di Ignazia Scanu
Qualche giorno fa, mentre arrivavo ad Oristano sotto una pioggia scrosciante e un semaforo mi teneva inchiodata allo stop, sotto i miei occhi divertiti è passato uno di quei grandi mezzi che servono a fare pubblicità ambulante. Il faccione del candidato del centro destra mi sorrideva sotto la pioggia con una scritta di contorno che diceva qualcosa tipo: con Cappellacci splende il sole sulla Sardegna. Lo dicono alto, ben vestito, affabile e buon parlatore. Ma è nessuno e lo sa pure lui. Qui la sfida non lo riguarda, qui si sceglie tra Berlusconi e Soru. Tra un padrone non sardo e un padrone sardo. Un padrone non sardo che ha il barbaro coraggio di affermare in tv che Cappellacci è stato scelto dalla base. Ma quale base che sia veramente tale, quindi nutrita anche di aspiranti governatori, tira fuori dal cilindro uno sconosciuto? Un padrone sardo che ha imposto le candidature, tenendo fuori gente che, in proprio, si era già stampato il suo bravo manifesto elettorale, che ora campeggia, solitario, sui muri sbreccati dei nostri piccoli centri. Un padrone non sardo che sta facendo il giro delle sette chiese: mai stato in Sardegna così spesso e così a lungo, ovazioni nella "sua" (ma quando lo è diventata?) Olbia. Un padrone sardo accolto con grande cautela quasi ovunque fuorché dagli studenti. Due padroni e una posta in gioco molto alta, che va oltre la Sardegna. L’attivismo di Berlusconi denuncia paura; perché fino a quando si tratta di competere con un politico le cose vanno bene e il premier non ha problemi, ma quando si discute di un imprenditore di successo, uno che ha i tuoi stessi modi, uno che si è pure comprato un giornale, allora le cose cambiano. C’è il rischio di trovarselo domani competitore a Roma, e il rischio va stroncato. Si consoli il bravo Cappellacci con la botta di fortuna che gli è toccata: in tal maniera.