di Viviana Bucarelli
Sebastian Piras ha conosciuto Andy Warhol nel 1985, dopo esser stato invitato presso la sede della rivista Interview da lui fondata. Ha realizzato un suo ritratto fotografico e da lui è stato poi incoraggiato a concludere un progetto che riunisse una serie di ritratti di artisti contemporanei. Così, a partire dalla metà degli anni ’80, ha fotografato i più grandi pittori e scultori del nostro tempo, da Robert Rauschenberg a Jasper Johns, da Louise Borgeois a Jeff Koons, da John Chamberlain a Christo. Da questo progetto è nata una prima mostra personale da Blum Helman nel 1995, oltre a due libri su questo tema, uno nel ‘96 da titolo "Artists Exposed", con la prefazione di David Ross, direttore allora del Whitney Museum of American Art, e "A Pocketful of Contemporary Artists" quest’anno, un volume importante che racchiude i ritratti di 120 artisti, realizzati nel corso degli ultimi vent’anni. Immagini intense, belle, divertenti, dall’impeccabile composizione, che raccontano l’anima dell’artista. Alla domanda, ‘che impressione ti ha fatto Andy Warhol di persona?’, il guru della Pop Art, forse il personaggio più celebre e più controverso allo stesso tempo del XX secolo, Piras risponde, "io ero ovviamente molto emozionato, avevo letto tanto su di lui, era un’occasione importante. Poi di persona mi apparve molto semplice, di poche parole, ma che, all’occasione, potevano essere molto dirette e pungenti. Era un gran lavoratore, non smetteva mai di lavorare. Come si dice qui, un "workhaolic". E sicuramente, al di là dell’impressione quasi dimessa che poteva fare ad un primo incontro, aveva tutte le caratteristiche per diventare una leggenda, come è poi stato. La storia chiarisce sempre le cose e qui si dice, "luck come to those who are prepared", o qualcosa del genere ("la fortuna arriva per quelli che si fanno trovare preparati")", dice saggiamente. Tra gli artisti ritratti, quello che ricorda con maggiore affetto è forse Robert Rauschenberg; "che, racconta, innanzi tutto mi è sempre piaciuto come artista, ma sono rimasto colpito dalla sua vivacità, era un entusiasta della vita. Era una persona nobile d’animo, socievole, cordiale, veramente interessato ed incuriosito dalla varietà umana. Notavi che parlava con lo stesso interesse con un homeless per la strada, così come con i collezionisti più prestigiosi". Il progetto di fotografare artisti contemporanei è proseguito per diversi anni. Un altro incontro importante per lui è stato quello con Leo Castelli, il grande gallerista italiano che, come dice Sebastian Piras, forse proprio perché europeo ha saputo vedere con sguardo nuovo la grandezza degli artisti americani degli anni ’60, ‘70 e ’80. E ha aiutato Sebastian ad avvicinarsi ad alcuni grandi del tempo, da Rauschenberg a Lichtenstein per realizzarne il ritratto. Anche se lui ha fatto tutto da solo. Nato e cresciuto a Nuoro, ha cominciato presto ad esplorare il mondo. Alle scuole superiori, è venuto per un anno, come "exchange student" per la prima volta negli Stati Uniti, prima al nord dello stato di New York, "in una fattoria tipicamente americana, … dove facevo una vita come nel telefilm "Lassie", e poi, a Chicago. Dopo le superiori, alla fine degli anni ’70, ha frequentato l’Università a Cagliari, e si è poi presto trasferito a Londra. Durante una vacanza, è venuto a visitare con alcuni amici New York dove ha deciso di restare. Si è dato da fare per lavorare fin da subito, con l’obiettivo di realizzare film e video e con un forte interesse per la fotografia. Sono arrivati i primi ritratti e così tutto è cominciato. Spesso tuttora riceve richieste per realizzare ritratti d’artisti e non sono pochi gli editori che gli propongono dei volumi. Quest’estate, dal 23 agosto al 10 settembre, presso il Palazzo Chigi di Viterbo avrà un’altra mostra sul tema; nel mentre, ha appena prodotto un video-ritratto commissionatogli dal grande architetto Richard Meier. Ma ora è il momento di nuovi progetti da realizzare. Il primo riguarda una bellissima serie di foto d’oggetti, luoghi e dettagli della quotidianità che si intitola "Amerikana". "Rappresenta l’idea illusoria, che io, ma credo anche molti altri europei, italiani, sardi come me, hanno dell’America, dice. Si tratta di una serie di scorci che ho fotografato in giro per gli Stati Uniti e che rappresentano il paese così come lo avevo sempre immaginato prima di venire qui, fin da piccolo, attraverso la letteratura, i film, specie i vecchi film e poi i western. Anche se poi, quando vieni qui e conosci sempre meglio il paese, ti rendi conto che l’idea che avevi coltivato con l’immaginazione non corrisponde sempre alla realtà. Ora mi piace l’idea di mettere insieme queste immagini come una sorta di divario visivo di 20 anni in America". "L’altro progetto che, nel prossimo futuro, mi piacerebbe realizzare, ci dice, è un film che, possibilmente abbia un soggetto ed un’ambientazione sardi e da realizzare in Sardegna. Ammiro molto i cineasti isolani che, nonostante le difficoltà, riescono a creare degli ottimi prodotti. Conosco il lavoro di Giovanni Columbu che apprezzo molto. E credo che sia d’importanza fondamentale valorizzare le risorse e i numerosi talenti che la nostra Isola ha da offrire. Pensiamo al fatto che grandi artisti internazionali come Peter Gabriel e Werner Herzog apprezzano la nostra storia e la nostra cultura come poche. Quest’ultimo ha utilizzato per la colonna sonora del film "The White Diamond" il coro polifonico di Orosei, che ha unito ad un violoncellista olandese e ha detto di non avere mai sentito niente del genere