà si trova solo al confine con l’aljama cagliaritana, lo spazio ha permesso un concerto emozionante per la bellezza del luogo, reso ancor più prezioso da un’acustica perfetta.
L’introduzione di Paolo Bullita sul contesto storico della musica klezmer ha aperto il concerto.
Mario Raimondo Gulli al clarinetto, Diego Diana al violino, Raffaele Podda alla fisarmonica e Andrea Lai al contrabbasso hanno regalato un’ora di melodie capaci di tenere il pubblico in bilico tra commozione e gioia allo stato puro.
L’avvio con la superba “Yerushalaym shel zahav”, “Gerusalemme d’oro”, canzone popolare tra le più amate dagli ebrei nel mondo. E di seguito l’inebriante “Tate Ziser” dal violino struggente, “Khosn kale mazl ton” dal ritmo brillante, solo per citarne alcune, con la chiusura affidata ad Hava Nagila, dal ritmo concitato e festoso che rendeva impossibile frenare la danza.
Il gruppo composto da musicisti eccellenti, tre sardi ed uno siciliano, ha eseguito un repertorio che spaziava dal ricordo doloroso del ghetto di Varsavia alla felicità semplice e giocosa degli affetti familiari e dei riti della tradizione religiosa ebraica, regalando momenti in cui gioia e malinconia si sono spesso intersecati, con leggerezza e passione, riuscendo davvero a raggiungere il cuore dei presenti. Nonostante l’esecuzione di melodie toccanti unite ad atmosfere vivaci musicalmente entusiasmanti, non si riesce a non percepire quel sottofondo amaro che sempre accompagna la musica ebraica. Una miscela di ironia e sentimento capace di offrire un messaggio leggero e insieme profondo. Dolore e sofferenza, ma anche allegria, esuberanza, elementi inseparabili perché strettamente e naturalmente collegati tra loro come è nella vita di ognuno di noi da sempre.
Il genere musicale affonda le radici nella tradizione popolare ebraica ed è una fusione di melodie e ritmi provenienti da differenti aree geografiche e culturali con cui il popolo ebraico è venuto a contatto. Vi si ritrovano infatti elementi balcanici, boemi, magiari, turchi e greci, oltre agli influssi della musica tzigana. Il termine stesso nasce dalla fusione delle parole kley e zemer, letteralmente strumenti di canto. Nata come musica di intrattenimento all’interno delle comunità, ne accompagnava le feste, i funerali ed i matrimoni scandendo i ritmi della vita quotidiana del popolo ebraico. Attraverso i klezmorim, musicisti itineranti eredi di una musica antichissima che traeva origine dalla musica religiosa, il klezmer arrivò fino al nostro secolo, quando le ultime persecuzioni furono causa di ulteriori migrazioni: quasi tre milioni di ebrei si spostarono dall’ Europa dell’Est verso il nuovo continente. E’ quindi per definizione una musica nomade e contaminata, la cui forma è in perenne trasformazione. Attualmente il klezmer è un genere diffuso in tutto il mondo e suonato da musicisti non necessariamente provenienti da cultura ebraica.
Siamo davvero grati al Klezmer Ensemble nostrano per aver fatto viaggiare fino a noi questa musica sconosciuta, carica di ricordi e sentimento, riuscendo a creare suggestioni e legami tra passato e presente, trascinando il pubblico entusiasta in una irrefrenabile voglia di danza, facendo calare tutti per una sera nell’atmosfera di follia e speranza di “train de vie”
E non si può non riconoscere all’associazione culturale musicale Euterpe nella persona di Luisa Sclocchis, la competenza ed il coraggio dell’iniziativa, avendo compreso fino in fondo la potenza della musica come ponte tra culture distanti, ed il valore immenso di questa condivisione.
Perché la musica klezmer è davvero musica dell’anima.
(foto di Mauro di Cesare)