di Sergio Concas
Stiamo uscendo dalla crisi? E’ questa la domanda ricorrente, che fa seguito alle dichiarazioni del Ministro dell’Economia Giulio Tremonti e del Presidente della Confindustria Emma Marcegaglia, secondo le quali la crisi economica sembra stia scollinando e che dal buio pesto si stia passando ad un buio meno intenso che, sempre secondo i rappresentanti del Governo e degli industriali, preannuncia una prossima ripresa. Non bastano alcuni segnali per parlare già di ripresa, bisogna che gli indicatori economici, come il prodotto interno lordo, comincino a dare segnali concreti e, soprattutto, si incrementino le produzioni e si creino nuove opportunità di lavoro. E da questo lato, siamo ben lontani dalla fine della crisi. Continua la caduta delle produzioni e dei consumi che denota una situazione di progressiva difficoltà. Purtroppo, dalla crisi non si esce attraverso i sondaggi di opinione che documentano le sensazioni della gente nei confronti di una crisi mondiale che richiede interventi concreti di rilancio del lavoro. E’ abbastanza diffuso, in questo periodo, affidarsi alle opinioni della gente per dimostrare, attraverso gli stati d’animo e le percezioni personali, che il peggio è finito. Purtroppo, non è così. Continuano a calare le produzioni ed i consumi; il prodotto interno lordo è sceso del 4,4%, la cassa integrazione continua ad aumentare, per non parlare della mobilità. Questa situazione sta creando un pericoloso incremento della povertà anche in ambienti sociali che, storicamente, non appartenevano ad aree di povertà. Certamente, come ha recentemente affermato il Commissario agli Affari Economici e Monetari dell’Unione Europea Joaquin Almunia, non siamo più in caduta libera, ma non si può ancora dire che stiamo uscendo dalla crisi, perché siamo nel mezzo di una grave e profonda recessione. Queste dichiarazioni sono corrette ed espongono una situazione rispondente alla realtà. La crisi continua a picchiare duro e colpisce, in particolar modo, le famiglie monoreddito. In mezzo ai numeri delle situazioni di crisi, tra casse integrazioni e mobilità, il rischio è quello di dimenticare che dietro ogni ammortizzatore sociale c’è una persona con la sua famiglia e la sua storia carica di impegni, scelte e sacrifici. Proprio in questo periodo anche in Sardegna si accumulano simili situazioni, che coinvolgono tantissimi lavoratori che vedono sempre più allontanarsi la possibilità di conservare il lavoro, o trovarne un altro dopo l’avvio della mobilità e cioè del licenziamento collettivo. Ed alle tensioni di oggi si sovrappongono le preoccupazioni per il domani. Perché trovare un posto di lavoro pare sempre più difficile, visto che tutte le aziende vivono grandi difficoltà. In Sardegna non avevamo certo bisogno della crisi finanziaria mondiale per acuire la situazione economica, da noi era già grave. L’apparato industriale, già inadeguato, continua a perdere pezzi importanti e i lavoratori espulsi dai processi produttivi non si contano più. Il lavoro è stato sempre il primo dei problemi e la sua mancanza è stata sempre causa dello spopolamento dei nostri comuni. I giovani, senza disponibilità di lavoro, vanno via e cercano altrove la possibilità di progettarsi il futuro. In questo modo continuano a spopolarsi interi comuni, trasformandosi in vere comunità di anziani. Il quadro complessivo che scaturisce dall’attuale fase di forte crisi economica e finanziaria non offre oggi facili vie di uscita a breve termine. Altro che superamento della crisi! Tutto questo innesca nel territorio fattori di grande negatività, soprattutto nelle famiglie monoreddito con figli a carico e con spazi di lavoro precario in forte crescita. Si aggrava la già critica situazione giovanile che, non trovando adeguati e dignitosi sbocchi occupazionali, rende le nuove generazioni sempre più insofferenti e sfiduciate verso una società che fatica a proporre nuove vie di solidarietà in grado di rilanciare percorsi di speranza. Di qui la necessità che le politiche della famiglia diventino una priorità nell’agenda del Governo e di tutte le forze presenti nel Parlamento, consapevoli che dalla crisi si può uscire se si interviene con tempestività e con efficacia sul problema lavoro e sul reale sostegno alla famiglia.