di Massimiliano Perlato
E’ d’obbligo spezzare una lancia a favore di quei circoli degli emigrati sardi, che hanno la forza, consueta di gestire un’associazione molto impegnativa per tutto l’anno, con una burocrazia da dipanare più simile ad una Società per Azioni che ad un luogo di volontariato rivolto verso la promozione della cultura sarda. Ma ci sono tante associazioni che hanno la capacità di "invadere" letteralmente le piazze dei loro paesi di appartenenza e fare la classica festa sarda gastronomia. Ahimè, questo è terreno minato per chi riesce ad analizzare ad oltranza con la sola capacità di muovere critiche oltre misura senza rendersi conto di quanta abnegazione nel lavoro ci sia dietro un evento del genere. Anche i giornali sardi, quelli principali perlomeno, che tanto storicamente bistrattano dalle loro patinate pagine quotidiane il mondo migratorio isolano tanto da etichettarlo spesso e volentieri come luogo di rievocazioni nostalgiche ghettizzate fra quattro mura consumando vernaccia e maialino arrosto. Niente di più falso. Niente di più offensivo. Sfatiamo questo luogo comune! Le feste sarde che tanti circoli realizzano con grande dignità e dedizione, sono un cocktail incredibile di responsabilità, devozione e attaccamento alla Sardegna. Diciamolo ad alta voce! Diversamente, a questi volenterosi testoni, chi glielo farebbe fare di proiettarsi in giornate da impiegare nel realizzare il tutto e pregare il buon Dio di poter chiudere ogni volta questa festa quantomeno in pareggio con i conti? Eh si.. perché questi circoli si espongono per questi avvenimenti con i conti bancari blindati da fidi, con strutture comunali da prendere in affitto, con il noleggio delle attrezzature da cucina e dei container frigo, con una ampia spesa per la cucina che devi liquidare in anticipo, con la speranza che: la gente risponda e il tempo sia clemente. Tutto qua? Assolutamente no! Perché non arricchire queste tavolate di piatti sardi con bancarelle di prodotti sardi (giunti espressamente dalla Sardegna) e serate danzanti con cantanti e gruppi folk esplicitamente d orgogliosamente "made in Sardinia". Bisogna congiungere anche questo al conto finale: cachet, viaggio ed alloggio (talvolta anche qualche pretesa da "vip") per tutti coloro che attraversano il Tirreno per sbarcare nei paesi dove si svolge la festa. Un cachet, che fa male anche sottolinearlo, quasi mai gode di un prezzo di favore in virtù di un "volemose bene" fra di noi che siamo della stessa Regione, per questo centinaio di scavezzacolli più o meno attempati che alla buona causa sacrificano tempo, energia e famiglia. Si può discutere all’infinito di promozione culturale della Sardegna, e di questo i circoli son maestri, con presentazioni di libri, promozioni di territori o ricordo di qualche personaggio storico sardo. E per questo, ci si mette sempre il vestito migliore, quello della domenica da sfoggiare in saloni di prestigio per presentare al meglio l’avvenimento di cartello a quei 200-300 "afecionados" (quando va di lusso!) che partecipano, con presenze istituzionali al seguito. Ma provate a venire a vedere le feste sarde in piazza (l’hanno appena conclusa per guardare alla Lombardia a Bareggio e Cinisello Balsamo, si apprestano a farla a Saronno e Parabiago): code sconfinate di famiglie con vassoi in mano pronti a gettarsi a capofitto sulle prelibatezza della gastronomia dei "quattro mori". Tanta gente, che giunge poi a chiedere lumi su quest’isola tanto meravigliosa quanto sofferente per acquistare prodotti ed eventualmente,chiedere lumi su come fare per trascorrere le vacanze estive del futuro. Si può dire tutto e il contrario di tutto: ma anche questa è promozione turistica!