LA ‘TERRA PROMESSA’: LA STORIA DELL’EMIGRAZIONE SARDA IN ARGENTINA PORTA IL NOME DI COSIMO TAVERA

Cosimo Tavera in una immagine del 1950

di STEFANIA CUCCU

Quella che sto per raccontarvi è la storia di uomo il cui nome è destinato a rimanere per sempre nella storia dell’emigrazione e, in particolare, nella storia dell’emigrazione sarda in Argentina.

Lui è Cosimo Tavera, insignito del titolo di “Cavaliere della Solidarietà e della Stella” (da parte del Presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi, e del presidente dell’Argentina) e “Cavaliere della Repubblica Italiana” per le sue doti umane di generosità, per il suo impegno sociale, lavorativo e, contemporaneamente, per la sua grande umiltà.  Nel 2010 ha ricevuto il prestigioso premio “Navicella della Sardegna” dall’Associazione Sardegna Oltre il Mare, premio conferito a coloro i quali hanno contribuito a portare l’Isola all’attenzione nazionale e internazionale.

Ma…per capire la sua storia e la storia dell’emigrazione sarda, è necessario fare un tuffo nel passato: conoscere le vicende di una terra che ha attirato nei suoi confini tanti emigranti da tutta Italia; indossare gli abiti e le paure di chi ha attraversato il mare per ben 23 giorni alla ricerca di un futuro migliore, portando con sè solo una valigia di cartone…

E in questo viaggio saremo accompagnati da Margherita, figlia di Cosimo e oggi “Presidente delle Associazioni Sarde in Argentina e consultrice in emigrazione per la Sardegna”

“Nel 1853 l’Argentina divenne una Repubblica Federale. La produzione agricola del paese era insufficiente al fabbisogno nazionale e i cereali venivano importati pagandoli col ricavato della vendita delle carni. Lo Stato Federale profuse molto impegno nel progetto statale di migliorare la produzione agricola; progetto che attirò gran parte delle popolazioni europee migranti.

Nella Provincia di Buenos Aires già dal 1870 un provvedimento assegnava a giovani coppie di agricoltori terreni gratuitamente a condizione che vi costruissero una casa e che li coltivassero, ma fu la legge varata nel 1876 dal Governo argentino sull’immigrazione che spinse molti a muoversi dall’Italia per tentare la fortuna in Argentina.”

La legge prevede che i territori nazionali venissero divisi in lotti di quarantamila ettari per insediamenti urbani e suburbani, offrendola possibilità di assegnazioni di terreno gratuite; gli unici obblighi sono quelli della residenza e della coltivazione delle terre.

“La ‘Comision de Inmigracion’ si occupò dell’anticipazione delle spese di viaggio agli emigranti e di quelle necessarie per impiantarsi nel lotto assegnato da parte delle società private.”

L’Argentina diventa così, per i lavoratori del vecchio mondo, la terra promessa; gli italiani sono i più coinvolti in questa corsa sfrenata sbarcando negli anni dal 1876 al 1925 in quantità crescenti. 

Nessun popolo della nostra razza ha saputo vincolare alla propria terra la popolazione italiana meglio di quanto abbia fatto la Repubblica Argentina, le cui vastissime campagne e sorprendenti risorse offrono un avvenire sicuro a tutti i lavoratori… alcune centinaia di migliaia di persone si occupano di lavori rurali o industriali di questo paese e si legano ad esso non solamente per interesse, ma anche per affetto, assimilando persino le abitudini degli argentini e, per tutto ciò, si rivelano un fattore di grande importanza per il progresso del paese.

“Alcuni sardi arrivarono in Argentina sin dal finire del 1800 anche se il flusso migratorio forte si verificò dopo le due guerre mondiali. A testimonianza di ciò, noi abbiamo nel circolo due centenari di seconda generazione, nati qui in Argentina; uno è originario di Tresnuraghes e l’altro di Nulvi.”

Storicamente, l’emigrazione in Sardegna inizia in ritardo per vari motivi che vanno dal suo persistente isolamento ad una ritardata spinta della transizione demografica.

I motivi del ritardo dell’emigrazione erano dovuti anche a un carattere temprato alle durezze della vita e alla capacità di tener duro di fronte alle difficoltà, aspetti che hanno trattenuto le persone dall’emigrare, segno di fuga e di resa.

“Le modalità con cui la partecipazione si attuava cambiarono via via, nel tempo e nello spazio geografico. Mentre nella provincia di Cagliari prevaleva il flusso verso il Nordafrica, in quella di Sassari l’emigrazione per l’Argentina fu assai più diffusa, a motivo della presenza di Porto Torres e quindi del collegamento diretto con Genova, il cui porto era uno di quelli abilitati all’imbarco degli emigranti, allora diretti soprattutto verso il Sudamerica.” 

Cosimo con la figlia Marga, Presidente della Federazione delle Associazioni sarde in Argentina

L’entità delle partenze venne poi condizionata dalla situazione economica, diventando espressione della disoccupazione, della povertà e infine della miseria più profonda.  Ma, una volta iniziata, la ‘grande emigrazione’ crebbe rapidamente; fra il 1953 e il 1959 si sviluppò un fortissimo flusso migratorio che coinvolse circa un terzo della popolazione.

“La corrente migratoria sviluppatasi tra il 1953 e il 1959 non aveva origine rurale.”

Il nuovo fenomeno, almeno nei primi anni, non è stata l’espressione della crisi del mondo contadino ma, al contrario, parte dai centri industrializzati del Sulcis-Iglesiente. Il calo del prezzo di piombo e zinco e la diminuzione dello smercio del carbone del Sulcis sul mercato italiano ed europeo, insieme alla mancanza di ogni prospettiva di sviluppo economico nei settori fondamentali della produzione sono le cause principali della crisi mineraria di quegli anni e delle successive partenze.

La cosa più preoccupante è notare che da questa nuova ondata migratoria sta emergendo, sia pure faticosamente e lentamente, una élite: per necessità o per ambizione, gli italiani affrontano ogni difficoltà e riescono a farsi strada.

“I sardi si dimostrano pronti in ogni caso a cambiare tipo di lavoro, a intraprendere vie nuove; migranti che non esitano a caricarsi di appalti e subappalti, a mettersi in società con i nativi, e ad ‘industriarsi’ in mille situazioni.”

Il quadro appare molto più variegato di quanto siamo portati a pensare. Quasi sempre si tratta di attività che li portano a vivere nei grandi centri urbani, soprattutto sulla costa, e che, consentendo maggiori contatti reciproci, favoriscono lo sviluppo dell’associazionismo.

“Di certo non tutto è stato tutto rose e fiori. C’è stato anche l’aspetto negativo. Ci sono stati italiani che hanno avuto successo e quelli che hanno fallito.

I sardi, arrivando in ritardo, non possono cogliere le opportunità legate alla distribuzione di terre, ma si trovarono a vivere lungo le coste, in luoghi dove è più facile il collegamento tra emigrati e questo porta alla nascita delle associazioni.

“A differenza delle altre parti d’Italia, i sardi non arrivavano con le loro famiglie; arrivavano da soli a preparare il ‘terreno’ per il ricongiugimento con i loro familiari. Alcuni matrimoni avvenivano per ‘procura’, a distanza, per favorire l’ingresso in Argentina anche delle mogli che altrimenti non avrebbero potuto emigrare dalla Sardegna. E il desiderio di condividere esperienze, di colmare la nostalgia e di ritrovarsi a parlare in sardo, li portava sempre più a creare delle associazioni.”

Già alla fine dell’Ottocento si ha notizia del formarsi di leghe, di associazioni di mutuo soccorso e nel 1920, del primo circolo sardo.

“L’associazione di mutuo soccorso ‘Sardi Uniti’ nacque nel 1920 ma lo statuto fu stato firmato nel 19 Aprile del 1936, con lo scopo di unire e aiutare i sardi che si trasferivano in Argentina.”

“Unire e aiutare i sardi in Argentina”: questa diventerà la missione di vita di Cosimo Tavera.

Cosimo Tavera nasce a Ittiri (SS) , il 16 ottobre 1924. Figlio di Antonio Nicolò e Maria Margherita Masia, emigra in Argentina con la nave Mendoza, battente bandiera Argentina e arriva a Buenos Aires il 24 marzo 1949.

Determinato e ottimo lavoratore riesce a dimostrare le sue capacità, a rendersi autonomo ed a organizzare una sua imprese edile che, a partire dagli anni cinquanta-sessanta, si inserisce a pieno titolo fra quelle più grandi e affermate dell’Argentina.

“Mio padre venne in Argentina come muratore. Aveva un contratto biennale con l’azienda ‘Casiraghi di Alghero’. Pensava che dopo i due anni sarebbe rientrato in Sardegna invece si distinse come ottimo lavoratore, e a quel contratto fecero seguito altri contratti nel campo dell’edilizia.

Visse in Patagonia per 5 anni, dal 1951 al 1955, dove acquisì lavori in subappalto dalla ditta tedesca Gruen & Binffiken, impegnata nella realizzazione della diga “Florentino Ameghino” sul fiume Chubut, per la quale realizzò opere civili, case, capannoni …Lavoro durissimo, in un clima rigido e in grande isolamento.

Terminato l’impegno in questa regione, dove ricevette fiducia per il lavoro svolto, con la ‘certifiaciones’ di avere realizzato quanto richiesto alla perfezione, tornò Buenos Aires, dove continuò ad esercitare nell’edilizia, soprattutto nella costruzione di abitazioni civili e di strutture in cemento armato. Finchè nel 1958, a seguito della crisi nel campo della edilizia, con la sua forza di carattere, diede vita a una attività industriale di insaccati denominata “Sarda Società Anonima Commerciale e industriale, che nacora oggi dà lavoro a tanti emigrati sardi.”

Nel 1958 Cosimo si sposa con Silvana Silvestri e della questa unione nascono Marga e Tony.

“Aveva solo la quinta elementare e quando arrivò in Argentina parlava solo il sardo però ci ha tenuto che noi figli studiassimo. Abbiamo imparata l’italiano insieme a lui, grazie alla tv e ai giornali italiani.

Lui era molto nostalgico della Sardegna.”

La Sardegna che certamente ritorna costante nei suoi pensieri, la trova nell’accogliente e materna “Associazione Sardi Uniti” di Buenos Aires nata nel 1920 per riunire, seguire, assistere, e dare solidarietà ai numerosi emigrati sardi in Argentina.

Cosimo collabora attivamente, diventa presidente del circolo di Buenos Aires, apprezzato e amato, per diversi mandati e poi aiuta la nascita e crescita di tanti altri circoli di sardi, sparsi in quel vasto Continente sudamericano.

Ma ogni storia porta con sè un’altra storia e anche questa non fa eccezione…

La storia di uomo che va alla ricerca di tutti gli emigrati sardi presenti in Argentina.

La storia di uomo che porta con sè una grande ferita nel cuore.

Lui aveva tre zii di cognome Masia, i fratelli di sua madre, che erano partiti in Argentina nel 1920, ma di loro si erano perse le tracce. Nessuna lettera, nessuna notizia che facesse capire cosa gli fosse successo…

Mio padre andò alla ricerca di tutti i sardi presenti in Argentina per cercare di trovare anche loro. Nel 1949 trovò solo Gavino, in uno stato di profonda indigenza. Lo aiutò nelle cure e nel lavoro, ma il suo stato era talmente grave che morì poco dopo. Da lì capì che forse anche gli altri fratelli erano caduti in povertà e probabilmente, non avevano fatto avere notizie per la vergogna di far conoscere le loro condizioni.”

Una ferita che lacera il cuore e che Cosimo cerca di rimarginare prendendosi cura di tutti i sardi presenti in Argentina, andando a cercarli, radunandoli in associazioni e aiutandoli a trovare lavoro.

Dal 1970 al 1978 e dal 1988 al 1996 Cosimo diventa il presidente della “Associazione Sardi Uniti”. Nella sua veste di dirigente degli emigrati sardi in Argentina si impegna nella costruzione e nel riconoscimento della rete dei circoli sardi, fino a costruire la Federazione, che attualmente conta 7 circoli.

Dal 1988 al 1996, diventa componente del direttivo delle ACLI e delegato per l’Argentina in seno al Comitato Emigrazione delle ACLI – SARDEGNA.

Dal 1989 al 1994, designato dai circoli sardi in Argentina e nominato con decreto del presidente della Giunta regionale sarda, ricorpre l’incarico di Consultore in emigrazione, svolgendo con lealtà e passione il compito affidato dalla comunità sarda in Argentina e dalle autorità della Regione sarda.

Dal 1989 al 2009 ricopre l’incarico di presidente della Federazione dei circoli sardi in Argentina. contribuendo a formare una nuova classe dirigente dei circoli sardi, promuovendo la rappresentanza femminile, (sotto la sua presidenza, 5 presidenti di circoli su 7 erano donne).

Inoltre promuove, con l’aiuto di alcune associazioni di tutela, in primis l’ATM “Emilio Lussu”, corsi di formazione per i giovani, favorendo il ricambio generazionale.

Oggi l’Argentina è fra le federazioni dell’emigrazione quella che vede la maggiore presenza nei circoli di giovani sardi di seconda e terza generazione!

Dal 1992 al 1997, Cosimo è consigliere del “Comites” della Circoscrizione Consolare di Buenos Aires. Negli anni bui della dittatura Argentina, si è adopera per salvaguardare il circolo dei sardi, proteggendo per quanto possibile coloro che ne avevano bisogno.

Nel 1968 viene realizzata una piazza dedicata alla Madonna di Bonaria, la cui statua arriva di rettamente da Cagliari. Legame di fedee di amore alla cui realizzazione contribuiscono il presidente dal circolo allora Fausto Falchi e Cosimo Tavera.

Come presidente della Federazione, durante la gravissima crisi Argentina, agli inizi degli anni 2000 coopera con il “Progetto di solidarietà con l’Argentina”, promosso dalla Regione Sardegna, a favore degli emigrati più poveri particolarmente colpiti dalla crisi, con distribuzione di sussidi e di medicinali.

Una lista infinita di incarichi, riconoscimenti che hanno come sfondo l’amore, la solidarietà e l’umiltà…

Cosimo abbandona questa vita all’età di 93 anni lasciando un grande vuoto nel cuore di chi lo ha conosciuto.

“Mi padre è morto nel 2017, mia madre lo ha seguito 10 mesi più tardi. Non riusciva a vivere senza di lui. Avevamo pensato di farla stare un periodo in Sardegna per ripredersi dal lutto, ma di passaggio per Milano si ammalò e passò tre mesi al San Raffaele, dopo di chè la riportammo in Argentina dove morì una settimana più tardi. E ora riposa accanto al suo amato compagno.

Lei era abruzzese, trasferita da bambina in Argentina insieme alla sua famiglia, ma assimilò la cultura e l’amore per la Sardegna tanto da divenire una delle cuoche migliori del circolo.

Tutte le associazioni hanno qualcosa di bello, ma quella Sarda ha un qualcosa di diverso. Il sardo ti apre le porte, è generoso. Non solo il circolo è una grande famiglia, ma la Sardegna tutta è una grande famiglia. E di questo mi sono resa conto sin dall’età di 20 anni, quando per la prima volta venni in Sardegna. Sono stata accolta in aereoporta da tanta gente: era tutta la famiglia di mio padre, ma in Sardegna tutto è famiglia, anche gli amici!

Tutti sono disposti ad aprire le loro case e a donare. La gente è aperta e solidale. E questa sensazione l’ha provata anche mio figlio e poi i miei nipoti.

Questo amore ti rimane addosso come una seconda pelle. E una volta messo piede in terra sarda porterai sempre nel cuore quell’amore che ti è stato donato gratuitamente.”

Oggi Margherita Tavera è “Presidente delle Associazioni Sarde in Argentina e consultrice in emigrazione per la Sardegna” e porta avanti con impegno e dedizione il grande lavoro iniziato da suo padre.

Mio padre diceva sempre che senza una connessione con la Sardegna la nostra attività, la nostra storia, perdono significato. Devono sapere che ci siamo e abbiamo bisogno, non di soldi ma di idee, proposte, entusiasmo, organizzazione, competenze. Sennò torniamo indietro, torniamo all’abbandono.

Caro Cosimo, se è vero che nella via siamo di passaggio, il tuo il ‘passaggio’ su questa vita ha lasciato tracce importanti destinate a restare nella storia… e per me, raccontare la tua vita, oltre a essere un grande onore, è un modo per rinnovare un legame tra un’isola e i suoi figli sparsi nel mondo. I figli di Sardegna…

(tratto da “Figli di Sardegna, racconti di vita II di Stefania Cuccu)

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4 commenti

  1. Grazie Stefania Cuccu per aver pubblicato la storia di mio padre nel tuo libro e Grazie a TOTTUS IN PARI per l’attenzione

  2. Cosimo Tavera, cugino di Cosimo Masia… Mio nonno, emigrati insieme come molti ittiresi in cerca di fortuna! Saludos desde Cerdeña a todos Circulo Sardi Uniti

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