di Massimiliano Perlato
In comune, l’amore per la Sardegna: una terra che ha dato natali a madri e nonni. Con Pablo Fernandez Pira, il legame di profonda amicizia è nato lo scorso anno sulle pagine web di un blog che parla di emigrazione sarda (www.tottusinpari.blog.tiscali.it) che ha molto seguito in Argentina. Pablo è nato a Mendoza nel 1968 da padre di origine spagnola (cognome Fernandez). La Sardegna che c’è in lui gliel’ha tramandata il nonno (cognome Pira di Bitti), classe 1898, emigrato in Argentina nel 1924 a seguito della Prima Guerra Mondiale. Dopo aver vissuto qualche mese a Buenos Aires lavorando nelle ferrovie si è trasferito definitivamente a Mendoza, al confine con il Cile. Pablo, laureato in economia all’Università di Mendoza, lavora sin dal 1999 per l’Istituto Italiano per il Commercio Estero (ICE) a Buenos Aires: l’ho raggiunto a Montichiari nella provincia bresciana, dove accompagnava nove aziende argentine del settore della fonderia alla Fiera “Metef – Fondec” 2010. Nel gioviale incontro, Pablo come un fiume in piena ha esposto di sé, della sua storia con quell’accento marcatamente latino con un trasporto peculiare.
Ho vissuto a Mendoza con la mia famiglia sino al 1995 Poi mi sono spostato a Buenos Aires. Ho anche una sorella che oggi è casalinga madre di tre figli e un fratello che è notaio. Nel 1996 ho vinto una borsa di studio e sono andato a studiare all’Università di Genova per un anno. In Italia ho seguito un corso di economia sulla ricerca degli investimenti.
Quando sei stato per la prima volta in Sardegna?
Era il 1998 mentre frequentavo l’Università a Genova. E’ stato emozionante perché sono andato a Bitti e ho conosciuto qualche parente, un cugino e la sua famiglia in particolare. Comunque ho fatto diversi viaggi in Italia. All’inizio, per lavoro d’interscambio tra Italia e Argentina, ho fatto viaggi soprattutto in Emilia Romagna, essendo la Regione che seguivo principalmente. Ma diverse volte anche in Sardegna. Nel 2000 sempre per lavoro, a Cagliari ho approcciato trattative con aziende del settore agro alimentare della provincia. L’esperienza più interessante l’ho avuta solo nel 2006 quando ho accompagnato sull’isola un gruppo di anziani di origine sarda per un progetto della Regione insieme all’ATM – Emilio Lussu. Due settimane in cui ho potuto girare la Sardegna in lungo ed in largo: una interessante scoperta anche per me. Poi c’è stata la recente esperienza del 2008 con la Conferenza Internazionale sull’Emigrazione. In quell’occasione ho avuto modo di spostarmi in zone interne che non conoscevo così da poter davvero comprendere cosa significhi l’ospitalità della gente che vive in quei luoghi. Fino ad allora la Sardegna l’ho conosciuta attraverso i racconti di mio nonno materno che amava trasmettere sensazioni e pensieri di una terra che non ha mai più rivisto. L’ho perso che aveva 12 anni, ma le sue parole, le sue descrizioni, sono sempre rimaste nel mio cuore.
Merito suo l’accostamento ai circoli dei sardi emigrati, quindi …
Sinceramente è stato mio padre, manager d’azienda del settore dell’acciaio, che mi ha fatto riscoprire le origini. Sin dalla mia giovane età, ha sempre spinto affinché chiedessi al Consolato la doppia cittadinanza. Riscoprirmi un po’ “italiano” ha fatto germogliare dentro di me l’aspirazione di scoperchiare i miei albori. Lo studio e l’approfondimento personale hanno fatto il resto. In quel periodo ho identificato la realtà dei circoli degli emigrati sardi. Ricordo di aver contattato sia Vittorio Vargiu (Consultore anche oggi in Regione Sardegna per l’Argentina) e l’allora Presidente della Federazione Cosimo Tavera. Auspicavo fortemente costituire un’associazione a Mendoza. Un cammino burocratico e complesso per essere riconosciuti. Un percorso che ho dovuto abbandonare proprio per proseguire gli studi in Italia nel 1997.
Quando è nato il binomio con il “Radici Sarde”?
Una volta stabilitomi a Buenos Aires, non da subito ho avuto la brama di recuperare quel discorso troncato con l’attività dei circoli dei sardi. La delusione del progetto fallito di un circolo a Mendoza era ancora troppo forte. Poi, anche grazie alle “pressioni” di Cesare Meridda che è Presidente al “Sardi Uniti” di Buenos Aires, ha cominciato a parlarmi del “Radici Sarde” di Sant’Isidro che è alla periferia della capitale argentina. Un circolo che aveva la necessità di un ricambio generazionale visto che l’attività era praticamente ferma. Ho accettato la sfida e nel 2004 mi sono accostato al “Radici Sarde”. Quest’anno festeggiamo il decennale. Nel 2005 è arrivata l’identificazione da parte della Regione Sardegna e dall’ottobre 2006 sono il Presidente. Ho già fatto due mandati e per lo Statuto, nel prossimo autunno dovrò lasciare la presidenza. Però oggi questo circolo per me è fonte di grande orgoglio perché abbiamo fatto cose importanti, e soprattutto, chi vi fa parte, si sente integrato in un unico gruppo. Tante attività, circa 180 soci: un gruppo teatro che lavora alacremente, un coro. Una manifestazione importante a Buenos Aires a cui partecipiamo ogni anno in Piazza Martinez alla Fiera della Collettività; un sito, una rivista che esce con un numero all’anno. La nostra sede di proprietà è piccolina ed è situata all’interno di una galleria presso un Centro Commerciale. I locali li utilizziamo per le riunioni, abbiamo una segretaria stipendiata. Siamo molto attivi nel turismo seppur a livello nazionale. Il mio sogno un giorno, è proprio quello di riuscire a portare più gente possibile in Sardegna.
E il dialogo con gli altri emigrati sardi d’Argentina?
Ci riuniamo per due direttivi nazionali all’anno. Recentemente mi sono candidato anche per poter essere il Consultore dell’Argentina. Ruolo che ha premiato Vittorio Vargiu. Per me, forse in futuro, ci sarà la possibilità di riprovarci.
Si avvicinano i giovani al circolo?
Giovani ci sono. Non tantissimi e diventa sempre un’incognita dare origine ad attività che possano interessare alle loro esigenze. Un plauso in Argentina va fatto ad Eva Baccoli Presidente del circolo di Rosario: lì è riuscita a creare un grande movimento giovanile anche grazie alla nascita di un gruppo folk molto conosciuto in Argentina formato da persone dai 20 ai 30 anni di discendenti sardi.
Cosa fai nel tuo tempo libero?
Nel mio tempo libero, che non è molto visto che oltre al mio lavoro all’ICE, insegno anche alle scuole superiori tenendo corsi proprio di economia e commercio. Dedico molto spazio al gruppo di teatro. Ogni sabato mattina ci incontriamo. Lo scorso anno abbiamo fatto recite sia in spagnolo che in italiano. E per la prima volta, anche grazie al nostro longevo socio di 86 anni, Pietro Pintus, abbiamo fatto la prima recita in logudorese. E’ stato fantastico!
Come segui le vicende italiane e in particolare quelle sarde?
Sono sincero: principalmente per esser al corrente sulle vicende sarde e dei suoi emigrati, leggo soprattutto “Tottus in Pari” e il suo sito, sempre aggiornato e quotidianamente pronto a dare informazioni. Poi viene tutto il resto.