di Battista Saiu
Un solo personaggio per accompagnare i momenti di accesso e di uscita dalla vita: s’accabadora, l’ultima madre, levatrice vestita di bianco per aiutare a nascere e di nero nel momento del trapasso. Accenni all’antica ruota degli esposti di Biella e a quella attuale operante presso l’ospedale cittadino: in due anni quattro neonati abbandonati. Presenti facilitatori per l’elaborazione del lutto del Fondo "Edo Tempia", il centro per la prevenzione dei tumori di Biella.
Nelle sale del Circolo Culturale Sardo Su Nuraghe di Biella, Piero Pinna ha presentato "Accabadora", libro di Michela Murgia. Dopo il breve saluto di Battista Saiu, Presidente dell’Associazione dei Sardi di Biella, Biagio Picciau, Direttore della Biblioteca di Su Nuraghe, ha letto alcuni brani tratti da "Accabadora" e alcuni passi tratti dalle ultime pagine del romanzo. Come in antiche veglie, è stato un incontro in famiglia, in un certo senso intimo, secondo usanze e modelli universali che rimandano al tepore delle stalle del Piemonte contadino o al fresco delle sere nella Sardegna assolata, seduti sull’uscio di casa, riuniti ad ascoltare e meditare. Contos de foghile, "racconti del focolare" postmoderni, potremmo dire, per cercare di ricomporre l’infranto di una società individualista che sempre più difficilmente mette in relazione persone. Anche il primo freddo di stagione, attenuato dal soffio dei caloriferi appena avviati, ha favorito – ricreandolo – l’ambiente raccolto e sereno di amicizia solidale che caratterizza quest’angolo di Sardegna. Magistralmente, Piero Pinna ha presentato l’opera di Michela Murgia, catturando l’attenzione del pubblico per tutto il tempo della sua esposizione. Ha parlato di fillus de anima, figli dati in adozione, comparando l’opera delle giovane scrittrice sarda con "La chimera" di Sebastiano Vassalli (Einaudi 1990), mettendo in luce l’universalità di modelli tradizionali nell’allevare gli orfani, così come nel portare a termine le fasi finali dell’esistenza umana. Relativamente alle persone senza genitori, alcuni accenni hanno riguardato l’antica ruota degli esposti di Biella e quella nuova istituita appena due anni fa presso l’ospedale cittadino; quest’ultima ha già raccolto quattro neonati abbandonati. Le adozioni di oggi troncano i legami con i genitori mentre, in pasato, is fillus de anima tenevano vivi i rapporti con la famiglia di origine. Un solo personaggio per accompagnare i momenti di accesso e di uscita dalla vita: s’accabadora, l’ultima madre, levatrice vestita di bianco per aiutare a nascere e di nero nel momento del trapasso. Tra il pubblico, erano presenti alcuni facilitatori per l’elaborazione del lutto che operano presso il Fondo "Edo Tempia", il centro per la prevenzione dei tumori di Biella, interessati ai saperi della tradizione. Numerosi gli interventi; alcuni per confermare affermazioni presenti nel libro della Murgia; altri per fornire interessanti contributi di esperienze e di racconti tramandati oralmente; eccezionale il rimado testimoniale a uno degli attrezzi di s’accabadora: il mazzuolo di olivastro del peso di circa cinque chilogrammi. Nei casi difficili, infatti, si procedeva con la fumigazione per indurre lo stato di incoscienza, sia che si usasse il pesante mazzuolo, sia che la fine venisse decretata da un soffice cuscino. La serata si è conclusa con su cumbidu, il rinfresco con anicini di finocchio selvatico preparati dai Soci e vino rosato di Sardegna. Il libro "Accabadora", in vendita nelle principali librerie di Biella, è disponibile presso la Biblioteca Su Nuraghe.