IL DIETRO LE QUINTE DELLA CONFERENZA INTERNAZIONALE A CAGLIARI (TERZA PARTE): I CONTI ECONOMICI E SOCIALI DELL’EMIGRAZIONE FRA LUCI E OMBRE

di GIANRAIMONDO FARINA

5. I GRUPPI DI LAVORO ED IL QUADRO DI SINTESI NELL’ANALISI DEL CESPI. UNA NUOVA POLITICA AMBIENTALE, SOCIALE ED ECONOMICA PER LA SARDEGNA 2030.

Senza dubbio il momento centrale di tutta la Conferenza sono stati i gruppi di lavoro dei delegati, suddivisi per aree d’interesse dall’economia, all’ ambiente, al sociale. Partendo, quindi dalle loro disamine, si è giunti al quadro di sintesi presentato poi dal Cespi. Ed anche questi sono dati su cui dover riflettere. In campo economico, prima di tutto. L’ ottima coordinazione del dottor Daniele Frigeri, direttore del Centro di ricerche, ha fatto emergere, in primis, come i circoli non debbano essere considerati attori economici per natura. Ognuno di loro si presenta con delle competenze interne individuali ed ha la possibilità di attivare reti con gli attori economici.  Dal punto di vista laboratoriale emerge come sia stato più facile individuare gli ostacoli e meno le soluzioni. Il tutto, ovviamente, incluso all’interno di buone pratiche ed esperienze.  Soprattutto utili, queste ultime, per cercare di risolvere l’annosa questione del basso coinvolgimento dei giovani, uno dei temi fondamentali.  Fra le idee ed i progetti molto interessanti ed innovativi, è emerso quello di creare dei luoghi “smart working” in Sardegna ed anche la partecipazione ed il coinvolgimento dei circoli in reti culturali sarde. È il caso eccezionale, portato ad esempio, del Circolo Culturale Sardegna di Monza che, pur non afferendo all’ emigrazione organizzata (non affiliato alla Fasi), per via delle sue fattive battaglie culturali in Brianza, tese a valorizzare Grazia Deledda (è in corso la richiesta di cittadinanza onoraria postuma inoltrata al comune) ed alcuni dei più importanti artisti nuoresi che hanno studiato nello storico I.S.A. cittadino (Istituto d’Arte monzese, antesignano della Triennale di Milano, che quest’anno compie cento anni) come Nivola, Pintori e Fancello, ora, unico sodalizio del mondo dell’emigrazione, entrerà a far parte della grande rete degli enti promotori del Distretto culturale del Nuorese “Atene Sarda”, il più importante, in tal senso, in Italia. 

Importante è stato anche quanto dibattuto e discusso a livello ambientale.  Ne è emersa un’immagine di circoli già attivi, specificando meglio le risorse interne, quelle esterne, gli ostacoli e le soluzioni. Le risorse interne disponibili sono risultate essere varie: dagli esperti di politiche ambientali, agli ingegneri, allo sviluppo della biodiversità e dell’energia rinnovabile e sostenibile. Alcuni di essi sono emersi come già responsabili ambientalmente e possibili esempi di una buona fruibilità e vivibilità del loro territorio.  Molto interessante si è rivelata la ricerca delle risorse esterne, ben individuata nei contatti con le locali università, gli ordini professionali, gli enti locali,le istituzioni europee, gli enti parco e le varie associazioni di ambientalisti. Con riferimento agli ostacoli, ancora una volta, si è “puntato l’indice” contro l’eccessiva burocrazia, la lentezza delle risposte ed il volontariato, essendo il circolo composto da “risorse umane”. Evidente è anche il problema legato ai trasporti e la difficoltà a comunicare, per alcuni, con le istituzioni e gli altri sodalizi sardi. Quali, dunque, le soluzioni prospettate? Innanzitutto si parte dallo stesso sodalizio che deve apparire come una vera e propria risorsa per il territorio, proprio grazie alla straordinaria capacità delle associazioni sarde di “mettersi in rete”. In questo modo si possono creare dei progetti utili in campo ambientale, tali da poter essere esternati in buoni prodotti di comunicazione da presentare al referente unico regionale. Aspetto che non dovrà non tenere conto del ruolo decisivo della politica. Politica chiamata, soprattutto, in causa per la questione delle servitù militari e per il problema idrico. Per questo, dal gruppo di lavoro apposito, è emersa la volontà di chiedere alla Regione di fare conoscere meglio il proprio piano per la strategia sullo sviluppo sostenibile che sia in grado d’interagire con i “Piani di azione ambientali” di cui gli stessi sodalizi sono dotati.  Un’ ulteriore “soluzione” potrebbe essere fornita dal “campo estero”, per cui si è chiesta una maggiore definizione ed un più consistente peso del voto oltreconfine, e dei cosiddetti “ritorni”, ai quali si dovrebbe preferire, dal punto di vista regionale, la “concretizzazione” più incisiva delle restituzioni. 

Il laboratorio “sociale”, ultimo dei tre, ha fatto emergere due considerazioni ed una soluzione. La prima constatazione ha fatto rilevare la grande volontà dei circoli di “mettersi in gioco” con il volontariato e con la capacità di muovere e mobilitare competenze. Tutti aspetti che tendono a rinnovare il “patto” tra la Sardegna ed i sardi emigrati. La seconda considerazione emersa ha, invece, puntato sulla difficoltà di costruire un dialogo intergenerazionale da cui possa realmente “uscire” chi sia in grado di avere le capacità esatte per identificare e scegliere rimedi pratici.  Queste due considerazioni si sono poi “concretizzate” in una possibile soluzione “sociale” rappresentata dall’attitudine di fare dei progetti su lavoro, ambiente ed aspetti socio- sanitari . Ed è proprio da quest’istanza che si è reputata l’opportunità di rafforzare e formare delle persone “ad hoc”. Questo implementerebbe la vitalità dei circoli, contribuendo alla maggiore costruzione di un rapporto fondato sull’ascolto del territorio in cui s’insiste e sulle sue istanze.

Il “redde rationem” finale del Cespi, presentato “in plenaria”, non è stato altro che un “tirare le fila” di quanto discusso e dibattuto in sede laboratoriale e di quanto compilato negli appositi e documentati questionari preventivamente inviati dagli organizzatori ai delegati e da essi eseguito. Che immagine dell’emigrazione sarda ne esce? I dati sono incontrovertibili. Più del 70 % dei delegati ha risposto ai summenzionati questionari. Di essi, il 55 % si trova in Italia. Dal punto di vista della composizione, i circoli presentano una maggioranza di persone non nate in Sardegna. Un punto di snodo esiziale è dovuto all’ età ed al ruolo dei giovani, per cui si è chiesto, da più parti, un ricambio generazionale, in grado anche di aumentare le già ricche competenze interne. Da non sottovalutare affatto la prospettiva di partecipare più attivamente ai bandi con il coinvolgimento di risorse finanziarie, economiche ed umane. Un dato   importante rilevato dai ricercatori del Cespi è quello legato al fatto che la maggior parte dei circoli, purtroppo, non conosce ancora la strategia sarda di sviluppo sostenibile: circa l’86 %, pari a 73 su 84 circoli.  Ma qual’e’ questa “Sardegna sostenibile”? Essa si esplica nelle sei “indicazioni” individuate di una Sardegna più sociale, più connessa, più verde, più intelligente e più vicina. E le risposte dei circoli e dei loro delegati non hanno mai superato il 20- 25 % del totale. Motivo per cui, proprio per la definizione dell’Agenda 2030 per la Sardegna è chiaramente mancato l’apporto dei sardi fuori. Questi dati “stonano” con quell’ 86 % di circoli sardi interessato allo sviluppo sostenibile della loro terra.  Questo perché, sempre tenendo conto dell’analisi del Cespi, l’annosa questione dei trasporti è parte integrante dello sviluppo sostenibile. Alla luce di ciò sono state prospettate delle svolte finali in grado di rendere il mondo dell’emigrazione sarda attore decisivo di “Sardegna Agenda 2030”. A partire dall’aspetto informativo di sensibilizzazione per arrivare, poi, alla creazione di relazioni tra strategie e rapporti con le comunità dove si vive, le regioni ed a livello nazionale. Occorre, quindi, sempre per il centro di ricerca, che le associazioni sarde emigrate, si presentino come dei “ponti” in grado di favorire la collaborazione fra gli attori con relazioni con il territorio in cui si vive (capitale relazionale).  “Ponti” in grado, poi, di trasformare e mobilitare competenze ed iniziative economiche. In cosa, quindi, gli emigrati potrebbero realmente “dire la loro” sulla sostenibilità ambientale della Regione Sardegna? Certamente su accessibilità, continuità territoriale, cultura e biodiversità. E questo si tradurrebbe in una partecipazione attiva “in grado di rompere la bolla dei circoli con gli attori sardi e con il Forum Regionale”. “Passo” ulteriore e finale per la Sardegna, unica regione italiana ad aver parlato di emigrazione all’interno dello sviluppo sostenibile. 

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Un commento

  1. Mi dispiace ma essendo avanti con L’età non riesco a capire il contenuto della questione dei. Circoli e cosa c’entrano con l’emigrazione

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