LETTURA DI “MAESTRE DELL’UNIVERSITA’ SCONOSCIUTA’, UN LIBRO DI BASTIANA MADAU

Bastiana Madau

di GIUSEPPE A. SAMONA’

Un amico, meno inquieto di me rispetto all’implosione fascisteggiante dell’Italia – ma lui ci vive dentro, io la osservo da fuori… – mi chiedeva qualche tempo fa: ma tutto attualmente ti scoraggia nel nostro paese? Non c’è nulla di recente – continuava – che provenga da questa terra disgraziata che ti dia un poco di speranza?

Ci ho ripensato leggendo il prezioso libro di Bastiana Madau, Maestre dell’università sconosciuta (Soter editrice, Villanova Monteleone [Sassari], 2023) – e avrei voluto dirgli (per altro poi gliel’ho detto!): ecco, questo libro mi dà speranza… Perché, in quest’epoca di fosche tempeste, dissotterra un’Italia di galantuomini e soprattutto galan-donne (termine da inventare e diffondere: quanto è povera a volte una lingua…!), la fa vivere, rivivere, e la fa conoscere, anche – c’è da augurarselo – al di fuori dei confini della Sardegna, della e dalla quale l’autrice scrive: per questo, innanzitutto, lo trovo “prezioso” – è l’aggettivo che per me meglio lo definisce, il libro, declinandosi, ripetendosi in tante sfumature…

Le “maestre” (cioè le galan-donne…) sono appunto le donne – principalmente, ma non solo… – che cantano in poesia o poetano (cantadoras) e raccontano (contadoras), ma anche attraverso canti  e racconti agiscono, modificano la realtà, pur perpetrandola in quel che ha di più saldo e (nel senso più ampio del termine) umano, depositarie come sono di un sapere popolare profondo e straordinariamente ricco in Sardegna (cronache, leggende, proverbi, ninne-nanne, arte del ricamo, usi culinari, in particolar modo le diverse maniere originali di preparare e letteralmente dar forma al pane, veri e propri rituali etc.) e responsabili in qualche modo della sua pubblicazione (nel senso primitivo di ciò che è reso pubblico oralmente) e trasmissione, ad uso di diverse età della vita (specialmente importante è, com’è ovvio, l’infanzia), attraverso circuiti non ufficiali – eccola la preziosa “università sconosciuta”, più forte perché meno corrompibile ed esposta ai guasti delle “fosche tempeste” dei circuiti ufficiali, e che merita assolutamente di essere svelata, conosciuta! (E poi anche, di nuovo, povera nostra lingua… povera: perché “maestra” perde rispetto al corrispettivo maschile il senso più alto del nobile magistero, della guida di vita – ben al di là del ristretto ambito scolastico – cui si deve rispetto e gratitudine: ed è proprio in questo senso che il termine acquista valore qui.)

In questa prospettiva, il libretto (-etto solo per quel che riguarda le sue dimensioni, 122 pagine) è nel contempo antropologico, etnologico, e poetico (il tempo che passa, la nostra infanzia), o forse prima di tutto memoriale (è a partire dalla sua esperienza, dai suoi ricordi, soprattutto dalla sua infanzia, giustamente, che l’Autrice racconta); e poi, è concreto e filosofico, e sempre umanista, molto politico (nel senso stretto di quel che riguarda l’affermazione del bene comune, quella che in Italia oggi fa maledettamente difetto): c’è, a partire dalle piccole-grandi cose (su tutte lo splendido excursus sui pani, o ancora l’analisi dei duru duru, le filastrocche che per prime danno forma all’immaginazione infantile e in cui il calore delle parole fa tutt’uno con il caloroso gesto del ninnare) una vera e propria visione del mondo. Mai trionfante, né dogmatica, ma sempre luminosa, anche se a tratti venata di esitante malinconia. Insomma, rara e, appunto, preziosa.

Infine, per i non-sardi – come me – questo libretto è prezioso perché permette di scoprire – in senso assoluto – e ritrovarsi in un viaggio nello stesso tempo spaesante, intrigante, ed estremamente familiare. Mi ci sono ritrovato completamente, io, in ogni parola, in ogni scoperta, come mi ero ritrovato una ventina d’anni fa in Nascar (Poliedro, Nuoro, 2003), una delicata e ancor più breve opera di narrativa, storie di umani, sassi e lucertole ambientata in una Sardegna onirica, eppure riconoscibilissima, più tempo che spazio, intrisa com’è di memoria e nostalgia. L’atmosfera, il filo è lo stesso, ma ora, nel saggio, c’è rispetto al lavoro di narrativa qualcosa di decisamente più ponderato, disincantato, e anche travolgente. Perché i tempi sono oggi assai più cupi, rispetto a vent’anni fa, e non si può più non tirar fuori le unghie, resistere, ed ecco che il libretto assume anche un valore di impegno civile. Questo impegno, del resto, era già evidente nel precedente saggio di Bastiana Madau (Simone le Castor: La costruzione di una morale, Cuec, Cagliari, 2016, 2a ed. 2017), dedicato all’opera, all’azione di Simone de Beauvoir.

Eppure, che l’Autrice mi perdoni (quando si dice mi piace di più, vuol dire che qualcosa c’è piaciuta di meno), qui c’è per me, rispetto al lavoro sulla filosofa francese, qualcosa di più compiuto, di più estremo, anche se paradossalmente Madau gioca, come si dice, chez soi – si tratta di una sorta di magica alchimia che permette al lettore, almeno, a un certo lettore (lo scrivo a partire dalla mia lettura, con dietro le mie conoscenze, le mie esperienze etc.) di scoprire moltissime cose a lui ignote, sentendosi nel contempo, anche lui, completamente a casa: ed è appunto prezioso questo delicato miscuglio di audace, anche in quanto straniante, e di familiare. È audace e familiare – ci si possono riconoscere molti lettori – l’idea delle maestre nascoste, dentro le case e le cose, fuori dai circuiti ufficiali. È audace e familiare l’idea che le lingue come le culture siano case che pur nella loro peculiarità non si escludono ma possono intrecciarsi, completarsi vicendevolmente: sorprendente in tal senso è il capitolo bilingue, ed efficacissimo: soprattutto nel non giustapporre i testi, ma nel farli scorrere l’uno nell’altro (un consiglio per i lettori fuori dell’isola, provate a tradurre il sardo: io ci ho passato un sacco di tempo, ma ne vale pena – si constata quanto questa sia lingua sia nel contempo vicinissima e lontanissima dall’italiano…). È audace e familiare l’idea che la scrittura, per farsi poesia, debba entrare in contatto con la luce concreta e la sofferenza del mondo: altrimenti evapora in futili giochi di parole.

Il libro, insomma, mi è piaciuto, la sua lettura mi segue ancora. Come mi segue e mi interpella il suo taglio femminista, anzi, oltrefemminista: perché lo stare con le donne non è (solo) un partito preso, ma un’evidenza salutare – da un lato (vedi Sergio Atzeni o Costantino Nivola, o ancora Giacomo Mameli e Alberto M. Cirese, il cui ricordo è sempre vivo in coloro che hanno avuto il privilegio di averlo come maestro) fra le maestre ci possono essere anche degli uomini, come se anche questi a volte potessero, rispettando alcuni codici, esser declinati al femminile, dall’altro (come lo rivela il capitolo sulle cantadoras, ma anche quello sul pane, etc.) quel mondo è, oggettivamente, un mondo di donne. Ed è da là, dalle donne, dalla loro coscienza che, se il mondo si può salvare, si salverà, per le donne com’è ovvio ma anche appunto per gli uomini. A cominciare dalla piccola Italia, con la quale questo libro mi ha un po’ riconciliato. (Mentre scrivevo queste righe oltre un milione di persone eleggeva inaspettatamente Eddy Schlein come nuova segretaria del PD: chissà se, al di là della vicinanza o meno a questo partito, Bastiana Madau, come me, vi legge comunque un segnale di speranza e di luce, il primo dopo mesi, anni di tenebre…)

Last but not least. Bastiana Madau dedica il libro alla sua famiglia, ed è normale, giusto, perché è ai suoi figli bambini che per prima ha raccontato molte di queste storie. Ma a me sembra che, nel momento che di queste storie ne ha fatto un libro, implicitamente lo sta dedicando anche ai suoi amici e lettori sardi e soprattutto non sardi, che quelle storie possono conoscere nelle sue pagine. E con ciò esprimo anche l’augurio che questo prezioso libretto possa circolare anche fuori dalla Sardegna. Lo merita, e lo meritano i suoi potenziali lettori. (Benedetta povera nostra lingua: amici, lettori – sottolineerebbe sicuramente Madau – vuol dire anche, innanzitutto, amiche, lettrici!)

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *