di Katia Marcias
Finalmente in ferie, dopo un anno di lavoro monotono…Per inaugurare il mio primo giorno di vacanza, mi concedo un lusso…colazione nel bar del centro sotto i portici. Sono una di quelle che fa colazione a casa e non accetta mai gli inviti dei colleghi al bar, perché non può rispettare il turno d’invito per un portafoglio sempre troppo vuoto. Perché mai avrò comprato quel monolocale… dovrei consolarmi per aver un tetto sopra la testa che pesa come un coperchio. Mi trovo sola seduta al tavolino, le mie amiche sono partite in villeggiatura, nemmeno la mia collega Anna è rimasta in città quest’anno, è andata in ritiro spirituale, come se la città d’estate non fosse abbastanza silenziosa e deserta da poter sentire perfino il rumore del proprio spirito e vederlo levitare. Io per evidenti ragioni economiche ho dovuto rinunciare per l’ennesima volta al mio viaggio. Mentre mi dedico ad una deliziosa bomba alla crema, origlio le discussioni dei tavolini accanto, mi sembra di essere meno sola. Un uomo anziano col cappello, in un elegante abito di lino color crema, racconta di avventure in paesi esotici che ora può solo ricordare. L’interlocutore che nelle risposte mostra di conoscere da tempo il vecchio avventuriero, chiede se la nostalgia rovini i suoi giorni. Il vecchio sbotta in una sonora risata: "Angelo, ma io viaggio ogni giorno, ogni mattina all’edicola sotto casa acquisto un biglietto giornaliero per l’autobus, e faccio il giro della città". Ad Angelo quasi andò di traverso il martini bianco che andava bevendo: "Barone, ogni giorno, ma non si annoia?". "La noia non mi ha mai sfiorato. Forse ai tuoi occhi sembra l’abitudine di un vecchio strampalato ed invece è per me sempre una nuova avventura. I paesaggi non sono sempre uguali mutano giorno dopo giorno, a seconda della luce essi appaiono trasformati e alcuni particolari trovano il loro significato, i volti delle persone e le loro storie che mi donano inconsapevolmente l’occasione di altre vite. Attraversando la città viaggio anche per i luoghi dell’anima. Potrei annoiarmi con tanta vita?" Ho capito che è arrivato per me il momento di fare quel viaggio, mi avvicino al Barone e mi presento: "Piacere sono Laura, confesso di aver origliato la sua conversazione, mi scusi per la sfacciataggine ma potrei essere la sua compagna di viaggio per domani?". Si toglie per rispetto il cappello, più di quanto ne abbia dimostrato io, mi guarda fissa negli occhi, che gli diranno i miei occhi color oliva verde in barattolo, sorride, è un buon segno, forse per i miei riccioloni rossi sempre un po’ arruffati e la mia aria annuvolata: "Signorina Laura, domani mattina ci vediamo ore 8:30 P.zza Matteotti". Stupita per la risposta quasi immediata, scuoto la testa per annuire e corro via un po’ imbarazzata. Trascorro l’intera giornata ad immaginare il tour della città accanto ad un Barone che mi farà da cicerone, la sento come qualcosa di straordinario e vado a letto col brulichio allo stomaco come se dovessi il giorno dopo partire per una lontana destinazione, imposto la sveglia del cellulare alle 7:00, non amo svegliarmi e preparami in tutta fretta. Mi sveglio prima che la suoneria del gallo inizi a cantare, ma non riesco a rimanere a letto, mi alzo, solita colazione a base di biscotti integrali e caffè, oltre ad essere squattrinata ho anche un problema di sovrappeso e devo stare attenta alle calorie. Ho una bella testolina che si muove ad un buon ritmo, ma la mia immagine è quella di una trentenne sfigata, schiacciata da un mutuo dicono fatto su misura, chiamala misura, quarant’anni di rate, un lavoro che faccio solo per i soldi, perché i sogni sono finiti nella scarpiera, e poi ci sono le mie forme che assomigliano più ad un quadro di Botero che ad una copertina su Vogue, ma ci tengo a sostenere che non mi reputo una sfigata. Scelgo di indossare un leggero vestito in cotone nero e delle comode infradito dal momento che dovrò portarle tutto il giorno. Arrivo puntuale all’appuntamento, il Barone è proprio li che mi aspetta, ci salutiamo, e mi accorgo di aver scordato di comprare il biglietto, lui leggendo negli occhi il mio improvviso smarrimento me ne porge subito uno. Sta arrivando l’autobus, il mio tanto atteso viaggio sta per iniziare, saliamo e ci accomodiamo. Il barone dimostra subito di conoscere gran parte delle persone, che fermata dopo fermata affollano l’autobus. La vecchia signora che fatica a salire col borsone da traino per la spesa, col suo vezzoso cappellino, la colonna e gli orecchini di perle ed il rossetto accesso su un filo di labbra. La mamma che cerca di tenersi stretta i suoi discoli pargoli per non farli cadere ad ogni curva. Il ragazzone palestrato che tiene forte la barra di appoggio per tenere in tensione i muscoli. Il ragazzo in giacca e cravatta abbigliato da manager ma è diretto ad un call center. L’universitaria carica di libri fotocopiati, che a giorni sorride per il successo di un esame mentre altri indossa un paio di occhiali scuri per nascondere qualche lacrima. "L’autobus è un microcosmo in movimento" dice il Barone. Ed io cerco di amplificare al massimo tutti i miei sensi per non perdere nemmeno un infinitesimo di quella giornata. Volgo il mio sguardo fuori dal finestrino ed un acceso tramonto infiamma il cielo di Cagliari