di Carlo Figari
In Argentina sono stati arrestati quattro militari condannati in Italia con sentenza definitiva per l’uccisione dei due emigrati sardi Martino Mastinu e Mario Bonarino Marras durante la feroce dittatura che tra il 1976 e il 1982 portò alla scomparsa di oltre trentamila argentini. Tra le vittime anche un migliaio di cittadini di origine italiana. Martino Mastinu, leader del sindacato dei cantieri navali di Tigre (Buenos Aires), chiamato El Tano tra i compagni operai, fu catturato il 7 luglio del 1976, torturato e rinchiuso nel centro clandestino di detenzione di Campo de Mayo, nella capitale. Da quel momento scomparve. Al processo di Roma è stato accertato che fu gettato ancora vivo nell’Oceano da un aereo militare in uno dei "voli della morte" che settimanalmente decollavano dal Campo de Mayo. Nel maggio precedente, durante un tentativo di catturare El Tano, i militari fecero irruzione in un’isoletta sul Paranà dove il giovane sardo si nascondeva e aprirono il fuoco uccidendo il cognato Mario Bonarino Marras. Martino riuscì a fuggire ma fu catturato due mesi dopo.
Il caso di Marras e Mastinu, originari di Tresnuraghes, è stato al centro del primo processo svoltosi in Italia contro i militari argentini per la vicenda dei desaparecidos e conclusosi con la condanna all’ergastolo per due generali, Carlos Guillermo Suarez Mason (deceduto nel 2005) e Santiago Omar Riveros, attualmente in carcere per altre accuse. A 24 anni furono condannati il prefetto navale Juan Carlos Gerardi, che organizzò la cattura, e i quattro sottufficiali della Marina che sequestrarono Martino Mastinu. Roberto Rossin, Alejandro Puertas, Hector Maldonado e Josè Porchetto (quest’ultimo risulta deceduto). Nei giorni scorsi il giudice Juan Manuel Yalj del Tribunale di San Martìn, nella giurisdizione di Buenos Aires, ha convocato Gerardi e i tre sottufficiali, li ha interrogati e quindi ne ha ordinato l’arresto. Ai quattro militari ha contestato gli stessi reati per i quali sono stati condannati dalla Corte d’assise di Roma e in più ha aggiunto l’imputazione del sequestro e della tortura di Santina Mastinu, sorella di Martino e moglie di Marras. Santina, considerata teste principale del futuro processo argentino, è stata messa sotto un programma di protezione perché in giro ci sono ancora molti militari coinvolti nelle inchieste. La donna, che oggi ha 60 anni, venne rilasciata e si salvò.
Fra breve i quattro verranno processati da un Tribunale argentino. Si tratta del primo caso di un processo contro militari già condannati da giudici di un paese straniero e aprirebbe un nuovo scenario per il cammino della giustizia. Sino a questo momento infatti i militari si ritenevano al sicuro coperti dall’impunità in Argentina dove di recente sono state abrogate dal Parlamento due leggi speciali che impedivano di mettere sotto accusa i militari coinvolti nella macchina della repressione. Meno che mai pensavano di rispondere alle accuse mosse da giudici di altri paesi. Sul suo tavolo il giudice Yalj ha altri 128 fascicoli contro militari denunciati dai familiari di desaparecidos, ma ha deciso di procedere per ora solo per il caso relativo all’uccisione dei due emigrati sardi in quanto già dispone di tutti gli atti (migliaia di pagine con testimonianze e documenti) dei due processi svoltisi in Italia. Significa che ha riconosciuto la sostanziale validità delle sentenze italiane. Dopo la notizia degli arresti dei quattro militari l’avvocato Luigi Cogodi, parte civile nel processo italiano per le famiglie Marras e Mastinu, ha così commentato l’iniziativa della magistratura argentina: "Oggi esprimiamo soddisfazione, preoccupazione e nuovo impegno. Soddisfazione, perché finalmente sono stati arrestati i mandanti e gli esecutori dell’assassinio dei giovani emigrati sardi Martino Mastino e Mario Marras. Preoccupazione, perché l’assegnazione della scorta di protezione a Santina Mastinu indica una condizione di permanente pericolo per i familiari dei desaparecidos che apertamente difendono i propri diritti. Nuovo impegno, perché la fase attuale di riapertura dei processi interni contro i crimini della dittatura militare argentina apre nuovi e positivi scenari di tutela piena, sul piano penale e civile, in favore delle vittime e delle loro famiglie. Sono ancora moltissimi i desaparecidos di origine italiana e sarda in attesa di giustizia. La Sardegna, doverosamente, ha fatto molto e può ancora contribuire con merito di tutti nel perseguire in questo impegno civile".