di Lanfranco Olivieri
Il turismo sardo non teme crisi. Nel 2009, l’urto della recessione non ha scalfito il bilancio della stagione. Nell’Isola gli arrivi (2,45 milioni) e le presenze (12,3 milioni) si sono mantenuti in linea con il 2008. Il risultato è ancora più brillante nel confronto con altre mete concorrenti. La Grecia, sugli arrivi, ha perso il 20% in un anno, Cipro l’11%, la Spagna il 9%, così come Malta e Portogallo. Sono questi i dati che emergono dalla diciassettesima edizione del rapporto Crenos “Economia della Sardegna”. «Ormai si può considerare consolidato un andamento iniziato nel 2005, quando le presenze raggiunsero il picco negativo di 10.200.000 unità», spiega Rinaldo Brau, ricercatore e curatore dell’indagine. «Da allora, le presenze degli italiani sono cresciute del 14%, ma ancora maggiore è stato il contributo della componente straniera: +38%». In ogni caso, precisa Brau, si tratta di presenze ufficiali. «Ci risulta che l’80% degli italiani che arriva in Sardegna non venga registrata. Considerando il sommerso, quindi, le presenze supererebbero abbondantemente quota 30 milioni». Ma quali sono le ragioni di questo exploit? «Dato che non siamo competitivi rispetto a queste destinazioni sul fronte dei prezzi, evidentemente hanno inciso altri fattori», risponde Brau. «Le coste della Sardegna, per esempio, sono percepite come un prodotto diverso dal resto dell’area mediterranea». Secondo Brau, la sostenibilità ambientale del turismo sardo è stata «la chiave per la nostra differenziazione rispetto agli altri mercati. Infatti», aggiunge, «se l’integrità del territorio può aver rallentato i processi di sviluppo dal lato dell’offerta di ricettività, ha comunque ripagato in termini di incremento della domanda». C’è poi da considerare l’effetto dei voli low-cost: «I nuovi collegamenti internazionali a basso costo», prosegue Brau, «hanno di certo avuto un ruolo in questi anni, ma la tenuta del 2009 sembra aver interessato anche destinazioni come l’area gallurese nella quale, in quell’anno, non si sono registrati significativi incrementi nelle nuove rotte, come invece è accaduto per Cagliari». Il rapporto del Crenos ha poi affrontato la crisi in generale dell’economia isolana: sia dal punto di vista del Pil che del lavoro. Proprio sull’occupazione il bilancio non è roseo. «Sull’anno appena trascorso», sottolinea il ricercatore, «evidenziamo andamenti molto preoccupanti del mercato, che collocano la Sardegna fra le regioni con un più elevato tasso di disoccupazione». Infine, per quanto riguarda la crescita, il rapporto Crenos si concentra soprattutto su approfondimenti di medio periodo «e dunque», conclude Brau, «non si sbilancia a dire, in termini quantitativi, se negli ultimi dodici mesi l’economia della Sardegna sia andata peggio o meglio del catastrofico -5,1% registrato nel resto del Paese».