di Vitale Scanu
Si è spento venerdì 3 aprile 2009 l’ex Gran Maestro della massoneria Armandino Corona, uomo di grande intelligenza, rettitudine e umanità, un uomo che aveva fatto dei valori della «buona fede, del buon costume, del rispetto dei principi di libertà, uguaglianza e fratellanza» il leit motiv della sua lunga militanza a contatto con il potere, anche ai livelli più alti, principi che lo metteranno in rotta completa con Licio Gelli, il grande intrallazzatore. Repubblicano dal 1964, grande amico di Spadolini, arrivò alla segreteria nazionale dell’Edera, divenendo anche presidente della Giunta regionale. Antifascista, figlio di un esattore anarchico, era nato a Villaputzu il 3 aprile del 1921. Un sardo vero, appassionato cultore dell’autonomia sarda, grande amico di Emilio Lussu e promotore dell’accordo elettorale tra i sardisti ed il Pri di Ugo La Malfa, con cui «ci accordammo quando ci diedero la garanzia di mantenere la nostra autonomia, anzi di rafforzarla». Di famiglia poverissima, confessò, nel suo libro autobiografico "Dal bisturi alla squadra", di aver vissuto sempre a contatto con i poveri. Questa battaglia combattuta accanto ai più deboli indusse il clero a considerarlo comunista. Vinse un concorso per medici e venne mandato nella condotta nella zona di Senis, Assolo, Nureci ed Asuni. «Un angolo di terra più povero e deserto dei paesi del terzo mondo, senza acquedotto, fogne, energia elettrica, scuole». Riceveva uno misero stipendio che gli passava il Comune, ma per suo merito (1949) furono realizzati l’acquedotto, una scuola, l’ambulatorio. Nel 1955 vinse il concorso per la condotta medica di Ales, patria di Gramsci, dove arrivò con una solida nomea di mangiapreti. Ad Ales esercitò fino al 1969. Forse fu per quello e per la valenza sociale della sua attività che in tre anni quella diocesi divenne la più rossa d’Italia, dove "ho avuto occasione di conoscere sacerdoti che in Dio non credevano assolutamente». Prammatico e teorico del dialogo, aveva un rigoroso senso dell’amicizia e una capacità innata di dialogare, a prescindere dalle militanze politiche o religiose degli interlocutori. E’ nota la sua amicizia sincera col grande vescovo Tedde (1948-1982), che era arrivato ad Ales preceduto dalla fama di grande amico dei poveri, e lui stesso era povero, poverissimo. «L’ho annoverato – dice Corona nella sua autobiografia – tra i miei pazienti per circa vent’anni e l’ho sempre visto con le mutande rattoppate… Arrivava a piedi nel mio ambulatorio per far vedere e far capire a tutti che lui continuava a rimettere la propria salute nelle mie mani. Era una prova e una testimonianza d’amicizia e di stima che non dimenticherò mai. Tra me e monsignor Tedde esisteva una comune base culturale: egli aveva uno spiccatissimo senso di giustizia sociale e di tolleranza che solo successivamente, come massone, io ho imparato ad applicare in tutte le mie azioni.»