CARRASECARE SINISCOLESU, LA SUA STORIA

di LUCIA BECCHERE

Fino agli anni sessanta ciò che caratterizzava su carrasecare siniscolesu era la corsa dei cavalli detta Su puddu de carrasecare. La manifestazione si svolgeva nelle cosiddette carreras de su puddu (le strade del gallo) durante gli ultimi tre giorni del carnevale davanti ad un pubblico divertito.

Sa Sartilla Siniscolesa in origine aveva luogo nella centrale via Sant’Antonio, in seguito fu delocalizzata a Su Ponticheddu, rione compreso fra l’incrocio di via Roma, via Sant’Antonio e il Ponte di Ferro in quanto il percorso inghiaiato permetteva ai cavalieri di cimentarsi nella tradizionale corsa.

Un pollo veniva legato a testa in giù ad una fune issata di traverso alla strada. Il capitano della Compagnia barracellare organizzatrice, cappello nero e visiera lucida, brandendo la spada per benedire la vittima con un segno di croce, dava inizio alla competizione. Lui per primo avrebbe tentato di decapitare il povero pollo per aggiudicarsi il trofeo, seguito dai cavalieri incitati e acclamati dalla folla col lancio di coriandoli e stelle filanti. Ogni partecipante disponeva di sei tentativi per riuscire nell’impresa (Giovanni Grecu – “Luiseddu” 1997).

Questo rito, segno di arretratezza culturale del pensiero positivista, venne abbandonato perché considerato troppo cruento e ripristinato con un pollo già morto. 

Altre manifestazioni, racconta ancora Giovanni Grecu, venivano animate dai Tintinnatos, tipica maschera siniscolese dal viso annerito di fuliggine o sughero bruciacchiato. Uomini con abiti femminili e donne con abiti maschili portavano alla cintola rumorosi campanacci, impugnando forconi per scacciare il male mimavano scenette improvvisate. Mentre i carozzatos (mascherati) indossando al rovescio vecchi indumenti, alla cintola grossi campanacci al pari dei tintinnatos, il viso nascosto da una maschera di pelle di capra, pecora, oppure legno e stoffa, si divertivano a rappresentare personaggi fantasmi come Maria Pettenedda, Boboi, Bainza Porthola  e Correddu (il diavolo).

Per tutta la durata del carnevale, nelle piazze del Mercato, di Sant’Antonio e di Funtana donne in costume e uomini in cusinu si lasciavano andare a spettacolari balli accompagnati da su sonette de tziu Piliche ‘e Jana e di Tziu Caca Inari.

Il mugnaio di Frunch’e Oche, Zoseppe Taras, per tutti tziu poeta, su di un carro agricolo conduceva un pupazzo con le sembianze di una donna gravida, mettendo alla berlina personaggi noti, si faceva riempire di vino la botte ben nascosta nella pancia e offrire vusones e urillettas preparati in abbondanza dalle massaie.

Secondo quanto scrive l’abate Angius nel dizionario del Casalis -1833, la donna incinta veniva raffigurata anche con l’utilizzo di una corbula capovolta mentre Dolores Turchi, a cui si devono gran parte degli studi antropologici sulla manifestazione, in “Maschere, miti e feste della Sardegna” -2011, sostiene che si tratta della rappresentazione volgarizzata degli ultimi retaggi del culto dionisiaco.

Non solo divertimento ma anche satira a sfondo politico.

Il fabbro ferraio Tziu Manuelle Vrore, in pieno ventennio fascista, vestito da Negus percorreva le vie del paese seguito dai Figli della Lupa e Balilla intonando Faccetta Nera, mentre la folla insorgeva ricoprendolo di sputi e insulti.

Tziu Sarvadori, al canto di: “Noi siamo le speranze della Nuova Italia”, conduceva per il paese finti menomati fisici, armati di scopa portata a spall’arm e per elmetto un vaso da notte arrugginito. La manifestazione ritenuta sovversiva dal segretario del partito veniva sciolta dai carabinieri.

Alla mezzanotte del martedì grasso i giovani intonavano languide serenate alle signorine mentre i rintocchi delle campane annunciavano la Quaresima.

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2 commenti

  1. Salvatore Cartasa

    Bravissima Sig Ra Lucia Becchere, ns onorevole concittadina che ben rappresenta buona parte della storia antica del mascheramento Thiniscolese. Però ci sarebbe anche traccia nell’ usanza antica , anzi storica delle figure di ” su Voe Jaccu e de S’ Orcu de Montiarvu.

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