L’INVITO DI PIETRO FLORIS, EMIGRATO A PERUGIA: SARDEGNA, UN UNIVERSO DA SCOPRIRE

Pietro Floris

di STEFANIA CUCCU

Molte persone credono che la Sardegna sia un abito griffato o la festa in un club dei vip.

Altri credono che sia un selfie da sfoggiare come trofeo in spiaggia. No, non è così…

La Sardegna è un viaggio tra i sentieri di un’Isola che si apre attraverso suggestioni sempre nuove ed emozioni tutte da vivere tra storia, cultura, tradizioni, leggende e racconti… E’ una madre meravigliosa che non abbandona mai i propri figli e ovunque vadano, resterà sempre nei loro cuori …

Pietro Floris nasce a Nuoro nel 1968, emigrato poi a Perugia dove attualmente risiede per motivi di lavoro, non ha mai perso i contatti, e soprattutto l’amore, per la sua terra d’origine, tanto da entrare a far parte del comitato direttivo del Circolo degli Emigrati Sardi a Perugia fondato nel 2016 ed essere parte attiva nella diffusione della cultura e delle tradizioni sarde nel “Continente”.

A lui si deve anche il progetto “Fuili” una raccolta di scatti fotografici, che potrete trovare sul web, tra i quali, una raccolta di volti di donna, presentati a Perugia durante la manifestazione “Io sono mia” contro la violenza sulle donne; un omaggio alla bellezza femminile e alla Sardegna.

A lui si deve il progetto “Il giardino di Francesca” (http://www.francescabellini.it), un’associazione di volontariato dedicata alla moglie prematuramente scomparsa nel 2012, finalizzata alla raccolta fondi per venire incontro alle esigenze del momento (Ucraina emergenza profughi, Perugia spesa solidale).

L’amore di Pietro per la sua isola è un amore per la Sardegna autentica, non solo quella da mare e da cartolina. Una Sardegna da scoprire soprattutto nell’interno, dove risiedono le nostre tradizioni, dove la storia dei nostri avi cammina accanto a noi attraverso i numerosi reperti di epoca nuragica… Un universo da scoprire, riservato, e che si svela piano, a chi sa andare oltre…

“…Non sentivo parlare che della Sardegna…”

-Dove vai quest’estate?

-In Costa.

-In Costa Smeralda o a sud, in Costa Rei?

-Costa Smeralda, dove sta’ questa Costa del Re. E tu?

-A San Teodoro, più giù. C’è ancora più vita che a Porto Cervo e costa meno!

I primi a parlarne, già a Febbraio, della Sardegna, erano i miei genitori.

Patiti per la barca vela, l’avevano più volte circumnavigata. Anche perché, se poi ti allontani in mare aperto, come fai a trovare l’aragosta, magari cucinata alla catalana come fanno ad Alghero o come fai a farti servire un menù a base di bottarga nel porticciolo turistico di turno, bevendo il miglior vermentino dell’isola. Che poi, per assaggiare il più buono, devi andare nella cantina di Monti.

Ma che ne sanno i miei genitori di cantine sociali, spuntini in campagna, paesini dell’interno che hanno dato i natali a grandi artisti sardi che si sono fatti valere in tutto il mondo. Perché come diceva lo zio di una mia amica, il sardo quando va fuori ha già tutto quello che serve per avere successo nel suo campo. Valori, educazione, rispetto, serietà. Senso dell’umorismo.

Era per questo, perché andavano in barca, che i miei genitori non mi avevano mai portato con loro in Sardegna, troppo piccolo. Era come se avessero stretto un patto scritto con i loro amici, che magari non li avevano avuti, i figli. Niente mocciosi a bordo. Ovviamente i miei mi adoravano, e le loro attenzioni per me durante l’anno erano tante. Scuola, sport, musica, feste con amici, regali. Non mi mancava nulla. Neppure il loro amore.

Se non era la Sardegna la meta della prossima vacanza per i miei amici e parenti, era la Grecia o qualche isola spagnola o ancora più esotica. Ma la Sardegna era la scelta numero uno. Ogni tanto qualcuno gli parlava di posti di mare incredibili, con un’acqua, dei fondali e dei paesaggi pazzeschi che a vederli in foto, quasi non ci credevi. È per questo che ci andavano. Tornavano sempre contenti, ma se qualcuno poi gli chiedeva:

-Meglio della Sardegna?

La risposa era:

-Dai no, però bello…

Come quello zio della mia amica, sempre quello sardo. Era andato in Australia, aveva visto le più belle spiagge e isole australiane, le riserve naturali, aveva esplorato enormi relitti camminandoci dentro lungo il bagnasciuga, si era immerso nella barriera corallina partendo da Cairns, a Nord (o Sud, essendo in Australia) nuotando a dovuta distanza, è sottinteso, sopra ai pacifici squali di quelle acque calde e popolose di cibo. Poi era tornato e gli avevano fatto la solita domanda:

-Il mare com’era, bello come quello della Sardegna?

-E bai tiche!

Che in pratica significa “no”, in sardo.

A me la Sardegna raccontata dai miei non mi piaceva. Si è sempre un po’ ribelli con i genitori ed io forse lo ero anche in questo modo. Ci sarei andato in Sardegna, ma a modo mio.

Non avevo nessuna avversione per il mondo della vela. Né ovviamente per i miei genitori. Anzi della vela mi piaceva e ammiravo tutto. I velisti solitari, le gare di Coppa America, la salsedine in faccia, l’abbigliamento tecnico, la vita sospesa in mezzo al mare. Avevo fatto qualche giro in mare ad Anzio. E poi di scuola di vela, quella di Caprera in Sardegna, mi parlava spesso un’amica della mamma, istruttrice e artefice di bellissime iniziative benefiche con questo fantastico mezzo di esplorazione, anche interiore che è la vela. Ai miei genitori volevo un mondo di bene.

Ma in Sardegna no, non ci volevo andare con i miei genitori, non ci volevo andare in vacanza.

Non volevo ombrelloni e sdraio da affittare, non volevo aperitivi e spritz. Non volevo andare a vedere le spiagge più belle dell’isola e tra le più belle del mondo, magari le avrei scoperte camminando lungo i sentieri che conducono ad esse.

Neppure ci volevo andare per mangiare ad ogni costo il maialino. Magari quello fatto “sottoterra”. Che poi è una mezza stronzata, che quello che fanno i sardi è quello allo spiedo appoggiato a qualche blocchetto di cemento (o come capita). Posto a dovuta distanza da fuoco e arrostito con i dovuti e lenti tempi di cottura.

Volevo viverla, la Sardegna. Volevo perdermici dentro.

Ho deciso, vado così in Sardegna. Vado e basta. Chiamo Luca, Paolo e Filippo, i miei migliori amici. Prendo la mia chitarrina, il sacco a pelo, e le mie scarpe da tennis.

Dico loro che la prima notte dormiremo in un B&B di Nuoro e poi andremo nei paesini dell’interno, tipo Orgosolo e Mamoiada per dirne due, e poi andremo a Dorgali per scendere in pullman a Calagonone, ma giusto perché c’è quello zio di quella mia amica, quello che è andato in Australia e che ci fa dormire una notte a casa sua, dei suoi genitori, a gratis! Poi l’indomani ci facciamo tutta l’orientale sarda in pullman, paesino dopo paesino.

 Sarà un caldo bestiale, ma mi dicono che questa strada sia straordinaria, come un film di Sergio Leone.

E non farò foto, o peggio selfie e non starò in un lido a prendere il sole, semplicemente perché non esistono lidi o bagni in Sardegna. Quelli ci sono in continente!

Non andrò la sera a mangiare la pizza o a passeggiare sul lungomare.

Farò la spesa nel supermercato del paese, seguirò la messa la domenica e la processione nel pomeriggio, quelle processioni dove ogni paese sfila in abito tradizionale e si recita l’Ave Maria in Sardo che assomiglia a quella di De Andrè.

Vedrò dove si allevano i cavalli e i fantini più forti d’Italia, andrò a vedere il Cagliari giocare in casa e visiterò i nuraghi, le tombe dei giganti, le “domus de janas”, e i pozzi sacri, nei più sperduti paesi dell’entroterra.

Vedrò gli artigiani all’opera, quelli dei murales, dei cestini, dei tappeti e dei coltelli. Mi voglio comprare una leppa, così la chiamano a Nuoro. Berrò il vino nella cantina sociale più vicina e andrò a casa del pastore per comprare il suo formaggio; non lo farò venire in spiaggia per vendermelo!

Il giorno parlerò con la gente per strada o al bar, ascolterò la musicalità dei giocatori di “morra” e la sera parteciperò alle feste paesane, quelle dove i cantatores improvvisano versi poetici nel dialetto sardo, e le persone ballano in cerchio al suono di una fisarmonica. E qualche sera anch’io suonerò la mia chitarra nella piazza del paese oppure in spiaggia attorno al falò. E con gli amici proveremo a far innamorare tutte le ragazze sarde che troveremo lungo il nostro cammino. Dicono che hanno occhi color castano o neri da far impazzire!

Tornerò poi a casa, in continente e quando mi chiederanno:

-Com’è andata la vacanza in Sardegna?

Dirò loro:

-No, non sono andato in vacanza in Sardegna. Sono andato in Sardegna. Punto.

E voi,  voi ci siete mai stati veramente in Sardegna?

(Tratto da Figli di Sardegna, racconti di vita II)

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Un commento

  1. Sardegna..una regione da difendere dalla esercitazioni militari,dalla speculazione ..

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