di Sergio Portas
Non sono momenti, questi, di grande popolarità per i partiti politici italiani, tutti. Ma se ti arriva a casa un invito. "Milano chiama Sardegna", 100 domande a Ugo Cappellacci, Presidente della Regione Sardegna, anche se è per il pomeriggio del 2 giugno, si rinuncia a qualsivoglia ponte di primavera e si va. Sbagliando. Parzialmente però, che dopo "l’introduzione" all’evento da parte di Stefano Maullu ,neo assessore regionale alla corte di Formigoni (protezione civile,prevenzione e polizia locale!), Guido Podestà che vuole il posto di Filippo Penati alla provincia di Milano (qualcosa come tre milioni di abitanti, altro che Medio Campidano!), il Cappellacci promesso che si tira dietro dalla sfilata dei Fori Imperiali nientepopodimeno che il ministro della difesa onorevole La Russa Ignazio, insomma dopo tanti potenti in terra che pontificano, meno male, c’è stato un’ora di sano cabaret con Benito Urgu e la sua eterna "spalla" : Alverio Cau. Che hanno tirato su la giornata. Non che i politici siano sempre noiosi o scontati in quel che dicono, solo che le 100 domande promesse dall’invito si sono mutate in un breve intervento del presidente la regione Sardegna che nei suoi primi cento giorni di governo è ancora con la sua giunta in una fase di "ascolto di tutti territori, perché l’ambiente è il nostro più grande patrimonio, la sensibilità ambientale non è né di destra né di sinistra, la terra è come un prestito da lasciare intatta o migliorata per i nostri figli". Non una parola sul ventilato nucleare nella regione più geologicamente stabile d’Italia,( questo si da lasciare a i nostri figli, e ai loro, e ai loro nipoti, fino a 500 anni di radiazioni mortifere) né sul "piano casa" che prevedrebbe di poter aumentare le cubature delle abitazioni private del 20% senza "troppa burocrazia". Le altre regioni hanno quasi tutte deliberato in merito, la Sardegna sembra attendere lumi governativi, alla faccia dell’autonomia conclamata. Ugo Cappellacci parla anche dei funerali per i morti della Saras, della compostezza che li ha caratterizzati, dei valori dell’animo che i sardi portano in giro per il mondo. "Ringrazio voi per l’onore e la dignità dei sardi." E poi l’eterna promessa di utilizzare gli emigrati a mò di ambasciatori e di rinsaldare i rapporti con la regione Lombardia, fino a copiarne il modello sanitario d’eccellenza. Che è una di quelle leggende metropolitane sulle quali Formigoni (e Comunione e Liberazione) hanno fondato le loro fortune elettorali. Comunque sia anche Ugo Cappellacci si lascia andare a una confessione personale parlando della scomparsa dei suoi genitori, ambedue di Iglesias, che, nell’ultimo atto della loro vita, sono dovuti emigrare nei più attrezzati nosocomi milanesi. In verità c’è stato un tentativo di dare la parola, e il microfono, al popolo in sala. Ma qui è prevalsa l’anarchia spontanea della gente, sarda e non, che ha chiesto tutto e il contrario di tutto, dal " ci salvi l’iglesiente, per carità" ( neanche fosse la Madonna pellegrina!), a quella che gli ha consegnato uno "studio di fattibilità per la Barbagia", un’altra chiedeva conto di speculazioni edilizie nel nord Milano, al che anche il "tollerante " Maullu (così si è autodefinito) ne ha proposto l’espulsione immediata dalla sala, visto l’insistenza con cui portava avanti la richiesta. Potenza dell’assessore alla sicurezza! Comunque la platea applaudiva il provvedimento auspicato. Cappellacci, imbarazzato e lusingato che lo si considerasse esperto di ogni cosa, ha comunque promesso di ritornare per, questa volta, a tutti rispondere. Per ora "siamo al tavolo dove si deciderà della continuità territoriale e i fondi per la Sassari-Olbia ci sono, così come sono salvi gli appalti a procedura speciale per l’ex G8 alla Maddalena." Ignazio la Russa, che conosco dagli anni ’70 quando "i neri" contendevano "ai rossi" l"agibilità" di piazza S. Babila, cosa che mi da un effetto di straniamento totale tutte le volte che lo vedo impettito in TV mentre passa in rassegna un reparto delle nostre truppe, si sofferma sul valore dei "nostri ragazzi" nelle "missioni di pace" in cui sono invischiati. L’ultimo ferito sardo, al Celio, l’ospedale romano, a sentire lui non vede l’ora che si rimargini la ferita al piede per poter tornare in Afganistan. Glielo ha detto indossando una maglietta neroazzurra. Dopo che il Cagliari ha fatto il campionato che sapete! Podestà dice di venire da due legislature a Strasburgo e che il Capo in persona lo ha pregato di correre per la provincia di Milano. Anche lui si spreca in elogi per la Brigata Sassari, quella che subito dopo Caporetto, ha ristabilito l’onore dell’esercito italiano. La Russa ci tiene a farci sapere che sta imparando a cantare l’inno della Brigata. (ma è difficile!) Insomma siamo in campagna elettorale e nel solleticare l’orgoglio isolano non c’è niente di male. Ammesso che basti questo per catturare qualche voto in più. Uno che ci riuscirebbe a mani basse è, a mio personale avviso, Benito Urgu da Oristano. Lui sì che è un mito vivente. E anche quando si presenta con la fascia tricolore al petto nella sua famosa macchietta del sindaco ha molto da insegnare ai politici veri per quanto riguarda la comunicazione immediata. Che lui, al suo paese, le strade le asfalta tutte in discesa. E per gli anziani scarpe con sotto le rotelle, per andare dal verduraio, unica bottega del posto. Quando si mette intesta "su muccadori"a più sottolineare quei baffi sempre neri che lo caratterizzano, la gente comincia a ridere da sola, che sa che Desolina Vacca le racconterà delle anziane che se ne vanno a Lourdes e a Fatima, dove Gianni Morandi canta la sua "Fatima…ndare dalla mamma a prendere l’acqua." Senza lasciarsi sfuggire uno di quei posti dove "violentano le donne", che non si sa mai. Mi viene da dire che Urgu è il Totò sardo, perfetto nei tempi tecnici della battuta, lui fa scoppiare l’applauso con un "boh!", con un corrucciare di ciglia. Qui a Milano ripropone il suo repertorio più tradizionale, quello che tutti hanno sentito innumerevoli volte nei quaranta e più anni che calca le scene dei palchi isolani. Eppure tutti ridono a crepapelle. Anche se tutti conoscono la battuta che verrà. O la canzone. Infatti quando si butta nel suo pezzo più famoso lascia che il pubblico gli si sovrapponga gioioso in coro:"…pica su quaddu/ curre curre a ti cambiare/ pro su twist tu ballare/ bogarì su gambale/ ah ah ah ah ah/ pro ballare su twist." Alla fine metà del pubblico gli si accalca contro, molti sono quelli che lo conoscono personalmente e sono venuti solo per lui. L’altra metà si avventa sul tavolo degli aperitivi( offre l’ospite di casa Stefano Maullu) e considerato che il teatro ha quasi novecento posti a sedere, più i palchi, tutti occupati in grazia anche della gratuità dell’avvenimento, vi assicuro che farsi versare un bicchiere di vermentino è un’impresa che richiede un’energia superiore alle possibilità del vostro cronista. Che se ne torna meditando di intervistare al più presto il personaggio di gran lunga più importante visto oggi, senz’ombra di dubbio: Urgu Benito, aristanesi.