di Omar Onnis
Ha suscitato un certo clamore e qualche discussione la chiusura del rapporto tra il MAN, il museo d’arte moderna e contemporanea di Nuoro, e la sua direttrice Cristiana Collu. La Collu si appresta a prendere servizio presso il MART di Rovereto (TN), omologo del MAN, ma ubicato nella valle dell’Adige. Non è solo una differenza geografica. Il MART è stato un enorme investimento da parte della Provincia Autonoma di Trento ed è in effetti una struttura impressionante, di notevole valenza architettonica. Un progetto ambizioso che però non ha dato finora gli esiti attesi. Chiamare a dirigerlo una giovane direttrice che ha dimostrato dinamismo e capacità gestionali in una realtà che si presume più provinciale e svantaggiata come quella di Nuoro è dunque sembrata una buona idea. Tutta da verificare, naturalmente. Da parte dei commentatori sardi si stanno da giorni levando grida di dolore per il triste evento e non mancano le accuse alla politica o alla classe dirigente e spesso e volentieri l’attribuzione della colpa a qualche costante antropologica tutta sarda. La colpa, facciamoci caso, è un concetto religioso, di cui si abusa spesso. Da noi è correlata alla nostra identificazione malata, scissa e subalterna. È un dispositivo di dominio ben noto e riconoscibile che non manca mai di essere messo in pratica, dalle nostre parti. La sensazione che nasce dalla congerie di commenti e riflessioni in merito alla vicenda è che – al solito – si manchi il bersaglio, si sposti il focus della questione su aspetti particolari o addirittura marginali e non si diano strumenti interpretativi corretti a chi volesse capirci di più. Intanto sgombererei il campo da alcuni equivoci, frutto della nostra sindrome da nazione abortiva. Per esempio l’assunto che andarsene dalla Sardegna significhi in automatico ascendere a un livello più alto. Spostarsi da Nuoro a Rovereto (25000 abitanti) sarebbe dunque di suo una promozione. Lo si pensa in automatico e lo si dice senza nemmeno prendersi la briga di informarsi su cosa sia il MART, sulla sua collocazione, sul contesto culturale su cui insiste, sulle sue ricadute sul territorio, ecc. Si dà per scontato che sia meglio del MAN. E solo perché il MAN sta a Nuoro. Ma questo è un ragionamento totalmente infondato. Chi considera uno spostamento da Nuoro a Rovereto una promozione in termini culturali non ha veramente idea di cosa stia dicendo. Di certo non conosce né Nuoro né Rovereto. Altra faccenda spinosa è l’attribuzione della decisione della Collu a polemiche e gelosie nei suoi confronti. Si tirano in ballo le riserve espresse, anche in ambiti istituzionali come il consiglio provinciale di Nuoro (la Provincia di Nuoro ha la competenza sul MAN), circa lo stipendio della direttrice del museo. Dai documenti contabili era emersa la rivelazione sull’entità dello stipendio della dott.ssa Collu e ne era nata una polemica, sembrando esso decisamente sovradimensionato rispetto al contesto sociale ed economico nuorese. Ma questa è una faccenda veramente minima. Pretendere che funzionari o dipendenti pubblici abbiano remunerazioni che non facciano a pugni con la situazione sociale in cui lavorano non è una pretesa populista, è solo una richiesta di equità simbolica, simile a quella che riguarda la riduzione immedita degli emolumenti dei consiglieri regionali. Come mai questa semplice e banale aspettativa viene considerata demagoica e sbagliata? Non c’è, dietro il fastidio per queste richieste, una certa difesa di classe, da parte dell’intellighentsia nostrana? In fondo si tratta della stessa categoria che ha preferito il taglio (futuro e finto, oltre che antidemocratico) del numero di consiglieri regionali alla riduzione (immediata e reale) dei loro lauti compensi. Qualcosa non torna in questa difesa d’ufficio. Ma il vero nodo della questione è un altro. Nessuno però lo ha sollevato. È il problema dell’inserimento di iniziative culturali di pregio e dagli alti costi in contesti ai quali sono estranee. Il MART è una dimostrazione lampante di come si possano sbagliare tragicamente i conti, in queste cose. Risulta abbastanza assurdo spendere milioni e milioni di euro e assoldare i migliori professionisti del settore a livello internazionale, per mettere su una struttura del tutto sproporzionata rispetto al contesto urbano, sociale e culturale che la ospita. Se il MAN ha funzionato bene è certamente merito della Collu, brava e preparata di suo, oltre che libera di fare le sue scelte in scienza e coscienza (condizione indispensabile, collegata alla responsabilità pubblica di chi occupa certi ruoli, ma troppo rara). Su questo non ci sono dubbi. Bisognerebbe però fare anche qualche considerazione sul recepimento da parte del territorio delle proposte culturali realizzate, sulla sensibilità diffusa, sulla esistenza di quel minimo di attenzione garantita da parte della popolazione locale senza la quale qualsiasi progetto culturale diventa una mera imposizione dall’alto, senza riscontro né ritorno positivo. Sbaglio se attribuisco a Nuoro (36000 abitanti) e alla Sardegna (1670000 ab.) una parte dei meriti nei successi del MAN? Allo stesso tempo, è sbagliato, a livello di prospettiva democratica e di equilibro socio-culturale, puntare sull’eccellenza in una istituzione, in un elemento del tessuto culturale, a discapito di tutto il resto. Questa è una riserva seria circa l’esperienza del MAN (e del MART). La logica dei grandi eventi, l’investimento sul singolo polo di attrazione, ha il respiro davvero corto, se non si fonda su una diffusione delle iniziative, su una ampia disponibilità di spazi e occasioni, su un allargamento a vari livelli dell’offerta culturale, su una rete stabile ma dinamica di attività, esperienze, competenze radicate nel territorio e aperte al mondo. Il compito di promuovere tali condizioni di base spetta alla politica. Ma la politica vede la cultura come una fonte di spesa senza ritorno immediato, a meno che non si tratti di farsi belli con il concertone della star del momento o con la mega-mostra di turno, magari affidandone l’organizzazione a chi vanta gli ammanicamenti giusti con la politica e i mass media. Si lesina invece il sostegno ai festival letterari o musicali, si ignorano le esperienze artistiche, si negano gli spazi alle iniziative che nascono dal basso, sul territorio. Oggi che le condizioni delle casse pubbliche sono quelle che sono magari è la volta buona che si abbandona questa impostazione deleteria. La crisi può avere dei risvolti interessanti e positivi, per certi versi. Insomma, il MAN ha lavorato bene, negli anni, e si è fatto giustamente un nome. Ma che ne è stato nel frattempo di tutto il resto? Questo ci sarebbe da chiedersi, oltre che dilungarsi negli atitidos invero fuori luogo su una scelta professionale assolutamente normale come quella della dott.ssa Collu. Una scelta che dovrebbe essere salutata come occasione di ricambio e di nuove sfide dalle amministrazioni provinciale e cittadina di Nuoro e dal MAN stesso. La scommessa vinta con la Collu può essere replicata e moltiplicata investendo di nuovo, per la direzione del museo, su qualche giovane competente e slegato/a da logiche di appartenenza tribale o da lottizzazioni di partito e al contempo sostenendo la rete di saperi, iniziative, attività culturali del territorio. Ma per arrivare a mettere in atto questa prassi virtuosa bisognerebbe affrancarsi tanto dalla mediocrità della classe politica, quanto da quella della classe intellettuale, accademica e mediatica, che vede nella Sardegna il solito luogo di esilio e di solitudine. Una vision
e questa sì provinciale, automortificante e subalterna, strettamente funzionale alle cattive scelte della politica e allo scoraggiamento delle reali forze propulsive presenti nella nostra collettività storica. La Sardegna vanta una produzione culturale, artistica, musicale, letteraria vasta e variegata, di livello eccellente, che potrebbe avere dei risvolti economici non da poco, se la si coltivasse e sostenesse adeguatamente a livello politico, accademico e mediatico. Non siamo secondi a nessuno, da questo punto di vista. Di certo non al Trentino (con tutto il rispetto parlando), né ad altre regioni italiane o europee, il cui unico vantaggio spesso – agli occhi di tanti amministratori e opinion makers nostrani – è quello di non essere sarde. Se della Collu sentiremo forse la mancanza, di molti di loro non la sentiremmo affatto.
Il presente commento di Omar Onnis è forte e per buona parte condivisibile. Ma , il grande lavoro culturale del Museo di Arte Moderna di Nuoro , della sua Direttrice Dott.ssa Cristiana Collu e dei numerosi e bravi collaboratori, in questi anni, non è fatto di sole grandi mostre.C’è grande l’attenzione ai numerosi laboratori che lavorano e affiancano il mondo della scuola a livello provinciale. Si valorizzano i bravi artisti sardi contemporanei residenti e sparsi nel mondo. C’è una continua e proficua collaborazione con i più qualificati e qualificanti eventi culturali della Provincia di Nuoro e della Sardegna. Cresce pian piano la pinacoteca pubblica sui più bravi artisti sardi del novecento, il nostro D.N.A, e tanto altro. Oggi, la Dott.ssa Cristiana Collu , dopo tanti anni di reciproca crescita, soddisfazione e arricchimento , ha deciso di rimettersi in gioco ed affrontare nuove sfide. Sono certo , che il suo nuovo impegno professionale, sia un riconoscimento alla sua bravura. Per Lei quindi, nuove sfide , nuovi orizzonti e sono certo tante nuove soddisfazioni. Anche per il M.A.N di Nuoro, anno nuovo e vita nuova, si devono accettare le sfide, per fare sempre meglio. Alla Dott.ssa Cristina Collu i migliori Auguri di buon lavoro, per il nuovo incarico.