PER MASSIMILIANO E VALENTINA SPOSI
Valentina e Massimiliano, / subito dopo il matrimonio, / si tengono stretti per mano, / in un vorticoso pandemonio / di coriandoli e di chicchi di riso. / La felicità esplode nel loro sorriso. / Da fidanzati hanno costruito a proprie spese – / lui di madre terralbese, / lei di origine lombarda – / un osservatorio dell’emigrazione sarda / oggi conosciuto in tutto il mondo. / TOTTUS IN PARI racconta a tutto tondo / le iniziative dei circoli dei non residenti, / attivi in modo profondo / nei diversi continenti. / Giusto contribuire alla loro impresa, / doveroso accompagnarli anche in chiesa. / Ora hanno iniziato un NUOVO CAMMINO / e meritano auguri di ogni fortuna. / Al loro ritorno in luogo a noi vicino / non chiederemo loro la luna. / Però, dopo aver varcato l’Oceano profondo / praticamente da MESSAGGERI SARDI, / li aspettiamo (detto chiaro e tondo) / nelle LACANAS del nostro piccolo mondo. / Bisognerà che ripiglino, testardi, / il loro posto ai comandi del BLOG, / magari dopo aver consumato solo un hot dog. / Dopo Usa e jet / niente "usa e getta", / siamo chiari, / per TOTTUS IN PARI.
Paolo Pulina
Come ormai da prassi consolidata "Sa die de sa Sardigna" che si svolge in terra di Lombardia viene scandita da una scaletta di eventi che prevedono una visita guidata ai luoghi storici dove si svolge la manifestazione, in questo 2009 trattavasi di Milano, una messa in una prestigiosa chiesa, e S. Ambrogio non è davvero seconda a nessuna, un pranzo più o meno pantagruelico, un convegno e uno spettacolo musicale finale. Giove pluvio ci ha messo del suo (e continua pure) nel far sì che i pretendenti a visitare gli innumerevoli luoghi storici milanesi non fossero una folla strabocchevole. Berlusconi Silvio da parte sua ( sicuramente non informato del tema del convegno scelto per questo evento mesi fa: "Il G8 a La Maddalena") ha contribuito inopinatamente a svuotare di significato le relazioni che si erano preparati gli invitati a parlare. Che comunque qualche parola sull’argomento l’hanno pur dovuta spendere. Ma prima di riferirvene mi preme sottolineare, davvero sorprendentemente, della messa che ha celebrato Padre Teresino Serra da Berchidda nella basilica ambrosiana. Sarà che ho vissuto l’evento dall’abside, avendo per tetto i mosaici policromi di scuola bizantina dove spicca un Cristo pantocratore che sembra guardare in faccia proprio te quando a Lui volgi gli occhi. Da due anni faccio parte del coro stabile di canto sardo diretto da Pino Martini e noi si è cantato un paio di Alleluia e un Gloria, in latino, e il "Deus ti salvet Maria" al momento della Comunione. In faccia ai presenti di una chiesa gremita in cui spiccavano le macchie di colore dei costumi sardi ornati di filigrane che rimandavano l’oro alle luci delle candele. Troppo emozionato per potervi dire se il canto abbia fatto onore allo stato d’animo del pubblico presente. In gran parte formato da sardi emigrati e dai loro parenti. Ma è di padre Serra, superiore Generale dei Missionari Comboniani, che mi preme dire. Ha svolto un’omelia che ha strappato l’applauso dei presenti in chiesa. Una cosa di certo inusuale ma se si conosce almeno per sentito dire chi siano questi epigoni di San Daniele Comboni, presenti in ogni parte del mondo in cui l’umanità ultima viene letteralmente massacrata, lo stupore è mitigato. Loro, negli slum di Nairobi, nell’inferno del Darfur, nelle baraccopoli dell’America Latina, sanno e vanno dicendo da sempre che Dio vuole essere amato in qualcuno, e quel qualcuno se lo vanno a cercare tra i dannati della terra. Che sono incredibilmente contabili a miliardi e non a milioni. Generale senza stellette e medaglie questo prete del ’47 ha parlato ai sardi presenti a Milano degli altri innumerevoli emigrati che si spostano per il mondo alla ricerca di un lavoro sicuro e del pane diuturno da guadagnare per i figli. Poteva non conquistare i loro cuori? Dei poveri, questa volta sardi doc, ha pure detto nel pomeriggio Ottavio Sanna, presidente delle Acli Sardegna. E il convegno, presieduto da Antonello Argiolas coordinatore dei circoli della Lombardia si è poi dipanato fra i saluti di Pierangela Abis (presidentessa dei milanesi) e di Tonino Mulas, per la FASI. Gli interventi poi dei parlamentari europei Mario Mauro, brillante nell’esposizione e nel contenuto, davvero bravissimo e Antonio Panzeri, per usare una metafora di stile calcistico, appena sufficiente, sottotono. Ha chiuso il neo assessore al turismo Sebastiano Sannitu, che è in quell’ufficio da soli quindici giorni e che dunque poco poteva dire, se non che la nuova amministrazione cancella ogni tassa che possa anche lontanamente essere scambiata per "lussuosa". La Sardegna torna ad essere terra accogliente, anche per i ricchi. Franca Masu, con la sua voce di contralto, le sue canzoni che richiamano sensazioni del fado lusitano, si incarica di chiudere la giornata. Prima di lei, noi del coro sardo, ruffianamente scaldiamo la platea con "Procurad’e moderare", un "Isettande" dolce di Pino Martini e un "Laire Lellara" che alla fine canta tutta la sala. Qui davvero poso dire: veniva giù il palco dagli applausi.
Sergio Portas
"SA DIE" A MILANO: RICORDATA "LA CARTA DI ZURI"
COMBATTERE LA POVERTA’
Si è svolta, presso la Sala dei Congressi della Provincia di Milano, l’edizione 2009 de "Sa Die de sa Sardigna" organizzata dai venti circoli degli emigrati sardi della Lombardia. Il preambolo mattutino nella città meneghina ha visto le visite guidate in alcuni luoghi storici e la SS Messa presso la Basilica di Sant’Ambrogio celebrata da Padre Teresino Serra, Superiore Generale dei Missionari Comboniani con accompagnamento dei canti della tradizione sarda con il coro "Sa Oghe de su coro". Piatto forte il convegno che all’origine doveva accendere i riflettori sull’imminente G8 alla Maddalena. Dopo gli eventi recenti che hanno portato al suo spostamento in Abruzzo, il dibattito si è incentrato su diverse tematiche che hanno coinvolto comunque la Sardegna e l’Europa. Dopo i saluti iniziali di Pierangela Abis, presidente del circolo di Milano, di Antonello Argiolas, coordinatore dei circoli sardi della Lombardia, e di Tonino Mulas, presidente FASI, è stato il momento delle relazioni degli ospiti. Il dottor Ottavio Sanna, presidente ACLI Sardegna, ha presentato il resoconto su "La carta di Zuri contro la povertà", in cui si riaffermano in Sardegna i diritti delle persone e dei popoli attrave
rso i valori dell’umanesimo solidaristico a combattere l’ingiustizia della povertà. La drammatica condizione di bisogno di tante popolazioni del nostro mondo è la negazione dei diritti della dignità della persona. L’onorevole Mario Mauro, rieletto a Bruxelles nel 2004, e attualmente Vice Presidente del Parlamento Europeo, ha incentrato il suo discorso sull’Europa e l’Africa fra aiuti umanitari e sostegno per l’accrescimento. L’obiettivo dell’Unione è quello di fornire alle popolazioni e ai paesi svantaggiati i mezzi per potersi sviluppare. In altre parole, l’Unione si prefigge di affrontare le cause stesse della povertà e della vulnerabilità, favorendo in particolare l’accesso al cibo e all’acqua potabile, alla salute, alla terra, all’istruzione e al lavoro. Quest’azione passa attraverso il debellamento delle malattie e la massima accessibilità dei farmaci e presuppone l’attuazione di politiche che permettano di contribuire a consolidare la democrazia, lo Stato di diritto, la buona gestione degli affari pubblici e il rispetto dei diritti umani. Dal momento che non esiste sviluppo senza democrazia, come dimostra la storia contemporanea, inclusa ovviamente quella europea, il rispetto dei diritti umani resta una condizione imprescindibile per l’Unione, che svolge un ruolo trainante in quest’ambito soprattutto grazie all’Iniziativa europea per la democrazia e i diritti dell’uomo. Ovunque l’Europa si adopera per far progredire i diritti fondamentali, ovvero i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali, senza dimenticare i diritti delle donne e dei bambini nonché quelli delle minoranze e dei profughi. L’onorevole Antonio Panzeri, Parlamentare Europeo, subito dopo, ha sviluppato una serie di riflessioni relative al quadro comunitario in cui la crisi e la mancanza di lavoro stanno creando disoccupazione e nuove povertà. La crisi dell’occupazione è drammatica. Le condizioni dell’economia sono eccezionalmente cattive. Siamo di fronte a una decadenza che avrà conseguenze estremamente negative anche sul fronte delle finanze pubbliche ed effetti negativi sulla crescita potenziale dell’economia in Europa. L’economia europea potrebbe dare segnali di ripresa forse già nel 2010, ma per la disoccupazione in Europa rischia di essere troppo tardi: ecco perché servono misure speciali pensate con spirito creativo, per evitare che nell’Unione europea il numero di persone senza lavoro aumenti a dismisura. La relazione conclusiva è spettata al dottor Sebastiano Sannitu, neo Assessore al Turismo della Regione Sardegna. A lui è toccato argomentare sulle prospettive in Sardegna, al di là di un G8 che non si realizzerà più nell’Arcipelago della Maddalena. Un’occasione persa dopo due anni di lavori che hanno coinvolto un’intera regione. Ma la riconversione del territorio maddalenino è oramai in atto: un molo nuovo è stato costruito. Un banchinamento di circa 200 metri in cui si potranno ormeggiare gli yacht con una lunghezza fino a 50 metri. Lavori che daranno la possibilità anche di abbellire il waterfront del porto. La Maddalena sembra affermarsi come meta ambita. Il mercato diportistico è in ascesa e l’arcipelago con le sue bellezze è tra le mete più gettonate. Per l’isola, a prescindere della mancata vetrina con il summit mondiale dei Potenti, si apre una nuova prospettiva che darà la possibilità di creare un nuovo mercato turistico. L’arcipelago di La Maddalena può diventare un grande laboratorio nazionale per una riconversione sostenibile da una economia militare ad una civile: è un territorio di pregio dal punto di vista ambientale, dotato di caratteristiche rare e peculiari riconosciute tramite l’istituzione del Parco Nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena e l’individuazione dello stesso territorio come Sito di Interesse Comunitario; il sistema economico locale vive un periodo di crisi e incertezza determinato dal progressivo alleggerimento della presenza militare italiana e, soprattutto, dalla chiusura della base militare statunitense, mentre i flussi turistici rimangono confinati nella stagione estiva; tanto le istituzioni quanto l’imprenditoria locale ravvisano nella valorizzazione turistica del territorio una delle possibilità concrete per la riconversione dell’economia dell’arcipelago. La giornata milanese dei sardi emigrati si è conclusa in serata con il concerto "Aquamare" di Franca Masu e il suo gruppo.
Massimiliano Perlato
PIANO STUDIATO IN SEGRETO: SUMMIT MONDIALE LONTANO DALLA MADDALENA
SCHIAFFO ALLA SARDEGNA
Tra «esportare il modello La Maddalena per la ricostruzione in Abruzzo» di qualche giorno fa e decidere di spostare direttamente il G8 a L’Aquila c’è lo spazio di una settimana. Tra buttare lì la proposta, pochi minuti dopo l’inizio del Consiglio dei ministri nel capoluogo abruzzese, e convincere tutta la squadra servono poco più di due ore: nonostante le titubanze iniziali di diversi esponenti del suo governo. Per far cambiare idea a Ugo Cappellacci, a Silvio Berlusconi basta una telefonata nel pomeriggio. Il presidente della Regione passa dal disappunto della mattina alle «soluzioni intermedie» dell’ora di pranzo, sino ad arrivare in serata a esprimere orgoglio per la solidarietà di cui è capace la Sardegna. Il fatto che lui con la decisione c’entri meno di niente, sarà l’ultimo a sapere, a quel punto è già un dettaglio: ma anche il definitivo segnale di quanto il Cavaliere abbia a cuore l’isola al di là della campagna elettorale. Dunque «il G8 si farà a L’Aquila». Berlusconi annuncia l’ultima sua trovata nella conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri riunito nel capoluogo abruzzese. Davanti ai giornalisti, con accanto il ministro Tremonti, spiega i motivi della scelta. Nell’ordine, esprimere vicinanza concreta alle popolazioni colpite dal terremoto. Utilizzare i 220 milioni di euro necessari per il summit nei lavori di ricostruzione: senza contare quelli già investiti dalla Regione Sardegna. Eliminare lo spauracchio no global: «Non verranno qui a fare danni». Dare una immagine più morigerata del vertice ospitato: a La Maddalena l’evento sarebbe stato troppo sfarzoso, anche se appena una settimana fa lui stesso aveva constato con Guido Bertolaso che tutto procedeva «senza intoppi, secondo quanto programmato». Certo, la decisione dovrà essere sottoposta anche ai governi degli altri paesi partecipanti: gli stessi le cui delegazioni avevano già dato l’ok per La Maddalena. Tutto da rifare, anche se non sarà facile. L’Inghilterra fa sapere di essere d’accordo, e in ogni caso deve essere il paese ospitante a decidere la location. Più tiepidi gli Stati Uniti di Barack Obama: «Teniamoci in contatto», dicono dalla Casa Bianca. Perplessa la cancelliera tedesca Angela Merkel: G8 e misure di sicurezza non si improvvisano, è il messaggio che arriva dalla Germania. Significa che in ogni caso il Cavaliere ne uscirà pulito: nel caso lo spostamento non possa avvenire – i problemi tecnici, logistici e organizzativi sono enormi: basta pensare che sino a due mesi fa si parlava di ritardi anche nell’arcip
elago maddalenino, figurarsi in un’area appena colpita da un sisma – lui sarà quello che ci ha comunque provato. Vuoi mettere la valenza mediatica dell’operazione? Che è studiata, mica una semplice boutade. L’idea sarebbe stata proprio di Bertolaso, che da capo della Protezione civile e commissario straordinario del G8 dovrebbe avere ben chiara la situazione. Il suggerimento a Berlusconi era arrivato praticamente all’indomani del terremoto di inizio aprile. Ci sarebbe già la location, cioè la caserma sede della Scuola ispettori e sovrintendenti della Guardia di finanza nella frazione di Coppito: ospiterebbe i lavori e i giornalisti, mentre le delegazioni potrebbero alloggiare nei dintorni oppure a Roma, per spostarsi verso l’Abruzzo in elicottero. Tutto molto dettagliato e talmente riservato da essere sconosciuto a molti dei ministri presenti alla riunione. Ma tutti pronti ad accettare il diktat del premier, con dichiarazioni entusiastiche. In ogni caso la proposta di Berlusconi aveva già trovato la sponda in Dario Franceschini, segretario nazionale del Partito democratico: «Capisco che la scelta è molto simbolica e capisco pure che contribuirebbe a tenere accesa l’attenzione sull’Abruzzo: spero che il governo valuti le conseguenze e che trasferire il G8 a L’Aquila non ostacoli né intralci l’esigenza di superare l’emergenza e di iniziare la ricostruzione». C’è quello del capo dell’opposizione e quello di Pierferdinando Casini, ma anche il sì di Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, segretari nazionali di Cgil, Cisl e Uil. Tutti, dai politici ai sindacati, in totale disaccordo con le prese di posizione dei partito e delle segreterie nell’isola. Il punto è che la Sardegna, in tutta questa storia, c’entra poco poco. Vittima dello scippo, in sostanza, senza voce in capitolo. L’esempio è quello del governatore: Ugo Cappellacci è praticamente l’ultimo a parlare con Berlusconi. Lo farà nel pomeriggio, al telefono. Il premier aveva già spiegato ai giornalisti che a La Maddalena si terrà il G8 sull’ambiente, probabilmente in settembre: «Non ho avuto modo di avvertirlo», spiega il capo del Governo, «e mi scuso con lui». Non che avrebbe trovato una grossa resistenza, in ogni caso. I dubbi del numero uno di viale Trento si sgretolano con il passare delle ore, sino alla dichiarazione conclusiva: «Siamo lieti e orgogliosi di dare il nostro contributo per aiutare l’Abruzzo. Bisogna spogliarci dell’egoismo perché io credo che di fronte ad un dramma come quello che è stato vissuto da quelle popolazioni, dobbiamo essere tutti pronti a dare il nostro aiuto concreto in termini di solidarietà». C’è anche l’altro lato della medaglia: «Se questa decisione diventerà operativa, devo ritenere che gli investimenti che sono stati fatti in Sardegna rimangono un patrimonio dell’isola. Il G8 era importante per noi perché consentiva la realizzazione di importanti infrastrutture che, ovviamente, adesso devono essere completate». Però «abbiamo preso atto con grande preoccupazione e forte stupore delle decisioni adottate dal Governo. Un fatto improvviso, importante e inopinato».
Marco Murgia
DOPO NAPOLI, CERNOBBIO E IL "TRAVEL BOAT", IL G8 SARDO SE NE VA
I POTENTI DELLA TERRA SBARCANO ALL’AQUILA
Avviso ai grandi della terra, il G8 abbandona La Maddalena. A due mesi dall’evento Silvio Berlusconi, ci ripensa. In nome della solidarietà, tradisce ancora una volta quel popolo del quale si dichiara amico. È il terremoto ad offrirgli la tragica sponda su cui sacrificare la Sardegna. Del resto, questo summit isolano, non gli è mai andato a genio. In più occasioni ha cercato di portare a termine lo scippo, con ragioni mai troppo convincenti. Graziato persino dalle disgrazie: l’asso nella manica è quello pigliatutto. Populismo cinico, giocato sulla sofferenza. Che produce subito, però, gli effetti sperati. Persino nel "continentale" Partito democratico guidato da Franceschini. E addirittura nel sindacato Cgil guidato da Epifani. Un "segnale", si affrettano subito a dire con la cautela che scivola nell’apprezzamento. E allora, vale la pena di ripercorrere le tappe che avevano portato la Sardegna a diventare protagonista, nel bene e ne male, del vertice che mette intorno al tavolo i potenti della terra. La dismissione delle basi militari, una conquista politica e culturale del governo Soru, era stato il primo passo verso una riconversione turistica, legata all’immagine dell’incantevole paesaggio dell’arcipelago. Una riconversione che necessitava di ingenti investimenti e di una promozione a tutto campo giocata sul piano nazionale e internazionale. Il G8, al di là del significato politico che riveste, incarnava perfettamente l’evento organizzativo e mediatico necessario al raggiungimento di questi obiettivi. Soprattutto in tempi celeri, per via delle procedure accelerate di cui ha potuto beneficiare l’iter legislativo e burocratico per l’avvio delle opere pubbliche. Il colpaccio andò in porto: la Sardegna conquistò il G8 2009, destinazione La Maddalena. Sul piatto delle risorse si contarono centinaia di milioni di euro. Con l’ordinanza del presidente del Consiglio dei ministri (n.3663 del 19 marzo 2008), all’epoca Romano Prodi, furono stanziati 100milioni di euro. Con l’ordinanza del 29 agosto 2008, presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, lo stanziamento raggiunge i 739.999.739 milioni di euro, di cui 643.956.739 sono fondi regionali (522.000.000, anticipazione fondi Fas della Regione per il 2007 -20013). I fondi statali, fatte le debite sottrazioni ammontano quindi a 96.043.000 milioni di euro. Ma poi, dopo soli due mesi, il finanziamento viene drasticamente ridotto: con il decreto legge n. 162 del 23 ottobre 2008 lo stanziamento passa dai 739.999.739 a 233.000.739 milioni di euro. Scompare l’anticipazione dello stanziamento regionale (522.000.000 milioni di euro) destinato tra le altre cose alla Sassari-Olbia. Così come si volatilizza lo stanziamento statale di 96.043.000, sostituito da uno stanziamento regionale di 11.044.000 milioni di euro (fondi Fas 2007-2013), sottratti alla programmazione regionale in favore di altri interventi. Ricapitolando: il totale del finanziamento destinato al G8, grazie alla mediazione del Cavaliere, si riduce a 333.000.739 milioni di euro. Di cui, cento milioni di fondi statali stanziati dall’ordinanza dell’ex premier Romano Prodi e 233.000.739 di fondi regionali, provenienti dal decreto legge del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Oltre a tirare la cinghia, il Cavaliere tradisce segnali di incontenibile insofferenza verso il G8 maddalenino. Con la scusa dei rifiuti campani, vuole ripulire la Sardegna del summit. E anche se alla fine la trovata non va in porto, lui, non molla la presa. E rilancia l’idea di un G8 travel boat: «Potremmo utilizzare due nuove e fantastiche navi italiane, – esordì, eccitato come un fanciullo alla prima gita scolastica – che potrebbero puntare su Napoli per approfittare della presenza di tutti i giornali e di tutte le televisioni del mondo per far vedere al mondo una Napoli bellissima e ordinatissima». Poi fu la volta della Certosa ("facciamo da me&q
uot;) e di Cernobbio, villa Este, che da anni ospita vertici internazionali. Ma alla fine, dopo un estenuante tira e molla, a sorpresa la spunta l’Aquila. Così ha deciso per tutti, Silvio Berlusconi.
Cinzia Isola
L’ORGOGLIO SARDO DELLO STILISTA ANTONIO MARRAS
RITIRO IL PROGETTO PER IL G8
Scampoli di orgoglio made in Sardinia. Dopo aver definito "curioso" il trasferimento del G8 da La Maddalena all’Aquila, il celebre stilista sardo Antonio Marras ha restituito dignità al popolo sardo, rifiutando di firmare le divise per stuart e hostess create in occasione e in previsione del summit maddalenino. Una presa di posizione, dettata dalla coerenza, che ha riempito d’orgoglio una bella fetta di sardi delusi dalla disinvolta e sardomuta accettazione dei dikatat del Cavaliere. Ad Antonio Marras, direttore artistico della maison Kenzo e del marchio che porta il suo nome, il capo della Protezione civile Guido Bertolaso, aveva affidato "l’accoglienza" dei grandi della Terra. Da mesi lavora con centinaia di persone e decine di artigiani sardi per rivestire il summit di tradizione e cultura sarda. «Questo trasloco a L’Aquila – premette Marras – si può discutere quanto vogliamo, ma non sono decisioni su cui si può intervenire. Ma è stata certamente persa un’occasione splendida e irripetibile per la Sardegna: per una settimana tutto il mondo avrebbe avuto gli occhi puntati su La Maddalena e sull’Isola intera». La notizia della piccola ribellione indossata ad arte dallo stilista di Alghero, è rimbalzata tra i blogger. Questo incarico di prestigio, Antonio Marras, lo voleva onorare fino in fondo con il nobile intento di coinvolgere nel progetto numerosi artigiani sardi: «L’obiettivo era quello di far lavorare gli artigiani, di far sì che le eccellenze sarde venissero messe in evidenza. Il summit sarebbe stato una vetrina straordinaria: tutto il mondo avrebbe potuto ammirare i manufatti realizzati in Sardegna». E allora spazio alle campane di Tonara, ai falegnami di Ortacesus, ai tappeti di Samugheo e Nule. Di tutto questo progetto, l’unica richiesta confermata è stata quella delle "divise" di stuart e hostess. Una proposta inaccettabile per lo stilista sardo : «Io mi ritiro da questo progetto, intanto quel tipo di divise, concepite per il summit a La Maddalena, per me sono fuori luogo: saranno perfette ma non firmate da me». Antonio Marras in poche parole racchiude l’orgoglio, l’umiltà e il rispetto del lavoro altrui. In poche parole è questa la fierezza del popolo sardo che vorremmo sempre in vetrina, davanti al mondo.
Cinzia Isola
IL POPOLO SARDO ABBANDONATO A SE STESSO
PERCHE’ MERAVIGLIARSI?
Quando la storiografia sarda deve rendere conto dell’oscura fine del dominio bizantino sull’Isola e dell’inizio della civiltà giudicale (serie di eventi e processi che va dall’VIII al X secolo), di solito spiega che la conquista araba del Mediterraneo occidentale, e della Sicilia in particolare (IX secolo), avevano fatto sì che la Sardegna fosse "abbandonata a sé stessa" dall’impero. Ossia, la caduta di una egemonia esterna non è un dato storico neutro, da considerare nelle sue premesse e nei suoi sviluppi, bensì assume in partenza, di per sé stesso, una connotazione drammatica: la scomparsa di una forma di sottomissione come menomazione, come diminuzione del livello di civiltà e di significanza storica. Nessuno che ammetta che la Sardegna, in quell’epoca, ritornò semplicemente libera e i sardi sovrani sulla propria terra. Ne scaturì una civiltà dalle caratteristiche peculiari, gli ultimi eredi della quale (i sovrani di Arborea) guidarono una strenua guerra di liberazione e di indipendenza nella seconda metà del XIV secolo e al principio di quello successivo. L’epopea giudicale non ha nulla di un destino di abbandono e di deprivazione, bensì, al contrario, è una palese dimostrazione di ciò che può avvenire se una terra come la Sardegna può essere governata da chi ci vive, non da altri o in nome di altri. Perché tiro in ballo questa strana sindrome da abbandono in salsa storiografica? Perché me l’hanno fatta venire in mente le lamentazioni in stile settimana santa innalzate in merito allo spostamento del vertice G8 dalla Maddalena all’Aquila. Anche in questo caso, si piange sull’abbandono subito. O numi italici sordi e spietati verso i loro veneranti e supplichevoli adoratori isolani! Uno spettacolo alquanto imbarazzante (e nello spettacolo ricomprendo anche, in senso opposto, lo strano understatement, la noncuranza, con cui il maggiore quotidiano sardo, di specchiata fede arcoriana, ha bellamente sorvolato sulla notizia). Eppure, parliamoci chiaro, che abbandono sarebbe? Forse che il G8 alla Maddalena aveva risvolti economici, culturali, politici, o che so io, significativi per le sorti dei sardi? In fondo, gran parte delle opere che si intendevano realizzare, più o meno verranno tirate su lo stesso (specie se troverà conferma la promessa – va be’, fatta da un bugiardo notorio – di un vertice internazionale in materia ecologica, in autunno). Le devastazioni operate sui fondali (necessità di accogliere il mega-panfilo extra-lusso destinato ai prestigiosi ospiti), le deroghe a qualsiasi normativa paesaggistica e/o relativa all’impatto ambientale (ivi compreso il tanto sbandierato – e sacrosanto – piano paesaggistico regionale di Soru), l’oscuramento di qualsiasi indagine circa le conseguenze di decenni di occupazione militare nucleare dell’arcipelago sono tutte cosette fatte e finite, cui non c’è rimedio, o quasi. Di che preoccuparsi, dunque? I maddalenini (ricordiamolo, sono quelli che hanno salutato gli americani, i quali finalmente sbaraccavano dalla loro struttura abusiva, con un commovente striscione: "Ci mancherete!") avranno i loro alberghi e il cemento di cui sentivano l’esigenza, e i sardi non dovranno subire restrizioni sui loro diritti fondamentali (inevitabili, in occasione del vertice), né il pericolo di essere coinvolti in scontri, più o meno occasionali o spontanei, tra manifestanti anti-G8 e solerti forze dell’ordine. Alcuni albergatori galluresi si lamentano della perdita di clientela? Be’, sono i più appassionati sostenitori del piccolo dittatore di Arcore e dei suoi sgherri locali: andassero a piangere merenda dal loro signore e padrone e non rompessero gli zebedei! Insomma, la
Sardegna non aveva proprio nulla da guadagnare da questa comparsata internazionale del G8, e allo stesso modo ha ben poco da perdere dal suo spostamento altrove. Altro che lamentarsi! Chi invece la mette sul piano della mancanza di rispetto, di torto subito da parte del padrone di turno e di schiaffo morale al "popolo sardo", be’, cosa dire? Siamo sudditi… pardon, siamo cittadini italiani, l’Italia è sovrana e non esiste alcun popolo sardo che tenga, nell’ordinamento giuridico statale italico. Se proprio proprio abbiamo tutta questa fregola di essere padroni in casa nostra (come si usa dire con locuzione poco felice), sappiamo che la strada obbligata è un’altra. A meno che l’ideale delle prefiche del G8 non sia invece proprio quello di essere sì servi, ma semplicemente trattati un po’ meglio. Il che lascia pensare che ci meritiamo quel che ci succede.
Omar Onnis
IL LIBRO SUL MONDO DELLA DETENZIONE IN SARDEGNA
"FIGLI DELLA SOCIETA’" DI PAOLO PISU
Caro Massimiliano, grazie per la preziosa documentazione che mi mandi con estrema puntualità e che leggo volentieri. Vorrei chiederti se è possibile presentare il mio ultimo libro FIGLI DELLA SOCIETA’, edito dalla Cuec, nei Circoli dell’emigrazione. Questo perché si parla del mondo della detenzione in Sardegna, sia come essa si è storicamente determinata, durante le lunghe e diverse fasi della dominazione esterna, sia della condizione attuale. Il libro è, ovviamente, contestualizzato a livello italiano ed europeo, trattando di come ci sia stata un’evoluzione del sistema della detenzione e del diritto penale, soprattutto con Cesare BECCARIA. La Cuec, principale casa editrice sarda, mi ha commissionato questo libro per colmare una lacuna sul tema in Sardegna, ed anche per il lavoro che ho svolto da Presidente della seconda commissione del Consiglio Regionale, che si occupa di diritti civili, politiche comunitarie ed emigrazione. La prefazione è del Prof. Giuliano Pisapia, mentre la presentazione è di Don Ettore Cannavera, che dirige la Comunità di recupero "La Collina" di Serdiana. Il libro sta andando bene, tant’è che si sta pensando alla seconda edizione. Nei prossimi mesi di maggio e giugno ho sei impegni: Sassari, Nuoro,Iglesias, Ales, Ghilarza, Isili e Gavoi. Le numerose presentazioni fatte sono andate al di là delle aspettative. I presentatori e coordinatori sono di grande livello: Pisapia, Don Cannavera, Padre Morittu, Don Borrotzu, Don Usai, Prof. Francioni, Prof. Fois, Graziano Mesina, giornalisti come Altea e Corongiu, direttori di carceri o colonie penali, operatori di ogni settore, sindacalisti, e tanti altri. Tu stesso puoi essere coordinatore e presentatore del libro. Se ti può interessare fammi sapere.
Paolo Pisu
LO STUDIO AVVIATO OLTRE 30 ANNI FA PRESSO L’UNIVERSITA’ DI PAVIA
I MANOSCRITTI DEI "QUADERNI DEL CARCERE" DI GRAMSCI
L’Università di Pavia può essere legittimamente orgogliosa di aver contribuito, attraverso le ricerche di Gianni Francioni, ordinario di Storia della filosofia nel nostro Ateneo e attualmente ProRettore per la Didattica e l’offerta formativa, ai decisivi studi filologici sugli autografi dei "Quaderni del carcere" di Antonio Gramsci che hanno creato le premesse per l’edizione nazionale delle opere del grande politico e filosofo sardo, morto esattamente 72 anni fa (27 aprile 1937) dopo 11 anni di sofferenze nelle prigioni fasciste. Due anni fa, il 16 maggio 2007, nell’Aula Foscolo, Giuseppe Vacca, presidente della Commissione scientifica per l’edizione nazionale degli scritti di Gramsci, lo stesso Francioni e Giuseppe Còspito, curatori del primo volume in due tomi di questa edizione (i "Quaderni di traduzioni 1929-1932" operate da Gramsci in carcere), presentarono l’impresa generale e questa prima realizzazione editoriale, pubblicata dall’Istituto dell’Enciclopedia Italiana "Treccani". All’incontro, che fu coordinato da Luca Fonnesu (Università di Pavia), parteciparono il Rettore Angiolino Stella, molti docenti e studenti dell’Ateneo pavese e numerosi appassionati delle opere di Gramsci. Nell’occasione Francioni mise in luce l’apporto dell’Università di Pavia allo sviluppo e alla realizzazione dell’importante progetto editoriale. Egli stesso si è laureato a Pavia con una tesi su Gramsci assegnatagli da Franz Brunetti; è stato incoraggiato verso le ricerche filologiche dal compianto Luigi Poma; Giuseppe Còspito, laureato in Filosofia all’Università di Genova sotto la guida di Francioni e di Edoardo Sanguineti, è ricercatore presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università di Pavia; diversi docenti pavesi hanno contribuito al commento dei quaderni di traduzioni e all’apparato critico: Maria Cristina Bragone, Elena Cotta Ramusino, Lia Guerra, Gianguido Manzelli, Carla Riccardi. Degli studi gramsciani di Francioni presso l’Università di Pavia si sta prendendo coscienza a livello del grande pubblico, in queste settimane, in Sardegna, a seguito di una iniziativa editoriale che mi sembra giusto far conoscere anche fuori dell’isola. Il quotidiano di Cagliari "L’Unione Sarda" sta pubblicando la riproduzione anastatica delle pagine originali dei "Quaderni del carcere" scritti da Gramsci tra il febbraio 1929 e la metà del 1935 e il curatore dell’edizione (sono previsti 18 volumi compreso un volume di saggi introduttivi) è proprio Gianni Francioni. Il quotidiano sta realizzando un progetto ideato dalla Fondazione Istituto Storico "Giuseppe Siotto" di Cagliari, accolto dalla Fondazione Istituto Gramsci – titolare di tutti i diritti della pubblicazione degli scritti di Gramsci – e approvato dall’Istituto Treccani. La pavese "officina gramsciana" (è questo il titolo del primo libro dedicato da Francioni ai Quaderni gramsciani e uscito nel 1984 presso Bibliopolis di Napoli con saggi risalenti alla seconda metà degli anni Settanta) ha permesso di formulare una convincente "ipotesi sulla struttura dei 32 Quaderni" e di pervenire a una sicura datazione della compilazione di ciascuno di essi. Questo lavoro certosino, avviato oltre 30 anni fa presso l’Università degli Studi di Pavia, consente oggi ai sardi corregionali dello scrittore Gramsci di apprezzare la lunga fedeltà, quanto ad analisi filologica e ad inquadramento storico-critico, del corregionale Francioni (originario di
Sassari) ai manoscritti che hanno influenzato profondamente, in tutto il mondo, la teoria politica e la riflessione sul ruolo degli intellettuali.
Paolo Pulina
L’INIZIATIVA EDITORIALE DELL’UNIONE SARDA CHE RIPRODUCE I "QUADERNI DEL CARCERE"
GRAMSCI, IL RIVOLUZIONARIO CHE EMOZIONA ANCORA
"Emozione" è la parola che ricorreva più spesso a Cagliari, nella sede della Fondazione Giuseppe Siotto, durante la presentazione della nuova edizione in copia anastatica dei Quaderni del carcere di Antonio Gramsci, a cura del docente Gianni Francioni, che L’Unione Sarda sta mandando in edicola in questo periodo. L’emozione, in primo luogo, è quella di Giuseppe Marci, il direttore del Centro di studi filologici sardi, che introducendo il convegno ha ricordato la trepidazione con la quale da studente si avvicinò per la prima volta alle testimonianze di quel cervello che il regime fascista, imprigionandolo, si propose inutilmente di spegnere per vent’anni. Una passione, ha detto il docente, che «riscontro anche negli studenti di oggi, quei ventenni ingiustamente sospettati dalla nostra opinione pubblica di essere poco inclini allo studio e all’approfondimento». Ma di emozione ha parlato spesso anche il presidente della fondazione Siotto, Aldo Accardo, tanto nel descrivere l’appassionato stupore dei liceali di Nuoro e di Olbia nell’avvicinarsi al pensiero del fondatore del Pci quanto nel ripercorrere la collaborazione con il direttore editoriale di questo giornale, Gianni Filippini, nel nome dei Quaderni: «È nella verifica concreta dei fatti che noi possiamo articolare i nostri giudizi» ha detto, dando atto al quotidiano di aver condotto una vicenda editoriale «che lascerà traccia e che già suscita interesse e richieste oltre i confini nazionali». Un dato confermato da Gianni Filippini, che ha parlato di «un’operazione vissuta come eccezionale da tutto il comitato editoriale dell’ Unione Sarda , che ha valutato con spirito liberale l’opportunità di pubblicare l’opera di un personaggio complesso e per certi versi lontano dalla sensibilità di molti lettori». I risultati «sono confortanti, anche dal punto di vista della diffusione», e dopo «quelle intellettuali del periodo in cui cominciavo a fare il giornalista», quelle editoriali sono le «nuove soddisfazioni» che il pensatore di Ales gli sta dando. E in tema di soddisfazioni, è massima quella espressa da Giuseppe Vacca, presidente della Fondazione Istituto Gramsci, che ha definito «ardimentosa e felice» la pubblicazione in copia dei Quaderni e la loro destinazione alle edicole, un’azione culturale «in linea con la convinzione di Gramsci che non vi fosse un’effettiva frattura tra "popolare" e "alto", ma una differenza di grado da agire in modo circolare per dare fondamento alla comunità». In quelle pagine, ha spiegato, si legge l’evoluzione del pensiero gramsciano, con la graduale sparizione delle categorie di struttura e sovrastruttura e il termine gruppi sociali che via via prende il posto di classi : un percorso di grande rilevanza nello studio «del pensatore più letto e tradotto del Novecento». E per concludere tornando sul filo delle emozioni, oltre a quelle evocate dal professor Angelo D’Orsi dell’Università di Torino – che ieri, nel settantaduesimo anniversario della morte dell’autore dei Quaderni, ricordava le condizioni in cui fu costretto dal fascismo ad elaborare il suo pensiero e metterlo nero su bianco – ci sono quelle del nipote e omonimo del filosofo di Ales. Nel suo impeccabile italiano dalla cadenza russa, eredità del trasferimento in Urss della famiglia del leader comunista perseguitato in Italia, Antonio Gramsci junior ha parlato con curiosità affettuosa dei messaggi oltre il testo che ancora oggi ci trasmettono quella grafia minuta e ordinata, le correzioni vergate dal nonno, le cancellature. C’è, in quei fogli, il progetto di una cattedrale del pensiero che ancora oggi ispira movimenti di liberazione e nemici dei totalitaristi oppressivi. «In Russia – ha detto -i nuclei giovanili che si oppongono all’ondata montante di formazioni d’estrema destra sono maltrattati dalla polizia. Via internet sono riuscito a mettermi in contatto con il loro leader, uno studente che ha scelto come fonte della sua azione politica proprio i Quaderni.
Celestino Tabasso
RASSEGNA DEL CINEMA SARDO A VILLA BORGHESE A ROMA
L’INIZIATIVA DEL CIRCOLO DEI SARDI "IL GREMIO"
La prima proiezione è stata svolta l’8 maggio presso la Casa del Cinema di Roma di Villa Borghese con il film "L’ultimo pugno di terra" (1965) di Fiorenzo Serra, film documentario, in cui viene rappresentata la Sardegna nel periodo della Rinascita, a metà anni 60, attraverso i suoi molti aspetti e problemi tra cui quello dello spopolamento delle campagne e dell’emigrazione. Il Film è stato restaurato dalla Cineteca Sarda con il contributo della Regione Sardegna. Il film è stato introdotto dal Sen. Giuseppe Pisanu Presidente Commissione Antimafia. Coautore dei testi del film. Sono intervenuti: Ing.Arch. Maria Lucia Baire Assessore della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport della Regione Autonoma della Sardegna; Salvatore Figus, Direttore della Cineteca Sarda; Gianni Olla critico cinematografico. La rassegna prosegue con i film: 22 maggio-ore 19.30 " Pelle di bandito" (1969) di Piero Livi con Enzo Natta. Il film è il primo lungometraggio a soggetto del regista Piero Livi, tra i primi registi sardi, ideatore e curatore, dal 1957 al 1974, della Rassegna Cinematografica di Olbia. 5 giugno– "Crimini – disegno di sangue"( 2007) di Gian Franco Cabiddu Il film, soggetto e di Marcello Fois e sceneggiatura di G. Carlo De Cataldo è ambientato a Cagliari e fa parte di una serie di 8 film prodotta e trasmessa dalla RAI . Le opere sono tratte da racconti di 8 grandi scrittori italiani.
La rassegna cinematografica riprende con i film: il 18 settembre "Jimmy della collina" (2007) di Enrico Pau. Il film è tratto da un romanzo di Massimo Carlotto ed è ambientato in una comunità di recupero per giovani appena usciti dal carcere. 9 ottobre– "Sonetaula" (2008) di Salvatore Mereu. Ultimo film del regista che ha suscitato un grande interesse al Festival di Berlino. Tratto da un libro di Giuseppe Fiori, racconta la storia di un servo pastore in Sardegna tra il 1937 e il 1950. 30 ottobre– "Tutto torna" (2008) di Enrico Pitzianti. Film ambientato nel quartiere multietnico La Marina della Cagliari di oggi. Incentrato sui sogni e le delusioni del giovane protagonista tocca anche il problema della immigrazione/ emigrazione di oggi in Sardegna. Alle proiezioni saranno presenti tutti i registi.
Maria Vittoria Migaleddu
A CAPOLIVERI, SULL’ISOLA D’ELBA PER INIZIATIVA DEL CIRCOLO "BRUNO CUCCA"
MUSICHE E CANTI DELLA SARDEGNA
L’iniziativa – un tributo alle tradizioni musicali e canore dell’antica Ichnusa – è stata organizzata dal Circolo culturale elbano "Bruno Cucca" nel capoluogo del versante orientale. Ad aprire l’evento, la Santa Messa con Canti liturgici in lingua sarda nella Parrocchia di Santa Maria dell’Assunta, dove si è esibita la Corale Polifonica "Giovanni Sedda" di Livorno. Diretta da Mauro Ermito, la Corale dell’Associazione culturale sarda "Quattro Mori" di Livorno è composta da 26 elementi tra soprani, tenori, contralti e bassi. Sempre nella Parrocchia di Santa Maria dell’Assunta, il concerto "Launeddas anima di un popolo": suoni e musiche della Sardegna con il Duo Fabio Melis e La Corale Polifonica "Giovanni Sedda". Diplomatosi in clarinetto al Conservatorio statale di Adria sotto la guida del Maestro Lorenzo Guzzoni, Fabio Melis ha suonato e collaborato con diverse orchestre tra cui la Royal Philarmonic Orchestra di Londra, l’Orchestra di Heidelberg e la Filarmonica dell’Arcadia. Introdotto alla studio delle launeddas da Luigi Lai, massimo esponente della musica popolare sarda, Melis si è esibito nelle principali città e teatri d’Italia e all’estero. Insegnante di launeddas e di didgeridoo, lo strumento principe della cultura aborigena australiana, Fabio Melis è attualmente impegnato in progetti di world music e contaminazione con altri strumenti e generi sino al jazz e al blues. A Capoliveri l’artista ha proposto musiche della tradizione sarda e dei suoi Cd "S’isula", "Roo" e "Ammentu". "Musiche e canti della Sardegna" è proseguita con una sfilata lungo le vie e le piazze del centro storico di Capoliveri.
Patrizia Cucca
CONVEGNO AL CIRCOLO "ANGIOY" DI MARCHIROLO IL 23 MAGGIO
LA LINGUA SARDA NEL XXI SECOLO
Importante convegno al circolo Angioy di Marchirolo: "Sa limba sarda deris e oe": quali prospettive per la lingua sarda nel XXI secolo? L’introduzione a cura di Simone Pisano, vice Presidente FASI, docente di glottologia all’università di Sassari che darà uno sguardo alla situazione linguistica della Sardegna attuale.
Interventi: Bachisio Bandinu antropologo, giornalista, scrittore, saggista: Introduzione socio-antropologica, la cultura sarda dei vari gruppi etnici umani o società primitive e contemporanei, negli aspetti psicologici e religiosi.
Paolo Pillonca Giornalista e scrittore. Esperto e studioso di letteratura e di lingua sarda. La lingua sarda come strumento identitario
PRESENTI: Cetrangolo Pietro, Sindaco di Marchirolo, Tonino Mulas, Presidente FASI, Antonello Argiolas, Presidente Circoscrizione Lombardia.
Gianfranca Canu
APPUNTAMENTO DEGUSTATIVO AL CIRCOLO "SU NURAGHE" DI ALESSANDRIA
GEMELLAGGIO ALL’INSEGNA DEL VINO
La delegazione provinciale ONAV (Organizzazione Nazionale Assaggiatori Vino) di Alessandria ha recentemente organizzato una cena preso il salone del Circolo "Su Nuraghe", in via Sardegna ad Alessandria. L’occasione dell’incontro ha permesso ad un gruppo di Alessandria di accedere alla degustazione di alcuni vini del territorio e anche Sardi che, accompagnati dai salumi della Fenici di Nuramis (CA) hanno dato motivo ad avere numerose persone presso le nostre sale. Alla presenza del presidente dell’ONAV, della provincia Alessandrina: il dottor Lorenzo Morinello, da sempre vicino al Circolo Culturale Sardo, si sono assaggiati numerosi vini Sardi: "Monica di Cagliari, Cannonau di Jerzu, Mandrolisai roso, Cannonau di Sardegna liquoroso, la gustosa Vernaccia di Oristano e il fresco Fermentino di Gallura. Ma anche vini piemontesi quali: Colli Tortonesi barbera superiore, colline saluzzesi rosso, barbera di Monferrato frizzante, eccetera. Sicuramente questa occasione (il quarto appuntamento annuale) di degustazione, rappresenta un prezioso strumento di promozione e divulgazione del mondo enologico e vitivinicolo, ma anche di prodotti tipici del territorio e dell’Isola. Il presidente del Circolo Sardo: "Efisio Ghiani", particolarmente sensibile a questo
tipo di serate, ha apprezzato la validità dell’iniziativa proposta dall’ONAV e, alla presenza di alcuni personaggi illustri come il Procuratore della Repubblica il dottor Di Lecce, e dei direttori della Cassa di Risparmio di Alessandria e della Banca Centrale Europea, ha concluso la serata esprimendo consensi positivi sulle caratteristiche organolettiche dei vini, dei prodotti e ha poi ringraziato tutti gli organizzatori e i partecipanti.
Massimo Cossu
CINISELLO BALSAMO RICORDA LE VITTIME DELLA MAFIA INTITOLANDOGLI UN PARCO
EMANUELA LOI E GLI ALTRI ANGELI DELLA SCORTA
In occasione delle celebrazioni per la Liberazione del 25 aprile, il comune di Cinisello Balsamo, ha organizzato una serie di eventi che sono culminati con l’inaugurazione di Villa Di Breme Forno e dell’attiguo parco. Un convegno introduttivo per parlare della lotta alla mafia per concludere con l’intitolazione del "Parco degli Angeli". E per "angeli", si intende le persone delle scorta vittime delle stragi mafiose del 1992 in Sicilia ai danni di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Questa iniziativa fortemente voluta dal Commissario di Pubblica Sicurezza di Cinisello Balsamo, Angelo Lino Murtas. All’inaugurazione presente il sindaco Angelo Zaninello, diverse cariche della questura di Milano e Palermo. Particolarmente toccanti le testimonianze di Tina Martinez, vedova di Antonio Montinaro e di Antonino Vullo, agente della scorta sopravvissuto all’attentato a Paolo Borsellino. Onori al cippo dedicato così a Rocco Di Cillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani che hanno perso la vita il 23 maggio 1992 a Capaci insieme a Giovanni Falcone; Agostino Catalano, Eddie Walter Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina e la sarda Emanuela Loi che hanno perso la vita il 17 luglio 1992 in via D’Amelio a Palermo insieme a Paolo Borsellino. Il circolo AMIS di Cinisello Balsamo era presente all’evento per ricordare proprio Emanuela Loi: era stata assegnata al nucleo scorte di Palermo dopo la strage di Capaci. Emanuela aveva 24 anni quando morì in via D’Amelio. Era nata e cresciuta a Sestu, paese a pochi chilometri da Cagliari. Amava la sua terra e il suo sogno di essere una poliziotta. Quando arrivò a Palermo disse: "Se ho scelto di fare la poliziotta non posso tirarmi indietro. So benissimo che fare l’agente di polizia in questa città è più difficile che nelle altre, ma a me piace". Fu la prima donna ad entrare a far parte di una scorta assegnata ad obiettivi a rischio. La sua storia ha ispirato il bellissimo film di Rocco Cesareo "Gli angeli di Borsellino". Una pellicola che parla della scorta e racconta tutti i 57 giorni che vanno dalla strage di Capaci a quella di via D’Amelio.
Massimiliano Perlato
DELEGAZIONE SARDA A ROMA ALL’UDIENZA DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI CON LA SARDEGNA NEL CUORE
Circa 750 pellegrini sardi a Roma per salutare il Papa che hanno intonato una toccante esecuzione del "Deus ti salvet Maria", guidata dalle voci dei 200 componenti del coro diretto da don Albino Lilliu, "Benedictus", della Diocesi di Cagliari. A parte questo, una folta delegazione di politici e amministratori dell’Isola. «Incontro emozionante ed affettuoso», l’ha definito Ugo Cappellacci , al termine dell’udienza generale di Papa Benedetto XVI, che ha visto protagonista la Sardegna. «Mi ha salutato ricordando che c’eravamo già conosciuti in Sardegna, anche perché sono stato uno dei pochi ad avere il privilegio d’incontrarlo. Gli ho detto: Santissimo Padre, ricordi sempre la Sardegna nelle sue preghiere e lui mi ha risposto, stia tranquillo, la ricordo sempre ». C’era anche l’assessore alla Cultura Lucia Baire, già a capo del comitato organizzatore della visita del Papa nell’Isola e promotrice dell’incontro a Roma. La Baire ha regalato al Pontefice un grande album di fotografie realizzate da Furio Casini e scattate lo scorso 7 settembre, in occasione della visita di Benedetto XVI a Cagliari. Presenti anche i parlamentari sardi Salvatore Cicu, Giuseppe Cossiga, Mariano Delogu e Piero Testoni. Per la Regione, i presidenti della Giunta e del Consiglio regionale, Ugo Cappellacci e Claudia Lombardo. E poi, gli assessori Valeria Serra e Ketty Corona, il Sindaco Emilio Floris e la manager dell’amministrazione comunale, Ada Lai. Floris ha definito l’incontro con Benedetto XVI «una grande emozione nel ricordo della visita nella nostra Sardegna. Cagliari ancora parla del suo insegnamento magistrale, grazie Santità». A Roma, il Pontefice si è rivolto ai 750 pellegrini sardi nei saluti in italiano al termine dell’udienza generale: «Ho un bellissimo ricordo della mia visita in Sardegna e vi ringrazio per essere venuti oggi qui a ricambiarla. Vi auguro di testimoniare con rinnovato ardore missionario, Cristo e il suo Vangelo». Alla guida del pellegrinaggio dalla Sardegna, l’arcivescovo di Cagliari, il presidente della Conferenza Episcopale Regionale, monsignor Giuseppe Mani, e l’Ausiliare di Cagliari, Mosè Marcia. La giornata romana si è conclusa con un pranzo organizzato dal Comitato per il Papa, al quale hanno preso parte i pellegrini giunti dalla Sardegna.
IL DIBATTITO STORICO SULLA VALENZA DELLA FIGURA DEL NOBEL SARDO
GRAZIA DELEDDA, SEMPRE ATTUALE
Valentina Fiori si è giustamente indignata perché, chiedendo notizie in una libreria sulle opere di Grazia Deledda, ha amaramente constatato che la commessa ignorava il nome della poetessa sarda. Una fortuita combinazione, un incidente di percorso? Leviamoci subito questo dubbio. L’Italia di oggi è anche questa, rotolante sempre più verso una valle non incantata, ma piena di indifferenza e ignoranza. D’altronde, cosa aspettarsi di più da un Paese ormai completamente assorto e gioioso di seguire le miserrime dispute politiche e totalmente dipendente dalla diseducativa televisione? Grazia Deledda e le sue opere creano imbara
zzo e diversità di opinioni anche a tanti decenni dalla scomparsa. Più passa il tempo, tanto maggiore sembra essere, paradossalmente, la sua presenza letteraria. Intendiamoci, anche noi sardi abbiamo avute le nostre colpe, se è vero che allorché viveva in Sardegna, prima del suo definitivo trasferimento a Roma, i suoi romanzi erano contestati inizialmente da una parte non lieve della popolazione, che solo col passare del tempo si sarebbe attenuata. La famiglia patriarcale del tempo male accettava i drammi delle famiglie, le avversità del destino, l’inferiorità palese dell’uomo dinanzi agli "eventi", che evidenziavano in tutta la sua potenza l’impari lotta fra l’uomo stesso e la natura. Ma la sua figura, è bene dirlo senza esitazioni, creò mal sopiti malumori ed una accettazione forzata e controvoglia soprattutto negli ambienti della capitale. In primo luogo per il suo essere "donna", proprio in un periodo, il ventennio, in cui l’Italia aveva necessità di figure maschili che mostrassero i muscoli. Ecco quindi il paradosso: le sue opere, che avevano per oggetto i destini negativi e avversi dell’uomo davanti al fato, ambientate per di più in una Sardegna che all’epoca risultava assai più lontana di quanto non lo sia oggi, erano quasi snobbate dall’ufficialità del regime, ma sempre più lette e apprezzate dai letterati e dalla popolazione. Il culmine si ebbe allorché, tra lo stupore generale, nel 1926 le fu assegnato il premio Nobel per la Letteratura. Ci sono dei risvolti interessanti legati alla reazione dell’Italia del tempo. Senza tanti giri di parole, la notizia venne accolta con molta freddezza. La motivazione era ben chiara: il fascismo sperava che tale premio fosse attribuito a Gabriele D’annunzio, che incarnava alla perfezione l’italianità del tempo: uomo, militare, interventista, amico e ammiratore (in verità a fasi alterne) di Benito Mussolini, audace ed anche fine poeta, è bene aggiungere. Di sicuro, perché niente è dovuto al caso, le opere della Deledda erano assai apprezzate all’estero. Non deve stupire questa apparente contraddizione: la diversità di giudizi nostrana si rivelerà in tutta la sua continuità anche a posteriori. Si prenda il caso di Dario Fo, anche lui Nobel per la Letteratura, assai malvisto nel territorio nazionale da una non lieve fascia della popolazione soprattutto per la sua ideologia, ma addirittura esaltato come un "grande" all’estero, come io stesso ho avuto in diverse circostanze l’opportunità di verificare. Curiosamente, la "disputa" che divise l’Italia fra i sostenitori della Deledda e di D’Annunzio, ebbe un’altra grande donna, l’attrice teatrale Eleonora Duse, la più famosa del tempo, involontaria compartecipe dei due illustri poeti. La Duse fu per anni l’amante nemmeno segreta di D’Annunzio, che galvanizzò le cronache mondane e non solo di un’Italia indottrinata; la stessa attrice, ormai in età adulta, sembra (anche se è sempre mancata una conferma ufficiale) col consenso della Deledda, si cimentò nella sua prima e unica esperienza di protagonista cinematografica nella trasposizione del romanzo "Cenere". Nell’emblematica figura della madre che in un paesaggio aspro dell’Isola si lascia morire d’inedia per il dolore procuratole dal figlio ingrato che l’abbandona per seguire la donna che diventa sua moglie, è racchiusa forse la debolezza interiore dell’uomo di fronte all’ineluttabilità del destino. Quelle ambientazioni sono sempre attuali in terra sarda; quei tempi sono cambiati, ma serpeggia sempre quell’impalpabile senso delle avversità della sorte che pare circondare il destino della popolazione. Sarebbe utile una riflessione su questo aspetto che il trascorrere degli anni rende immutabile. Forse la Deledda ebbe l’intelligenza di capire e anticipare coi suoi scritti quella specie di "fatale destino" che sembra costituire la peculiarità della vita sarda. Il subire quasi con impotenza senza alcun spirito di reazione.
Mario Sconamila
NEL 2008 LA DISOCCUPAZIONE IN SARDEGNA HA RAGGIUNTO LIVELLI DA RECORD
ALLARME LAVORO NELL’ISOLA
Il 2008 è stato un anno nero per la disoccupazione in Sardegna. L’Isola, con un tasso del 12,2%, si è posizionata ai vertici della classifica italiana, subito dopo la Sicilia (13,8%) e la Campania (12,6%). Il primato, poco lusinghiero, emerge dalla Rilevazione sulle forze lavoro pubblicata dell’Istat. A livello nazionale, il tasso di disoccupazione (dato dal rapporto fra le persone in cerca di un posto e le forze di lavoro), dopo nove anni di discesa ininterrotta, torna a crescere posizionandosi al 6,7%, sette decimi di punto in più dal 2007. Come detto, le regioni con il tasso più alto sono Sicilia (13,8%), Campania (12,6%), Sardegna (12,2%) e anche Calabria (12,1%). Al contrario, il tasso più basso si rileva in Trentino-Alto Adige (2,8%) e in Emilia-Romagna (3,2%). In confronto al 2007, il Piemonte e la Sardegna peggiorano i propri risultati nella graduatoria regionale, salendo rispettivamente dalla tredicesima all’undicesima posizione e dalla quinta alla terza. I divari territoriali, sottolineano dall’Istat, rimangono molto ampi: in Sicilia l’indicatore è quasi cinque volte più elevato del Trentino-Alto Adige. Nella disaggregazione per genere, la Sicilia manifesta il tasso di disoccupazione più elevato sia per gli uomini sia per le donne. Il Trentino-Alto Adige, invece, segnala il tasso più basso per entrambi i generi. Rispetto al 2007, la crescita della disoccupazione interessa tutte le regioni tranne il Trentino-Alto Adige e la Valle d’Aosta dove l’indicatore rimane stabile. Sardegna e Campania registrano un aumento tendenziale particolarmente sostenuto. Riguardo ai generi, le regioni con incrementi più consistenti sono per gli uomini sempre la Sardegna (il cui tasso di disoccupazione raggiunge il 9,8%), la Basilicata (l’8,7%) e la Sicilia (l’11,9). Per le donne, il discorso cambia, ma solo leggermente: in testa la Campania (con un tasso del 12,6%), la Sardegna (al 15,9%) e il Friuli Venezia Giulia: in quest’ultima regione il tasso di disoccupazione femminile (6,4%) è comunque di 2,1 decimi di punto più basso della media nazionale. A navigare in cattive acque è soprattutto il Mezzogiorno: Palermo (17,1%), Sassari (16,9%), Agrigento (16,8%) ed Enna (16%) sono le peggiori d’Italia. In ogni caso, nel 2008 solo sei province presentano un tasso inferiore al 3%, a fronte delle quindici del 2007. Soltanto a Piacenza, spiega l’Istat, l’indicatore rimane al di sotto del 2%, sia nella componente maschile sia in quella femminile. Con l’eccezione di Bologna, tutte le grandi province registrano un incremento del tasso di disoccupazione. Tra il 2007 e il 2008 gli incrementi più sostenuti, conclude l’Istat, si osservano a Palermo (dal 15,5% al 17,1%) e Napoli (dal 12,4% al 14,0%), che rimangono le due grandi province con il tasso di disoccupazione più elevato, nonché a Roma (dal 5,8% al 7%) e a Genova (dal 4,4% al 5,4%).
MANIFESTAZIONE IN GERMANIA ORGANIZZATA DAL CIRCOLO SARDO DI BERLINO
MUSICA E DOCUMENTARIO DELLA SARDEGNA
Alla fine del mese di aprile, si è svolta a Berlino la manifestazione del circolo sardo sulla Sardegna. Una giornata divisa in due parti con la presentazione di un viaggio sull’isola, denominata in lingua tedesca "Sardinien tour, region neu entdecken" per proseguire poi con il concerto di launeddas, trunfa e sulittu con Fabio Melis e Susanna Parato, giunti in Germania dopo la tournee in Danimarca. Durante la serata era presente una mostra mercato di specialità della Sardegna. In particolare il pecorino biologico semi stagionato da latte crudo (il primo pecorino della stagione, dai pascoli montani del territorio di Bitti NU), salsiccia Nurasé e pane carasatu artigianale dei fratelli Mannu sempre di Bitti. Inoltre sono esposte opere artistiche in vetro e artigianato in pelle di Bitti. Prosegue intanto l’esposizione della mostra fotografica "Percorsi Verso Gestèmani" di Anna-Paola Corimbi. Laureata in scienze politiche, la giovane fotografa nuorese presenta in questo lavoro una storia d’estremi. Non ci sono grigi, né mezze misure. Impressionano i contrasti, le contrapposizioni, le opposizioni. Il bianco e il nero, appunto. Una storia d’alti e di bassi. Frammenti di vita quotidiana che parlano con noi una lingua visuale.
ALLA RICERCA DELLA PROPRIA IDENTITA’, DELLA PROPRIA ESISTENZA
VILLA VERDE… EPPUR SI MUOVE
Abitanti attuali 370 (dieci anni fa erano 470, cinquant’anni fa 700), famiglie un centinaio, emigrati circa 200, saldo demografico in costante negativo con tendenza allo spopolamento totale. Una grande tristezza attanaglia il cuore quando si pensa che Villa Verde (l’antichissima Bannari) potrebbe scomparire del tutto, per la stessa malattia che cancellò tanti altri villaggi della Marmilla: Bonòrcili e Carcàxia di Mogoro, Sèrzela (Gonnostramatza), Azeni, Pardu, Gòcula (Baressa), Genussi (Simala), Ussarella (Ussaramanna), Sitzamus (Pauli Arborei), Serru (Gonnosfanadiga), scomparsi tra il 1600 e il 1800. Altri cinquanta e più scomparvero prima del 1600, secondo elenca-zioni presenti nel Trattato di pace stipulato tra Eleonora d’Arborea e gli aragonesi (Pietro IV e Giovanni I), nelle Rationes decimarum Italiae (secoli XIII e XIV) e in altre citazioni del Tola, Spano, Angius, Casalis ecc. I sintomi gravi della malattia ci sono tutti. Tra poco, non esisterà più neanche il malato da curare. Eppure, sembra incredibile, Bannari Villa Verde, questo piccolo nucleo abitativo, nel cuore più profondo della Marmilla, dà oggi l’immagine di un attaccamento tenace, quasi rabbioso, alla propria esistenza, alla propria identità, cosa che sembra prerogativa di altri paesi ben più consistenti. Infatti possiede già un piccolo patrimonio culturale di quattro monografie (del suo passato remoto e prossimo e del suo presente e futuro) che ne descrivono la storia: una che parla del passato remoto nei millenni del neolitico, quello della pietra ossidiana e del periodo romano (con il romanzo etnico "Tharsis" del concittadino Vitale Scanu); altre due del passato prossimo con il romanzo "La peccatrice di Bannari" del maestro Palmerio Melis e un saggio storico geografico sempre del concittadino Vitale, intitolato "Mi ritorni in mente"; un’altra ancora del presente e del futuro con "Bachis Frau emigrato", romanzo sociale ancora di Scanu sulla povertà e le speranze di Bannari. Sono lavori letterari che consegneranno al futuro la vita e l’ambiente di questo piccolo villaggio, per sempre. Questi libri costituiscono infatti come un museo di carta che ognuno, quando vorrà, potrà visitare con la lettura e la fantasia. "Forsan et haec, olim meminisse iuvabit": forse un giorno la memoria di queste cose tornerà gradita, come diceva il buon Virgilio. Un importante centro culturale per valorizzare e catalizzare tutto quello che è targato cultura sta per essere realizzato a Villa Verde per la Marmilla, la Parte Montis, l’Arborea e la Trexenta nell’imponente sede dell’asilo orfanotrofio voluto dal grande vescovo Tedde negli anni ’50. E‘ una iniziativa del Consorzio turistico Due Giare in concerto con l’Amministrazione comunale, che si aggiunge al museo comunale dell’ossidiana, a beneficio dei visitatori. Se poi un giorno ci saranno le forze per valorizzare turisticamente la ricchezza paesaggistica della montagna, Bannari avrà tutte le carte per giocarsi il futuro. Da monsignor Tedde (che ad Ales veniva curato dal massone mangiapreti dottor Armandino Corona, il quale rimase profondamente colpito dalla sua povertà e ne prese esempio: "Lo vidi sempre, alle visite in ambulatorio, con le mutande rattoppate"), Bannari venne dotata di una chiesa moderna, iniziata il 28 novembre del 1958. Ma fu un errore radere al suolo la vecchia chiesa del 1700. Già le cronache di allora parlavano di "pietre che si consumavano alla pioggia ed al sole". I lavori durarono quasi vent’anni. Quei materiali inadatti provocarono continui cedimenti e piccoli crolli. La chiesa nuova risultò così un grave sbaglio edilizio, sia per i materiali lapidei utilizzati e sia perché mai riscosse l’affetto dei bannaresi, essendo sovraddimensionata e "fuori gusto" per la piccola comunità. Ebbene, dopo tante speranze abortite, ora una nuova chiesa secondo lo "stile" e il gusto dei bannaresi, sta per essere messa in cantiere. Ancora. L’Amministrazione comunale è intenzionata a realizzare l’albero genealogico dei cognomi storici di Villa Verde, nonché l’anagrafe degli emigrati, che sono circa duecento persone native ma non residenti nel Comune. Iniziative belle, meritevoli e utili, tutte tessere che completano il mosaico dell’identità del paese. Infatti, oltre che valorizzare la memoria del passato (si pensi ai famosi "cinque libri" di Bannari che fanno stato a partire dal 1595!! Sono tra i più antichi della Diocesi), oltre che dare forma all’antichità e all’attualità del villaggio, sono anche la testimonianza viva di come un’Amministrazione intelligente e tenace possa dare il giusto pregio anche alle cose che per altri possono essere insignificanti, ma che sono come i piccoli tesori di famiglia. E’ con questi mezzi che l’amore alla propria terra li trasmette ai posteri. In questi tempi di vuoto assoluto e di distrazione, riscoprire le proprie radici, conservarle e consegnarle ai nostri figli avvolte nel profumo del mirto e del lentischio dei nostri campi è un segno di vera cultura.
Vitale Scanu