di Ester Floris
Era il lontano 1968, quando un intagliatore di sughero in terra sarda, nella bella Gallura, decise di lasciare il suo lavoro di poche lire, per attraversare il mare, assieme alla sua sposa e al suo figlioletto di due anni, sognando un futuro migliore. Lacrime e addii divisero una famiglia numerosa molto unita. Non era semplice quarant’anni fa affrontare una scelta simile, portare con se il niente, alla ricerca di una posizione migliore che potesse permetterti una vita degna d’essere vissuta. Le prime delle tante lacrime che la sposa avrebbe versato, al porto di Olbia, scendevano copiose di nuovo all’imbocco della Valganna, una grande gola verde che rispetto alla profumata macchia mediterranea della Sardegna appariva verdissima ma fredda, forse perché semplicemente sconosciuta. Dopo un viaggio accompagnato da un triste silenzio, che appariva più ai confini della realtà, piuttosto che ai confini dell’Italia del nord, giunsero a destinazione: Marchirolo. Che nome strano e buffo allo stesso tempo, un piccolo paese formato da poche case, gente vera, all’inizio un po’ diffidente ma poi tanto generosa, ai piedi di bellissime montagne dalle punte arrotondate. Dopo la prima dignitosa sistemazione, ambientarsi e conoscere le usanze del paese era necessario. Il tempo passava lento e la voglia di tornare indietro era ancora forte, lavoravano molto e con grandi sacrifici riuscirono a costruire una casa in Sardegna, quella dei loro sogni, non tanto per la sua bellezza, ma perché in quella casa veniva riposto il grande sogno del ritorno. Nel frattempo nacquero altre due figlie. Le vacanze estive le trascorrevano in Sardegna con grande felicità di tutta la famiglia e se per gli sposi significava ricaricarsi per un altro durissimo inverno, per i figli un po’ sardi e un po’ lombardi, era tutto un divertimento in spiagge paradisiache, abbracciati dalle coccole dei parenti. Alla fine di tutto questo, però, tornare a casa era tornare a Marchirolo, dopo il mare, attraversare Varese e imboccare la Valganna significava esserci quasi, era forte la smania di rivedere gli amici, il proprio cortile dove tornare a fare tanti fantastici giochi e rivedere i vicini di casa ai quali stranamente erano mancati. Gli anni passavano, l’amore per la Sardegna veniva trasmesso dagli sposi ai figli, vivo nonostante la lontananza, insieme alle tradizioni, conservate e amate come un tesoro, un tesoro arricchito contemporaneamente dalle tradizioni lombarde e marchirolesi.
sono orgogliosa di te, sorellina bella..
le tue parole sono dolci e vere..
la nostra sardità forte e orgogliosa..
grazie per riuscire a scrivere così bene
quello che è anche il mio pensiero..
maria antonietta
ogni commento è superfluo
sono fiero di te.
“il figlioletto ormai cresciuto, tuo fratello
salvatore floris”