di Mauro Lissia
Mentre a Messina si contano i morti legati all’edilizia selvaggia e a Capoterra, vicino Cagliari, la magistratura indaga sull’alluvione del 22 ottobre 2008 che ha cancellato cinque vite umane e centinaia di case (sorte lungo l’alveo di un fiume), la giunta che governa la Sardegna si prepara a demolire le norme del piano paesaggistico regionale che difendevano le coste dai progetti dei grandi costruttori. Con l’emendamento al Ddl sul rilancio dell’edilizia, altri due milioni di metri cubi di cemento aggrediranno i litorali dell’isola senza più il vincolo dei trecento metri sulla fascia costiera. Nessuna distinzione tra hotel e immobili privati, ville o seconde case: tutti potranno mettere in moto le betoniere e realizzare una nuova cubatura fino al dieci per cento di quanto già esiste, senza badare al danno che sarà arrecato al paesaggio e alla distanza dal mare. I progetti verranno soltanto passati al vaglio di una commissione pubblica, chiamata a valutare genericamente la validità dell’intervento. L’idea della Giunta capeggiata da Ugo Cappellacci è di ridare fiato alle imprese edili, che negli ultimi anni erano rimaste imprigionate tra i vincoli durissimi imposti dal governo regionale guidato da Renato Soru. Cappellacci l’aveva promesso in campagna elettorale. L’assessore regionale all’urbanistica Gabriele Asunis è stato chiaro: "niente a che vedere col piano casa. All’esame c’è solo un provvedimento che servirà a ridare impulso all’economia attraverso l’edilizia". Come dire che forse il peggio deve ancora arrivare, malgrado neppure i più pessimisti avessero previsto un attacco così disinvolto alla fascia dei trecento metri, considerata intoccabile. Il governo sardo è partito invece proprio da quella, per poi annunciare un premio di cubatura riservato anche alle case di prima abitazione comprese nelle zone B e C, di completamento e di espansione edilizia: qui si potrà andare fino al trenta per cento in più e il regalo della Regione non escluderà stabilimenti e locali destinati ad attività produttive. Si parla apertamente di sopraelevare palazzi tirando su muri dalle terrazze, di chiudere i piani pilotis (quelli destinati alle automobili) e persino i seminterrati per ricavarne volumi abitabili. Legambiente, Wwf e Italia Nostra si sono riunite davanti al palazzo di via Roma per protestare: la tragedia annunciata di Messina non sembra aver insegnato nulla a questa Giunta regionale. La cementificazione selvaggia che ha devastato il territorio sardo e i morti di Capoterra sono già stati dimenticati. Stefano Deliperi del ‘Gruppo di Intervento giuridico’, un’associazione ecologista che opera su canali giudiziari, ce l’ha anche con una parte dei consiglieri dell’opposizione, che al momento di votare contro il cemento sono spariti dall’aula. "Dov’erano gli assenti? – ha scritto Deliperi in una nota – e perché non hanno fatto il loro dovere di consiglieri regionali?". Parole dure anche da Paolo Maninchedda del Psd’az, un partito che fa parte della maggioranza ma che non ha esitato a schierarsi contro il Ddl. La speranza di fermare questa nuova avanzata del cemento è legata a una recente sentenza del Consiglio di Stato, che ha bloccato definitivamente un progetto del costruttore Sergio Zuncheddu, editore dell’Unione Sarda e del Foglio, per la realizzazione di un villaggio turistico a Cala Giunco, vicino allo stagno dei fenicotteri rosa e sulla più bella spiaggia di Villasimius: i giudici amministrativi supremi hanno stabilito che l’esigenza di tutelare il paesaggio prevale sugli interessi degli imprenditori e dell’industria turistica. Non solo: norme e provvedimenti che riguardano il paesaggio della Sardegna dovranno essere in linea con il Codice Urbani e con il Piano paesaggistico regionale che ne deriva. Come dire: adesso la Regione sarda ci prova, ma forse (con i ricorsi già all’orizzonte) l’ultima parola spetterà ai giudici.