di Mauro Lissia – Nuova Sardegna
Il cemento non passa sulla costa di Teulada: il compendio storico di Malfatano è salvo e il resort della Sitas in costruzione a trecento metri dalla spiaggia di Tuerredda rischia la demolizione. Dopo l’ordinanza del tribunale civile che ha dato ragione al pastore-contadino Ovidio Marras, è arrivata la sentenza del Tar. In 54 pagine molto complesse ma chiare il tribunale amministrativo ha accolto in buona parte il ricorso di Italia Nostra e ha annullato l’autorizzazione paesaggistica e le due delibere del comune di Teulada con le quali tra il 2008 e il 2010 era stato dato il via libera al progetto immobiliare – hotel e servizi per 61.459 metri cubi su 40 ettari – osteggiatissimo dalle associazioni ecologiste. I giudici della seconda sezione – presidente Francesco Scano, consigliere Marco Lensi, estensore Antonio Plaisant – hanno bocciato alcuni dei numerosi punti sui quali è articolato l’atto firmato dagli avvocati Filippo Satta, Anna Romano e Carlo Dore. Ma quello centrale, che contesta la procedura seguita nel 2002 dagli uffici regionali Sivea (oggi Savi) per la valutazione dell’impatto ambientale, ha superato a vele spiegate il vaglio del tribunale e sembra chiudere la partita fin dal primo grado di giudizio. Sitas è caduta sulla “parcellizzazione” della procedura: quando l’ufficio Sivea della Regione ha ritenuto di poter valutare l’impatto ambientale del progetto dividendolo in cinque parti, una per ogni piano di lottizzazione, ha commesso un errore madornale. Sarebbe bastato dare un’occhiata alla giurisprudenza diffusa e alle norme europee per capire che un progetto di tale ampiezza, su un’area delicatissima, doveva essere valutato nel suo complesso perché in gioco non c’era un sito ma un paesaggio di inestimabile valore. Invece i responsabili del servizio si sono accontentati dello studio di compatibilità paesistico-ambientale. E a fornirlo chi è stato? L’impresa stessa, che ha proposto una domanda di nullaosta paesaggistico per ciascuno dei subcomparti interessati dal progetto. Nessuno, tantomeno i servizi tecnici del comune di Teulada, ha contestato questa scelta sicuramente anomala. Su questo punto i giudici sono durissimi, talmente duri che le loro valutazioni sembrano preludere a uno sviluppo della vicenda anche sotto il profilo penale: nella sentenza si parla di «grave travisamento dei fatti» e di «carenze istruttorie e motivazionali che di per sé inficiano la verifica preliminare svolta dalla Regione, anche a prescindere dal suo illegittimo spezzettamento nei diversi subcomparti». Il Tar insiste su questa incredibile leggerezza commessa dagli uffici regionali parlando di «osservazioni generiche e slegate dal contesto specifico di riferimento» che si traducono – a leggere la sentenza – nella «sostanziale elusione della valutazione d’impatto ambientale». Un’elusione quantomeno sospetta, perché sull’obbligo di valutare il progetto nel suo complesso la legge è chiarissima e sono categoriche le decisioni dei giudici amministrativi dei due gradi oltre che della Corte di Giustizia europea richiamate nel ricorso di Italia Nostra e ricordate dal Tar. Dunque – concludono i giudici – se sono nulle le due determinazioni del Sivea firmate nel 2002 crollano come inevitabile conseguenza l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal comune di Teulada nel 2009 e le due delibere del consiglio comunale datate 2008 e 2010. Come dire che l’impianto di permessi che ha consentito l’apertura del cantiere a Tuerredda non esiste più e quanto è stato costruito finora proprio di fronte e attorno all’ormai celebre furriadroxiu di Ovidio Marras diventa abusivo. Bocciata seccamente l’eccezione dei legali del comune di Teulada Giuseppe Ciaglia e Francesco Caso, per i quali il ricorso sulla Via era stato depositato fuori termine, il Tar ha respinto in buona parte anche le osservazioni dei legali di Sitas, Riccardo Montanaro e Umberto Cossu, quelle dei legali della Regione Mattia Pani e Angela Serra e della Sovrintendenza, rappresentata dall’Avvocatura dello Stato. Regione e comune di Teulada sono stati condannati a pagare le spese del giudizio a Italia Nostra: seimila euro in tutto. Ora è prevedibile un secondo round davanti al Consiglio di Stato, ma con più di un’incognita a pendere sulla testa della Sitas e dei sostenitori del progetto: la convenzione alla base dell’intervento immobiliare scade a marzo del 2012, fra un mese. Come dire che il gruppo di imprenditori capeggiato da Caltagirone, Benetton e Toti potrebbe essere costretto a ripetere daccapo l’intera procedura autorizzatoria ma questa volta alla luce delle norme di tutela contenute nel piano paesaggistico regionale. Nel frattempo – la sentenza del Tar è esecutiva – sul resort di Tuerredda già minacciato dall’azione giudiziaria di Ovidio Marras potrebbero arrivare i bulldozer.
E niente cemento sia!
1 a 0 per la natura e il paesaggio !!!!!
Sono contento per questa bella vittoria da parte di un comune mortale, contro chi, ritenendosi “forte”, crede di poter violentare anche la natura. Virgilio Mazzei.
cosa dire?? intanto un centinaio di persone non saranno assunte per un posto fisso piu un altro centinaio per il periodo estivo!!
per i verdi non dovrebbe esistere neanche la costa smeralda e chi non riconosce che quello che hanno fatto è bellissimo e ha portato fama ,soldi e tanti posti di lavoro in quella parte della Sardegna!
Predu, per favore, non dire CA…TE, la costa smeralda è stata costruita bene SOLO per merito dell’Aga Khan, il quale ha fatto giudicare ogni intervento immobiliare PRIMA a un ingegnere sardo, e non avrebbe MAI E DICO MAI permesso di costruire un aborto come quello di Tuerredda. Faceva persino spostare i progetti nel caso ci fosse un albero secolare di mezzo, e andava personalmente a piedi nelle spiagge, pur di non farci arrivare una strada. Dopo di lui purtroppo sono arrivati gli stronzi come Briatore e compagnia bella, ci penseranno loro a distruggere tutto. Tant’è vero che i VERI RICCHI e nobili in costa smeralda non si vedono più. Ci trovi però , visto che ti piacciono tanto, tutti i personaggi del grande fratello e i nuovi vip stile corona o bobo vieri.
Cento persone non saranno assunte per fare cosa? Lavorare un anno e poi essere licenziate? pensi forse che ci lavoreranno quelli del posto nella struttura? Questo è il grosso errore dei sardi, aspettare di essere assunti da qualche impreditorucolo milanese che promette mari e monti e poi vi prende a calci nel culo. E a quanto pare, vi sta pure bene. Io mi taglio fuori, personalmente preferirei essere disoccupato piuttosto che vedere distrutto il territorio. Meglio pascolare le pecore.
Il lavoro, se si vuole, c’è, basta inventarselo, ci sarebbe da pulire tutta la porcheria che c’è in giro, potrebbero nascere un sacco di agriturismo in strutture già esistenti, visite guidate a un mare di cose….
Vabbè lasciamo perdere …. mi sa che son tutte parole al vento. Costruite pure ovunque, così chi, come me (sardo poi, mica milanese), cerca la natura, non verrà più. Auguri