di Sergio Portas
Il quinto congresso della FASI (Federazione Associazioni Sarde in Italia) ha portato ad Abano Terme delegati di ben 72 circoli i quali erano chiamati a intervenire criticamente sulle tesi contenute nel documento programmatico che titolava: “Progettare il futuro: il contributo dei sardi nel mondo nei tempi della crisi”. E visto che un agile libretto le ristampava anche in sardo vi farò dire da Tonino Mulas, che udite udite farà un passo indietro e non si ricandiderà ( dopo nove anni) alla presidenza: “Amus seberadu de fagher custu documentu iscritu fintzas in limba sarda a distimonzu da sa battalla chi semus faghende totus pro la torrare a imperare in sa vida de donzi die”. Quelli di Dorgali come lui di campidanese ne masticano poco, ma il senso mi sembra chiaro. E debbo dire che è tutto il documento che ha spessore politico in senso lato: di una proposta che non è campata per aria ma parla con argomentazioni stringenti a tutta la nazione sarda, quella residente e quella che , spesso “obtorto collo”, è sparsa per lo stivale italiota e oltre i confini del bel paese tutto. Europa, Americhe, Australia. Perché c’è Sardegna ovunque siano sardi a riunirsi per scopi comuni, che seppure i loro piedi calcano suoli diversi dall’isola nostra, ad essa sempre tendono e ricordano, di essa vanno sempre parlando, e se ne accorse pure l’Alighieri, uomo del trecento, mettendolo in risalto nel suo Divino Carme (Dante: Inferno, canto XXII, …ed a dir di Sardegna / le lingue loro non si senton stanche). I sardi fuori di Sardegna si propongono a risorsa, si offrono gratuitamente a ricercare possibili sinergie atte ad attenuare la crisi in cui versa l’isola, mettendo a disposizione non solo un patrimonio di conoscenze, di esperienze professionali, di progettualità, ma anche la loro organizzazione, la forza dei numeri che dice del successo dei loro circoli. Luciano Aru, del circolo di Saronno, fa delle moltiplicazioni fin troppo immaginifiche: loro hanno 428 soci, quindi circa mille famiglie di estrazione per lo più operaia che ruotano intorno al circolo, dice di aver fatto il biglietto per le vacanze a duemila persone, moltiplicate il tutto per gli altri 72 circoli e vengono fuori numeri importanti. Fossero tutti come quelli di Saronno! Eppure le sue parole contengono più di un pizzico di verità, è scritto nelle tesi: occorre far conoscere le nostre montagne agli amanti del trekking, del climbing, far conoscere i nostri nuraghi e gli altri monumenti archeologici, i nostri musei, le chiese romaniche, la flora e la fauna, i nostri carnevali, i luoghi della settimana santa, delle sagre, delle feste campestri, le vie del vino e degli agriturismi; valorizzare i nostri prodotti tipici e la grande tradizione artigianale. Bisogna saper raccontare la Sardegna di ieri e il suo folklore, ma sopratutto quella di oggi. Anche l’onorevole Mauro Pili, nel suo applauditissimo intervento, dice delle tesi FASI essere di una “lungimiranza unica”. Parla dei sardi fuori dell’isola e li definisce “parte decisiva del popolo sardo”, i circoli come fossero le radici nascoste dell’albero Sardegna. Unire le due sponde sul piano economico e culturale è quindi più che una necessità se l’obiettivo è il raggiungimento della crescita e dell’integrazione. Da qui la comune battaglia per ottenere una nuova continuità territoriale, un’unica tariffa come passerella per il paese e per l’Europa. A nessun italiano è chiesta la carta d’identità se vuole comprare un biglietto aereo per andare a Roma o Palermo, solo ai sardi è domandata la residenza se vogliono volare per Cagliari o Alghero. Si tratta, dice lui, di imporre, a norme e leggi esistenti, l’onere del servizio pubblico. E considerando che un’ora di volo costa 4.500 euro, che diventano 5.400 con un utile di impresa all’8%, con un aereo di 180 posti a pieno carico il biglietto verrebbe a costare 30 euro, che salirebbero a 43 se fosse riempito solo al 70% dei posti disponibili. E per quanto riguarda le tariffe marittime vale lo stesso discorso. Intanto dice di aver votato contro la privatizzazione della Tirrenia, una svendita totale, complice la compagnia di navigazione, lo Stato, la sua parte politica. Un “bluff” la cosiddetta flotta sarda di Cappellacci. Si tratta di misurare il costo dell’insularità per una autentica autonomia che venga fondata sul diritto. Come sempre ha chiesta la FASI in questi anni di presidenza Mulas. Mi occorre di spezzare una lancia per l’intervento di Mauro Pili che è stato di gran lunga quello di maggior spessore politico qui a Abano, a mio avviso s’intende. Nulla a paragone quello che ci ha propinato l’assessore del lavoro della Regione Sardegna, Antonello Liori che si è spacciato per “emigrato” nel suo lasciare la natia Desulo per Cagliari e dopo improbabili citazioni tratte da quel bel tomo di falangista che fu Primo De Rivera, si dilunga in una prosa atta a lisciare il pelo al pubblico presente senza però entrare nel merito delle richieste ( e di qualche invettiva) che i delegati hanno rivolto, nei loro interventi, alla classe politica che governa la regione. Ma di che pasta sono fatti questi delegati? Una che ha fatto venire giù la sala teatro dagli applausi è Patrizia Cucca, del circolo di Portoferraio, isola d’Elba, l’associazione nasce nel 2007 e la presiede da un anno, su 24.000 residenti nell’isola 1500 sono sardi, hanno un bilancio di 35.000 euro totalmente autofinanziato. Patrizia scende dalla tribuna che diversamente non riusciremmo a vederla bene ( capita anche a Marcello Fois del resto) e regge il microfono come fosse uno scettro di regina. Ha gli occhi lucidi e li fa venire anche a noi che la sentiamo quando parla dei “suoi” sardi che negli anni cinquanta e sessanta sono venuti a costruire strade e alberghi e tutto quello che serviva perché l’Elba decollasse economicamente e turisticamente. La chiamavano la “piccola Svizzera” e il passa parola ha fatto si che i sardi la preferissero alle miniere di Belgio e Germania. I suoi sono di Lanusei e il circolo è intitolato a un fratello che è venuto a mancare in un incidente d’auto nel ’96, Bruno Cucca. L’onnipotente Google (per chi non mastica internet: un motore che ricerca cose e persone) , a cui chiedo lumi, mi dice che l’8 marzo del 2008 Patrizia e Cristina Cucca hanno ricevuto dal sindaco di Lanusei il riconoscimento di “donne dell’anno” da parte del Centro Italiano Femminile. Le due sorelle dirigono dal 1986 un settimanale: Lisola e hanno in seguito dato vita anche a una rivista. Si sentono sarde e albane allo stesso tempo, figlie di due isole che, sono convinte, “ hanno molto in comune”. Digitate www.circolobrunocucca.it o www.lisola.it e vi si aprirà un mondo, al di là del Tirreno fatto di sardità e imprenditorialità dolce, assolutamente fantastico. E fantastica é questa ragazza che sa urlare la sua voglia che il circolo venga riconosciuto dalla regione Sardegna, non solo dalla FASI, per poter aprire uno sportello sociale, che sono ricominciati i flussi migratori verso l’Elba, e c’è bisogno di offrire lavoro e assistenza ai nuovi migranti. Basta “balletto e porchetto” dice Patrizia, vogliamo dalla FASI arte e cultura e offriamo arte e cultura. Con Patrizia si agita nella poltroncina riservata ai delegati una sarda di terza generazione, tutta bionda e occhi azzurri che più azzurro non si può, la figlia Perla di sette anni. Nell’aprile del 1907 Sebastiano Satta, il più grande poeta sardo diceva babbo mio, scriveva nei suoi “Canti Barbaricini” una poesia in lode dello scultore nuorese Francesco Ciusa , parte di essa è riportata in esergo del libretto contenente le tesi che titola “Su Tempu Benidore”: “… Se l’aurora arderà sui tuoi graniti/ tu lo dovrai, Sardegna, ai nuovi figli.” E alle nuove figlie viene da dire, che se non altro per dovere di cronaca mi occorre sottolineare come questa assemblea abbia eletto a suo nuovo presidente Serafina Mascia. Che da Carbonia se ne viene a Padova, un paio di lauree, una vita nell
‘associazionismo sardo: ha avuto un sacco di voti, una specie di plebiscito. Riprendendo la poesia del Satta, qualche verso più in alto, quando dice: “Sardegna, o Madre, chi nella tua notte/ Non ebber mai più vasta notte i cieli/ Chi dirà il canto alla tua luce, il canto/ Della tua primavera?”. Serafina e Patrizia e Perla.
Condivido Patty sei grande come sempre e sono d’accordo che l’elba ha le potenzialità per offrire ben altro che il maialino allo spiedo e i balli sardi, anche se il cibo è sempre una cosa che alle persone piace sempre.
Comunque il circolo ha già dato buona prova di saper proporre buone iniziative culturali e artistiche.
un abbraccio a Perla.