di Vitale Scanu
S’è mai visto che un condannato sventoli gioiosamente e con orgoglio il proprio capestro…?
Noi Sardi lo facciamo! Quando sbandieriamo il vessillo impostoci dai colonizzatori di turno, importato dalla Spagna nel 1323. Un vessillo senza contenuto storico, senza significato intrinseco, senza alcun riferimento alla Sardegna, con un’immagine razzista e truculenta, che non ci ricorda nulla all’infuori del colonizzatore o di quei mori che per secoli ci hanno imposto lacrime e morte. Ma andiamo! E’ ora di ripensare il nostro simbolo. E’ ora di ripensare una bandiera sarda che ci rappresenti nel vero senso della parola, in modo storico e collettivo. Lo avevamo il nostro simbolo sardissimo, l’albero eradicato di Arborea. Riprendiamocelo! Bello e troppo significativo l’episodio descritto dal prof. Franciscu Sedda, stimato semiologo all’università di Tor Vergata di Roma (citato in questo blog dall’amico Omar Onnis). Alla battaglia di Uras, nel giugno del 1470 (sessantun anni dopo la tragica battaglia di Sanluri del 1409), i sardi mercenari schierati agli ordini del viceré aragonese Carroz marchese di Quirra, al solo vedere la bandiera dell’albero eradicato verde in campo bianco del campo avverso, abbandonarono gli aragonesi e passarono repentinamente alla parte di Arborea, quella di Leonardo di Alagon, erede per via materna della famiglia giudicale arborense e legittimo ostensore di quel simbolo di libertà e indipendenza della Sardegna. Un episodio che ha un significato profondo da raccogliere. Questo volevo rispondere all’amico Renzo che commenta il mio scritto nel blog. La nostra amata Sardegna non si merita questo ennesimo sfregio. E non è una cosa di poco conto, come dice un altro commento dell’amica Teresa Fantasia, la questione della bandiera. Anche se bene o male, a questo simbolo (che io mi rifiuto di tenere in mano, perché non mi rappresenta) ci siamo abituati, ben diversa sarebbe la commozione di noi Sardi e ben altre pagine di vera storia sarda rievocherebbe la bandiera di Arborea. Sembra proprio una maledizione, che non riusciamo ad essere uniti e meno locos noi Sardi. Fare un referendum, mi dice Renzo… Purtroppo io non sono nulla politicamente. Ben diverso sarebbe se dell’argomento se ne facesse carico ad esempio Gavino Sale o altre persone importanti che hanno voce in capitolo: creare un movimento, proporre una mozione, un’interrogazione… Che so io. Credo che i Sardi, specialmente is disterraus (quelli che conservano intatte nel cuore con profonda nostalgia le radici dell’amata terra, come descrivo nel mio recente romanzo "Bachis Frau emigrato") seguirebbero al volo. Un abbraccio a tutti.