di Pierangela Abis
Attraverso Tottus in Paris, mi rivolgo alle Donne dei Circoli per promuovere un’iniziativa e cioè:
raccogliere interventi, relazioni, riflessioni e proposte delle Donne dei Circoli che hanno partecipato alla Conferenza di Cagliari nello scorso mese di Aprile. Credo sia importante non vanificare il lavoro fatto e le energie incalanate per quell’evento e mantenere vivo l’interesse per un processo di crescita continua. Alimentare uno scambio di opinioni e ascoltare chi lavora da tanti anni o inizia adesso ad interessarsi e a dare il suo contributo nei Circoli, può essere una forte leva motivazionale per un’interazione più attiva e per nuove proposte. Un caro saluto a tutte
L’INTERVENTO DELL’APRILE SCORSO A CAGLIARI
Nello scenario ormai planetario della migrazione di popolazioni, in tempi di globalizzazione, sono loro le vere protagoniste di questo fenomeno. Sono 95 milioni le donne migranti nel mondo, pari al 49,6% del totale dei migranti. Un fiume silenzioso ma possente che rappresenta anche una straordinaria opportunità di emancipazione e uno strumento di "risveglio" per le comunità di origine. Come era successo alla nostra emigrazione e come succede ancora in parte, le donne sono emigrate e migrano per ragioni diverse, la maggior parte per lavorare in tutte le categorie professionali. Spesso sono super sfruttate, diverse si prostituiscono, ma ci sono anche rifugiate e richiedenti asilo politico. Possono essere giovani, anziane, sposate, single, divorziate o vedove. Molte emigrano con i figli, altre sono costrette a lasciarli nel loro paese di origine. Eppure, solo di recente la comunità internazionale ha cominciato a comprendere quanto queste donne contribuiscano all´economia e al benessere sociale sia dei Paesi di origine che di quelli di accoglienza.. I fondi che queste donne mandano vengono utilizzati per nutrire ed educare bambini, assicurare assistenza medica, costruire case, promuovere piccole imprese, insomma per migliorare le condizioni di vita delle persone care che sono rimaste a casa. Oltre le rimesse economiche ci sono le rimesse sociali e queste sono le idee, le competenze, gli atteggiamenti le conoscenze, i saperi. Salute e istruzione sono dunque fondamentali per innalzare la qualità della vita, e, le donne che hanno avuto fortuna, portano nei paesi di origine i semi di un possibile risveglio sociale e culturale. Le prospettive su questi aspetti del fenomeno migratorio fino ad ora forse non erano state prese in considerazione. Dunque l’emigrazione delle donne come conquista . E’ stato un lungo percorso storico nei secoli che trova riferimenti e archetipi anche nella mitologia. Se pensiamo alla cultura occidentale, la donna è stata sempre tradizionalmente caratterizzata dall’immobilità e attaccamento alla terra in cui è nata. L’immobilismo femminile è stato duro a morire nei secoli, solo l’800 apre un capitolo importante sulla storia della mobilità femminile ma riguarda donne di alta estrazione sociale e con disponibilità economiche. Per le donne appartenenti ai ceti sociali operai e contadini era necessità occupazionale ed è in relazione a questo fenomeno che si è trasformata l’identità femminile. Il viaggio infatti è di per se una forza in grado di trasformare le mentalità individuali e i rapporti sociali. Superando pregiudizi radicati nella nostra cultura, si è arrivati a concepire l’idea che anche una donna potesse partire, emigrare da sola. La scelta di abbandonare per necessità, per scelta o per decisione autonoma ha provocato mutamenti profondi nella vita, nelle aspirazioni, nella consapevolezza di sé dell’universo femminile. Per le donne che restavano ad aspettare e per quelle che partivano, l’emigrazione ha significato comunque mutamento della vita quotidiana, del carico di responsabilità e di lavoro. Nella Storia della nostra emigrazione, le nostre donne hanno percorso questi e molti altri passaggi storici alcuni dei quali sicuramente simili a quelli delle migranti extracomunitarie di questi tempi. Oggi le donne sarde emigrate, in particolare all’estero, di seconda e terza generazione possiedono per lo più, la ricchezza di una doppia, a volte, triplice cultura, che rende più fertile e creativa la loro origine sarda, che esalta il valore dell’identità, della solidarietà, soprattutto verso la partecipazione al percorso di integrazione delle donne di altri continenti, che affronta la complessa questione del rapporto tra le culture d’origine e quelle dei paesi d’accoglienza, e mette a confronto e dibatte le esperienze di lavoro, di vita quotidiana, di vita familiare e lavorativa e di associazionismo, con proposte e progetti, non solo all’interno dei circoli e federazioni, ma anche in altri contesti istituzionali. La donna sarda ha svolto un ruolo importante e spesso determinante nella difficile quotidianità dell’emigrazione, anche per la mediazione che ha dovuto svolgere quotidianamente in famiglia e nelle associazioni fra caratteri e generazioni, fra figli e ambiente esterno, fra differenti mentalità ricreando con l’unità familiare una struttura di sostegno tale da ridurre per l’uomo le difficoltà ambientali ed il peso del lavoro. Le Donne Sarde nel mondo, sempre più coinvolte e nelle strutture sociali, economiche e politiche dei paesi di accoglienza, contribuiscono con la loro presenza ad accelerare il processo di internazionalizzazione della Sardegna caratterizzandosi come strumento prezioso di penetrazione culturale e politica, con enormi riflessi positivi a beneficio della nostra Isola. Le donne sarde emigrate in Italia vivono, condividono e lottano con le altre donne problemi che ancora oggi non sono risolti o sono in discussione o possono migliorare. Il loro profilo o identikit è quello di donne italiane europee che devono far sentire la loro voce per raggiungere obiettivi di successo e realizzazioni che la retorica modernista dà come acquisiti in Italia ma che invece forse sono realtà in altri paesi europei. Ne abbiamo parlato nel nostro Convegno Nazionale sull’imprenditorialità femminile a Milano, dove sono emerse realtà allarmanti in particolare per l’occupazione femminile in Europa. Abbiamo visto in quella sede come ancora si ripercuotono sulle donne i conflitti sui valori della nostra cultura, come il potere delle donne nel nostro paese non sia ancora cambiato, come sia difficile ancora sfondare ai vertici o essere nelle stanze dei bottoni, non facendoci ingannare dalla realtà di ben pochi casi. L’obiettivo della UE è che nei paesi dell’Unione entro il 2010 lavori il 60% delle donne, la media italiana nazionale è del 43%, la media della Lombardia è del 73%. La media della Sardegna ovviamente più bassa. Molte donne cercano l’alternativa al posto fisso o all’emigrazione, aprendo una propria attività. E’ un’alternativa che consente a persone in possesso di idee e capacità, di inventarsi un lavoro e diventare un fattore di sviluppo e ricchezza sul territorio. E’ importante che La Regione Sarda riservi una particolare attenzione per l’imprenditoria giovanile e femminile attraverso una serie di leggi regionali e l’applicazione delle misure operative, che offre agli aspira
nti imprenditori, un aiuto concreto per la creazione di un’impresa in diversi ambiti di intervento. Oggi noi donne sarde nel mondo siamo più che mai capaci di coniugare la difesa dell’identità come valore e collocarlo nel multiculturalismo, nell’intercultura: identità e integrazione quale scambio, confronto dialettico. Siamo capaci di capire e meglio valorizzare le nostre nuove identità individuali che affondano nelle radici culturali della moderna contemporaneità. Siamo capaci di difendere il nostro modello di emigrazione e i nostri valori e condividere un obiettivo di cambiamento positivo dell’identità e della cultura delle donne, nel mondo migratorio e in Sardegna. La solidarietà è stata sempre alla base degli obiettivi dei circoli ed è caratteristica dell’operare delle donne. Nell’attuale contesto culturale di orientamento e promozione, i circoli sono una risorsa e la donna ha ancora oggi una forza come portatrice di valori, trasmettitrice di cultura identitaria e portavoce di istanze di mutamento. Il nostro impegno continua nell’associazionismo e ne garantisce la continuità nel cambiamento. La nostra ottica, il nostro modo di vedere e vivere l’associazionismo è sempre valore aggiunto. Nell’ultimo Congresso della FASI abbiamo chiesto di partecipare e collaborare ai grandi temi della Sardegna da quelli dell’ambiente a quelli della cultura di pace. dA quelli per la salvaguardia del nostro patrimonio culturale, ai temi di sviluppo economico in particolare sull’occupazione. Abbiamo chiesto di partecipare e dare il nostro concreto contributo al nuovo statuto regionale, come emigrate. Essere parte attiva, significa essere più integrate e coinvolte in Sardegna. Non c’è un flusso di comunicazioni che agevoli questo rapporto, non c’è probabilmente curiosità e interesse di conoscere e "sfruttare" al meglio la Sardegna fuori Sardegna. Verificheremo nei nostri circoli e nelle Federazioni come sarà possibile costruire nuove modalità di lavoro o un nuovo sistema che sfrutti al massimo la nostra capillarità sul territorio europeo e internazionale. Abbiamo esperienze e professionalità. Possiamo aiutare la Sardegna con le nostre organizzazioni; possiamo essere delle vere e proprie Agenzie di intermediazione, strutture di riferimento per la Sardegna nel mondo. La nostra "nostalgia" è operatività. La stragrande maggioranza di noi non vuole tornare in Sardegna, ma vuole lavorare per la Sardegna. Ricominciamo adesso e non fra altri vent’anni. Non vanifichiamo gli sforzi reciproci fatti finora, tesaurizziamo tutto e andiamo avanti a lavorare insieme per obiettivi comuni.
Pierangela Abis