a cura del Coordinamento Nazionale Giovani F.A.S.I.
È con vivo piacere che i giovani della FASI partecipano a questa importante occasione di confronto. Oggi si affrontano temi fondamentali per il futuro del mondo dell’emigrazione. È per questo che ringraziamo coloro che hanno voluto così fortemente che questa giornata si potesse svolgere ed hanno scelto come luogo Cagliari, sede delle istituzioni e dunque simbolo dell’unità del popolo sardo. Noi rappresentiamo quella parte dell’emigrazione organizzata che ha deciso di dare un senso diverso al proprio impegno: in passato i circoli nascevano da esigenze "pratiche", che avevano a che fare più con la dimensione sociale che culturale, una nobile funzione di supporto a un’emigrazione che partiva dall’esigenza di trovare soluzioni più di sostentamento che di affermazione personale intesa a 360 gradi. Attualmente, infatti, riteniamo che non sia più giusto utilizzare il termine "emigrati" se non in termini storici; oggi è appropriato parlare di "sardi fuori dall’Isola". L’emigrazione nei Paesi occidentali non è più così traumatica: si parla di libera circolazione delle persone e delle merci; questo fenomeno di mobilità è sempre più spesso ascrivibile a libere scelte di opportunità; è il caso degli studenti, che lasciano l’Isola per frequentare atenei di eccellenza, oppure sono spinti dall’esigenza di raccogliere la sfida del confronto globalizzato. Ed è anche per questo che il livello di sacrificio a cui sono disposti i sardi che lasciano l’Isola è più basso: prima ci si muoveva per ricoprire posizioni lavorative ritenute di secondo o terzo livello, oggi si sceglie di partire per realizzare progetti ambiziosi. Quel ruolo all’interno del mondo lavorativo che veniva ricoperto dall’emigrazione dei sardi e dei meridionali in genere oggi, è occupato dalla nuova emigrazione, che è quella dei Paesi dell’Est. Le attuali organizzazioni dei sardi nel mondo, a questo punto, come si inseriscono nella dinamica che in questi termini si delinea? Se il ruolo che queste organizzazioni hanno, o ambiscono ad avere in un futuro prossimo, è quello di dare un sostegno alla Sardegna e alla sua immagine, devono necessariamente consolidare il loro essere un network di conoscenze e di risorse culturali. Per fare questo, però, hanno bisogno di grandi risorse, che sono di tipo umano ma anche economico. Questa comunità, che si è retta per decenni sul volontariato e sull’assistenzialismo, purtroppo dimostra evidenti segni di cedimento; in molte realtà il ricambio generazionale non sta avvenendo: i giovani trovano forti resistenze ad inserirsi, a trovare un proprio spazio ma soprattutto a trovare dentro se stessi una spinta motivazionale forte. È vero che bisognerebbe procedere con un’analisi diversificata del fenomeno soprattutto in relazione alle dimensioni delle città e dei paesi nei quali hanno sede i circoli, ma è vero anche ci sono delle problematiche ricorrenti e comuni. Alcuni giovani sono riusciti a farsi largo e a raggiungere posizioni verticistiche all’interno di queste organizzazioni ma dobbiamo registrare, con rammarico, che le loro esperienze si sono rapidamente concluse. È il caso degli amici della Germania e del Belgio. In una società nella quale gli stimoli culturali sono molteplici e ampiamente diffusi, trovare nella sardità un elemento unificante è terribilmente difficile. Non è più una motivazione di aggregazione, si tende sempre maggiormente a cercare, anche in ambito culturale, specializzazioni e approfondimenti. Allora perché un giovane dovrebbe dedicare una parte del suo tempo, tempo che ormai è sempre più risorsa scarsa, e sopportare un pesante costo-opportunità per poterlo impiegare al servizio della Sardegna? Il legame con la Sardegna, che nasce da una spinta anche ideale, e al quale sovente non fa da contraltare un’ altrettanto intensa attenzione da parte delle istituzioni verso coloro che partono, i quali rischiano di sentirsi apolidi, stranieri nella comunità "adottiva" che li accoglie e rinnegati da una certa visione dell’emigrazione non come risorsa ma come possibile base imponibile (e mi riferisco alla tassa sulle seconde case e alle paventate tasse di soggiorno), rischia di dissolversi. La nuova linfa vitale di questo legame intimo con la Sardegna, che è un legame che almeno per quanto riguarda gli emigrati di seconda e terza generazione è mediato e si basa su racconti e su ricordi tramandati ma non vissuti. Questo legame può essere conservato attraverso il coinvolgimento in operazioni di riscoperta del patrimonio culturale sardo. È necessario però che i giovani sentano propri i progetti che si accingono a realizzare. Devono essere sì progetti inerenti la Sardegna ma anche necessariamente devono riguardare interessi propri, personali e professionali. In mancanza di questo le organizzazioni rischiano di procedere ad una mera riproposizione di luoghi comuni ed immagini stereotipate. Nel tentare di perseguire questi obiettivi il coordinamento giovani Fasi ha realizzato diverse attività, che non vado ad elencare per evidenti questioni di tempo, ma credo che sia necessario dedicare un minuto ad un progetto che sta decollando in questi giorni e che ritengo essere un progetto estremamente innovativo. Il progetto, che si chiama Progetto Brinc@, è uno strumento per la promozione e diffusione della nuova musica sarda oltremare. Il progetto ha come obbiettivo quello di dare visibilità agli artisti sardi e nasce dalla volontà di dare un supporto reale all’organizzazione di tour. C’è un gran numero di artisti che ha la necessità di farsi conoscere ed esportare la propria cultura ed arte. Il progetto vuole fungere da collante, diventare un contenitore in grado di creare un ponte tra la Sardegna e il mondo, consapevoli che la Sardegna è sì cultura, tradizione ma anche avanguardia. Questo forse non basterà per risolvere il problema del ricambio generazionale, ma è uno degli ingredienti della nostra ricetta, e ci crediamo. Grazie.