di Fabio Canessa – Nuova Sardegna
Esattamente un anno fa riceveva a Venezia uno dei più prestigiosi premi letterari italiani, il Campiello. Dodici mesi dopo, un nuovo libro pubblicato, «Ave Mary», e un altro grande successo, Michela Murgia è a Castelsardo per un altro riconoscimento. Non riguardante la letteratura, ma molto sentito e importante per chi è legato all’isola. Perché riservato a chi sardo di nascita, d’origine o d’adozione si è distinto con il proprio lavoro in campo nazionale e internazionale, contribuendo così a portare il nome dell’isola nel mondo: il premio Navicella d’argento. La decima edizione del premio è stata contrassegnata – oltre dalla pioggia che ha costretto l’organizzazione a spostare la cerimonia dalla terrazza all’interno del castello dei Doria – dall’impegno e dal coraggio che in qualche modo accomuna i diversi premiati. C’è l’impegno di Michela Murgia che pensa al ruolo attivo di scrittori-intellettuali facendo gli esempi, come punti di riferimento, di due grandi sardi del passato: Gramsci e Pigliaru. Non è una che le manda a dire Michela Murgia che sul palco racconta la genesi del suo «Ave Mary. Un saggio apprezzato anche dal Coordinamento teologhe italiane che di recente ha accolto l’autrice nelle sue fila: «Non me l’aspettavo – dice la scrittrice – E nemmeno l’Osservatore Romano» aggiunge subito dopo, mandando una frecciatina al giornale del Vaticano che ha attaccato il suo libro. C’è il coraggio di chi non ci sta, non accetta più la linea editoriale del suo direttore e «nauseata dall’aria irrespirabile in redazione» rassegna la dimissioni da un ruolo prestigioso, la conduzione del Tg1. «Atto non coraggioso, ma doveroso» precisa Maria Luisa Busi quando viene chiamata a ritirare il premio, la navicella in argento opera dell’orafo Bruno Busonera. Lei che non è nata in Sardegna, ma ha vissuto a lungo nell’isola iniziando la carriera giornalistica in alcune emittenti locali a Cagliari. Una carriera nella quale è stata anche autrice di tanti reportage, sua grande passione. Un giornalismo sociale che guarda come esempio a Tiziano Terzani: «Considerava il nostro mestiere – racconta Maria Luisa Busi – come una missione religiosa. Io ci credo». C’è poi la forza, il coraggio di chi a 93 anni continua nel suo lavoro, nella sua passione infinita per l’arte. Maria Lai che, non presente a Castelsardo, ringrazia con un messaggio video, quasi incredula del riconoscimento (ritirato da una nipote), e parla del valore morale dell’educazione all’arte. Valore importante che possono avere anche le canzoni. Come quelle di Piero Marras che durante la serata, dopo aver regalato al pubblico alcuni suoi brani come la splendida «Sa oghe Maria», ricorda le volte che ha portato la sua musica anche nelle carceri. E c’è l’impegno di don Tonino Melis, originario di Tuili, che vive in un villaggio della savana. Missionario in Ciad, da molti anni, lavora per aiutare le popolazioni africane locali. Aiuta le persone con il suo lavoro anche Francesco Muntoni, medico e scienziato, che dopo la laurea in medicina a Cagliari e la specializzazione in neuropsichiatria infantile a Sassari si è trasferito a Londra dove dirige un importante centro di ricerca sulle malattie neuromuscolari pediatriche. Ha lasciato la Sardegna, facendo fortuna all’estero, anche Roberto Meloni. Con coraggio, iniziativa, talento e preparazione (laureato in lingue, ne parla diverse) è diventata una star in Lettonia dove si è trasferito otto anni fa dopo aver vinto una borsa di studio. Insegnava italiano all’inizio. Adesso – dopo una partecipazione per gioco a un talent show – è richiestissimo in tv: presenta, recita e canta. Portando un po’ di Sardegna nel paese baltico.