Emigrazione con il "Rapporto Migrantes" 2009: sono centomila i sardi all'estero

di Sabrina Schiesaro *Unione Sarda (nella foto i sardi del circolo di Wolfsburg in Germania)

 

È stata presentata a Roma la quarta edizione del Rapporto sugli Italiani nel mondo, a cura della fondazione Migrantes. La relazione ha preso in esame quest’anno tre regioni: Sardegna, Piemonte e Liguria, per analizzare i dati di partenza del popolo migratorio e fornire alcuni spunti storici.  nostri connazionali residenti all’estero sono quasi 4 milioni (3.915.767) e vivono soprattutto in Germania, Argentina e Svizzera, oltre a Francia, Brasile, Belgio, Stati Uniti, Regno Unito, Canada e Australia. Il Paese con meno "successo" è il Giappone, che ne ospita solo 2.900. Partiti negli anni Venti e Trenta, e Cinquanta-Sessanta, gli italiani sono distribuiti in tutti i Continenti; oggi ne emigrano circa 40 mila l’anno: hanno una laurea nella maggior parte dei casi, parlano almeno una lingua straniera e si spostano per motivi di studio o di un lavoro già individuato. La Sardegna ha cominciato a subire lo spopolamento nel periodo 1950-1970 con oltre 400 mila sardi che si sono diretti sia verso la penisola sia verso l’estero: «Nei primi anni ’70 nella sola città di Torino si concentravano ben 70 mila isolani», spiega il Rapporto, «così come rilevante fu il loro insediamento a Roma e a Genova, una sorta di triangolo migratorio privilegiato». Oggi i sardi all’estero sono circa 100 mila, spinti ad allontanarsi soprattutto dalla disoccupazione e dalla povertà. La Sardegna, però, risulta essere anche terra «di arrivo», ed è questo l’elemento che permette di mantenere un equilibrio tra emigrazione e immigrazione. Si possono individuare diverse categorie di emigrati: quelli che hanno lasciato l’Italia ma hanno conservato la cittadinanza, quelli che hanno adottato la cittadinanza del Paese ospitante, gli italiani di seconda generazione e i loro discendenti. Dai 4 milioni di cui si parlava all’inizio si arriva a circa 60 milioni di persone in tutto il mondo che hanno un legame con il Belpaese. Il 68% in America Latina, il 28 in Nord America, il 3,5 in Europa e il restante 0,5% in Australia. Nonostante siano passati decenni dalla partenza della prima generazione, tutti rimangono molto legati allo Stato di nascita, tanto che leggono più la stampa italiana di quella locale e un emigrato su tre ha tenuto una casa per le vacanze nella penisola. Per completare il Rapporto Migrantes, sono state fatte interviste sul livello di soddisfazione degli italiani che vivono all’estero. Realizzati nel lavoro e nella vita si sono dichiarati i residenti nel Nord America e in Europa; hanno nella gran parte dei casi due figli e superato le iniziali difficoltà legate alla lingua, all’assenza o incertezza di informazioni nella ricerca di un’occupazione. Hanno inoltre ammesso di essere stati malvisti nel periodo immediatamente successivo al loro arrivo. Oggi è il contrario: l’italianità è un fattore di appeal, di fascino, soprattutto per le seconde e terze generazioni. Tra i personaggi più conosciuti all’estero e che lontani dalla Patria hanno avuto onori e glorie, la relazione cita il calciatore Gianfranco Zola, che in Inghilterra ha ricevuto l’onorificenza di Ufficiale dell’ordine dell’Impero Britannico. Nel secolo appena trascorso gli italiani che hanno deciso di tornare nella loro terra d’origine sono stati almeno 10 milioni; fanno parte dell’emigrazione di ritorno, aspetto poco studiato che riguarda soprattutto le persone lavorativamente «non qualificate»: pensionati, operai, impiegati. I cosiddetti cervelli, invece, preferiscono rimanere all’estero.

 

 

 

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