di Andrea Porcu
La Sardegna continua a pagare un prezzo altissimo nelle missioni di pace all’estero. Sono sei i militari isolani che hanno perso la vita, tra il 2000 e il 2010. L’ultimo in ordine di tempo è stato Gianmarco Manca, 32 anni di Alghero. Il caporalmaggiore degli alpini, che era di stanza al settimo reggimento di Belluno, è stato ucciso assieme ad altri tre commilitoni italiani, in un attentato nel distretto di Gulistan, a 200 chilometri a est di Farah, in Afghanistan. Erano a bordo di un blindato e stavano effettuando un servizio di scorta ad un convoglio di 70 camion che rientravano dopo aver trasportato materiali per l’allestimento di una base operativa. Un’esplosione improvvisa ha investito i mezzi, tra i quali quello nel quale si trovavano Manca e gli altri alpini. Per la cronaca sono 34 i soldati italiani vittime delle operazioni di “pace” fuori dai confini nazionali, a partire dal 2004. Il caporalmaggiore algherese, orfano di padre, era celibe e aveva “festeggiato” il compleanno il 24 settembre. Dolore ma anche grande compostezza quella manifestata dai familiari del soldato ucciso. La madre Pierina Cuccuru e la sorella Antonietta, che vivono ad Alghero, hanno vissuto quei giorni con le lacrime agli occhi, con la tristezza nel cuore, ma con riservatezza e profonda maturità, davanti ad una simile tragedia. Molti pensieri, le immancabili riflessioni, mai una parola di troppo, nel ricordo di Gianmarco. Anche davanti a personalità del mondo istituzionale, quali il Presidente della Repubblica, Napolitano e del Consiglio, Berlusconi. Un’amica di famiglia ha raccontato che “quando venivamo a sapere delle tragedie che accadevano nelle varie missioni, ci preoccupavamo moltissimo. È successo anche quando Gianmarco era qui ad Alghero. C’era stato un attentato in un paese vicino a dove stava lui, qualche mese prima. Gli si era rabbuiato il viso. Quelle disgrazie che colpivano altre persone erano diventate le sue tragedie. Manca scriveva le sue emozioni e aspettative nel sociale network Facebook. Il 18 agosto scorso, rientrato ad Herat, per una nuova missione, diceva: “Arrivato in terra straniera, mi sembra di non essermene mai andato”. Gianmarco era alla sua quarta “avventura” in Afghanistan. Ogni volta ci trascorreva dai quattro ai sei mesi. In quell’area e per quella gente aveva messo in campo tutta la sua forza e la passione che la missione richiedeva. Un vero e proprio servitore, preparato e solidale, instancabile e propositivo. Ma il 9 ottobre scorso, quella dimensione di uomo e soldato, che operava per il bene altrui, è stata spezzata e spazzata via da un ordigno, per sempre. Dicevamo in premessa che Gianmarco Manca è soltanto l’ultimo in ordine di tempo, tra i militari sardi, ad aver sacrificato la propria vita nelle missioni. La prima vittima è stata il caporalmaggiore del 151° Reggimento della Brigata Sassari, Samuele Utzeri, vent’anni non ancora compiuti, di Cagliari. Ucciso in Kosovo, il 2 aprile del 2000, con un colpo di pistola, sparato casualmente dall’arma di ordinanza di un altro militare. Nella strage di Nassirya, in Iraq, il 12 novembre del 2003, un fatto che ha profondamente colpito l’opinione pubblica italiana e non solo, muore il sottufficiale della Brigata Sassari, Silvio Olla, 32 anni, di Sant’Antioco. Ed è ancora un attentato a Nassirya, il 5 giugno del 2006, a mettere la parola fine alla esistenza di un nostro soldato: Alessandro Pibiri, caporalmaggiore scelto. In quell’attacco rimangono feriti altri quattro militari isolani: il tenente Manuel Pilia, i primi caporalmaggiori Luca Daga e Yari Contu e il caporalmaggiore scelto Fulvio Concas. Lo scorso anno, il 17 settembre, a Kabul, a trovare la morte è il caporalmaggiore Matteo Mureddu, 26 anni, di Solarussa, del 186° Reggimento Folgore. Assieme a lui perdono la vita altri cinque parà italiani, a seguito di un attacco suicida contro un convoglio diretto all’aeroporto. Nel 2010, sempre nella capitale afgana ( 28 luglio), muore il primo maresciallo Mauro Gigli, 41 anni, sassarese. Apparteneva al Reggimento Genio Guastatori Alpini “Torino”. La speranza di tutti i sardi è che questa lunga scia di lutti e dolore si fermi. Le discussioni sulla necessità di queste missioni definite di “pace”, invece, continuano.
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