TOCCARE CON MANO LA STORIA PER COMPRENDERLA E AMARLA: LA SPERIMENTAZIONE METALLURGICA DI ANDREA LODDO CON LA PASSIONE PER L’ARCHEOLOGIA

Andrea Loddo nella foto di Francesca Biccone

di STEFANIA CUCCU

La Sardegna rappresenta un’unicità a livello mondiale per il suo passato. Siamo la terra più archeologica del mondo e orgogliosi di essere eredi di un’antica e grande civiltà.

Oltre 7000 i Nuraghi censiti: siamo stati il popolo più edificatore al mondo! Le Torri nuragiche erano le strutture più alte d’Europa e le seconde strutture più alte al mondo 500 anni dopo le Piramidi.

In Sardegna c’è un mondo immenso: opere anche megalitiche, sculture e statue realizzate in bronzo o in pietra, come la recente scoperta dei Giganti di Monte Prama, che a oggi non ci hanno ancora svelato il motivo della loro esistenza, e poi Domus de Janas, Tombe dei giganti e i Bronzetti nuragici.

I Bronzetti nuragici rappresentavano tutte le caste del periodo nuragico: pastori, sacerdotesse, capi tribù, arcieri, spadaccini, ma anche mobili, navicelle, modelli di nuraghi, animali…

Ed è proprio dai bronzetti nuragici che prende avvio il percorso di vita, e di lavoro, di un ragazzo sardo che, attraverso l’archeologia sperimentale, ci porta alla scoperta delle nostre origini.

Andrea Loddo nasce a Cagliari nel 1976 e dall’età di due anni vive a Lanusei, in Ogliastra. Sin da piccolo mostra amore e curiosità verso la storia del popolo sardo.

“Il mio percorso è un po’ particolare…

Inizio ad appassionarmi all’archeologia e ne capisco il valore quando avevo 5-6 anni perché mio padre andava spesso a visitare i siti archeologici… e io lo seguivo.

Mi capitò di visitare con lui un sito molto curioso: una piccolissima Tomba dei Giganti nel territorio di Villagrande Strisaili (vicino ai boschi di Santa Barbara).  Questa Tomba dei Giganti mi incuriosì talmente tanto che iniziai a chiedere informazioni e mio padre mi raccontò una storia un pò fantasiosa di un piccolo principe che stava in una piccola tomba… Mi incuriosì con informazioni non vere che però scatenarono in me qualcosa di più grande: la sete di conoscenza.

Fui attratto anche da quella che era la ricerca del tesoro: la ricerca dei bronzetti!

Al tempo, negli anni ’80, c’era un grande mercato archeologico, venivano trafugati tantissimi reperti  che poi venivano venduti. E questo arricchiva le tasche di chi andava a cercarli.

Allora non si dava un valore storico a questi reperti, così come si fa oggi; c’era una grande ricerca e al mio essere bambino affascinava l’idea del ritrovamento di questo oggetto che da un momento all’altro avrebbe potuto cambiarti la vita.

Questa fantasia di andare alla ricerca di un tesoro pian piano andò a morire, mentre al contrario cresceva in me la curiosità verso il nostro passato e la nostra storia.

foto di Francesca Cossu

Ebbi la fortuna di frequentare, a scuola, un corso sperimentale di cultura sarda.  Un corso serale di due giorni a settimana (che venne attivato solo nella mia sezione) dove professor Deplano parlava di Nuraghi e di Tombe dei giganti, che mi interessavano tantissimo. Anche quello fu un altro tassello importante della mia vita.

Un altro fatto che ricordo molto bene fu quando in terza media mi fecero leggere un trafiletto da un libro intitolato “La storia dei popoli del mare”. Quando arrivò il mio turno io lessi proprio la parte che riguardava gli ‘Shardana’ che attaccarono l’Egitto e feci subito il collegamento (anche perché i bronzetti avevano lo scudo tondo e gli elmi cornuti nelle rappresentazioni del libro) chiedendo al professore: “Non è che questi Shardana fossero sardi?” Il professore mi disse che non si sapeva e che questa mia affermazione avrebbe potuto anche rivelarsi veritiera.

Questa sua risposta a una domanda fatta di cuore, mi colpì. Pensai che se fosse stato così allora i sardi furono veramente importanti nella storia e questo mi riempì di orgoglio. Pian piano capì che quell’orgoglio non era altro che la scoperta delle mie origini, dei miei avi che mi riempiva l’anima e il corpo di gioia e di amore. Una sensazione che mi vibrava dentro e che mi faceva capire che questa cosa era troppo importante per non essere valorizzata.”

Andrea mostra sin da piccolo il suo talento…

Ognuno di noi possiede dei talenti, attitudini naturali in cui eccelle senza sforzo pur non avendo ricevuto alcuna formazione specifica.

Si tratta di un bagaglio di abilità connaturato all’anima come parte integrante della nostra unicità.
Non sempre però ne siamo consapevoli e spesso, per paura, lo teniamo sopito.

Ma quel talento, quel bisogno primitivo, istintuale è come una parte di noi che attende silente di essere liberata.

“Come ogni giovane feci i miei percorsi di studio diventando geometra. Dopo il servizio militare feci un corso di autocad in 3d utili in campo tecnico, ma sempre tenendo vivo il mio interesse verso l’archeologia.

Entrai a lavorare all’Ospedale di Lanusei come tecnico geometra e ricordo che restavo oltre l’orario di lavoro per potermi collegare al pc e proseguire le mie ricerche storiche. Scaricavo immagini e mi documentavo con libri di Professor Lilliu e altri che mi portassero a conoscere le mie origini.

Nel 2011 creai un’Associazione, che è ancora attiva, dal nome “C.R.O. sulle tracce di Dan” (C.R.O. sta per Centro Ricerche Ogliastra e, sulle tracce di Dan, sta per tutti i popoli collegabili alla Sardegna, come i Shardana, e lo stesso popolo sardo). Insieme ai tre ragazzi con cui avevamo attivato l’Associazione partecipai a un corso di riproduzione archeologica con l’utilizzo dell’argilla, della durata di tre giorni, ad Ardauli, dove c’era una docente considerata la più brava in Sardegna in questo settore.

Imparai rapidamente la lavorazione dell’argilla forse anche frutto del fatto che da bambino avevo due giochi: la plastilina e le costruzioni che mi hanno aiutato a sviluppare la capacità di manipolazione e di creazione.

Dopo questo corso non mi fermai più. Chiedevo ferie a lavoro per realizzare questi oggetti… uno, due, tre… tanto che non uscivo più di casa, quasi a volermi riappropriare della riproduzione di un reperto realizzato 2000, 3000 anni prima… se non oltre!

Dopo varie mostre e anche trasmissioni televisive, nel 2013 iniziai la sperimentazione metallurgica. Abbandonai tutte quelle idee di decorazione dell’argilla e mi occupai della metallurgia, con la quale poter ottenere tanti oggetti che potevano avere una durata eterna grazie a un materiale come il bronzo che durava più del ferro. E di questo sono convinto che i nostri avi fossero a conoscenza!

Intrapresi un percorso unico al mondo del quale nessuno poteva insegnarmi qualcosa: un percorso di sperimentazione vero e proprio partito dal reperimento del carbone, col quale si poteva arrivare dalle temperature di fusione dei metalli. Cercai di riprodurre una fornace come quella di allora e iniziai così a realizzare delle piccole lame di epoca nuragica.”

foto di Francesca Cossu

Andrea studia le tecniche di cottura, si cimenta nella lavorazione del cuoio, poi passa alla fusione del bronzo. Rimedia tagli, sbucciature, ustioni, ma quando vede quegli antichi oggetti prendere vita, piange di gioia. Mostra le sue riproduzioni a degli esperti, riceve complimenti e tante richieste. Quel bisogno istintivo, privato, si trasforma in un vero lavoro e in una missione di vita.

“La fusione dei metalli è un lavoro pericoloso tanto che mi capitò di bruciarmi.

Compresi così il mondo metallurgico. Iniziai con la creazione di piccole lame e di piccoli pugnali fino a che arrivai ad avere una lama che si otteneva con due calchi di valva, cioè scolpendo due tavolette e utilizzando il 50% dalla silhouette di una tavoletta e l’altro 50% dall’altra. Chiudendole assieme e versando all’interno il metallo fuso si andava ad ottenere degli oggetti simili a quelli realizzati in epoca nuragica, ma soprattutto, dallo stesso calco si potevano ottenere più oggetti identici!

Dopo questa fase mi impegnai nella creazione di un bronzetto; il processo di studio mi portò alla tecnica della cera persa.

La tecnica della cera persa è una tecnica molto particolare che è diffusa in tutto il Mediterraneo ed è usata tutt’oggi dagli orefici (anche se con elementi diversi). In epoca nuragica si usavano dei forni a carbone che venivano soffiati con dei mantici per dare ossigeno e aumentare la temperatura all’interno della camera di combustione.

Oggi abbiamo forni elettrici, i forni a gas e le centrifughe che spediscono in pressione il metallo all’interno dei gusci.

Oggi si usano cere sintetiche: al tempo dei nostri avi si utilizzava la cera delle api e io sono partito proprio da questa.

Iniziai a lavorare la cera delle api e mi riscoprì artista. Con la lavorazione della cera riuscivo a vedere l’espressione dei bronzetti: riuscivo a vedere dei dettagli e riuscivo a replicarli.

Feci 7000 prove e 700 collaudi per capire quale fosse il materiale di inglobamento della cera (attualmente si usano i gessi refrattari moderni, ma, all’epoca, non vi erano i gessi).

La conoscenza delle terre, che appresi quando lavoravo con l’argilla, mi aiutò tanto da permettermi di arrivare a una formula dell’argilla mista ad altre sabbie che mi dava le caratteristiche necessarie per poter realizzare un bronzetto.

Seguirono due anni di prove e collaudi nella campagna difronte a casa mia, con momenti spesso scoraggianti perché non riuscivo a far scendere il metallo fuso in tutte le sue parti a completare l’oggetto.

Capii più tardi che questo era dovuto al fatto che non eseguivo certe tecniche nel modo giusto.

L’ultimo oggetto (un piccolo toro) che aveva un piccolo difetto nella zampa anteriore, mi diede l’input che stavo per farcela.

Andrea spende tanto tempo nella sperimentazione di queste tecniche e dopo due anni, fa la scoperta più importante: durante la realizzazione di alcuni bronzetti complessi (come le navicelle) con la tecnica della cera persa, si accorge che la figura si presenta completa, senza l’uso dei canali di sfiato che sarebbero stati per lui – ma originariamente anche per i nostri avi – impossibili da eliminare senza seghetti o tronchesine moderne. È in quel momento che ha la conferma che occuparsi di archeologia sperimentale in quel modo, senza l’utilizzo di mezzi artificiali all’avanguardia (gessi refrattari e non impasti naturali), gli avrebbe permesso di fare un salto temporale di migliaia di anni e di lavorare “accanto” agli antichi e abili fonditori nuragici.

“A mio modo di vedere dovrebbero riscrivere i libri sullo sviluppo di un bronzetto perché molte delle cose scritte sono sbagliate e l’ho dimostrato! È un metodo differente; ho dimostrato che i canali di sfiato non esistevano. Ciò che si racconta nei libri, è forse una ripetizione di altre tecniche sviluppate successivamente, come in Grecia, dove si facevano le statue cave e  in quel caso servivano questi sfiati, ma non di certo in oggetti solidi e pieni come nei bronzetti nuragici.

Quando ho realizzato il primo bronzetto mi sono messo a piangere…

Ho affrontato l’approccio al pubblico incuriosendolo e pian piano il pubblico mi ha seguito. Ho sentito il rispetto e l’affetto che avevo nel raccontare certe cose e la mia attività ha cominciato a prendere piede.

Questo fece nascere in me il desiderio di portare i miei spettacoli in piazza per farli conoscere al pubblico; un buon sistema per poter avvicinare le persone alla comprensione del valore dell’archeologia.

Volevo portare avanti una cosa importante per la Sardegna: un turismo culturale, alla scoperta delle nostre origini. Un lavoro che solo io potevo fare.

Il percorso non fu semplice: venni attaccato soprattutto dai laureati in archeologia perché parlavo di archeologia pur non essendo laureato. Mi presentavo in pubblico facendo vedere come nasce un bronzetto, in maniera diversa dalle classiche spiegazioni, dai convegni noiosi e lunghi che spesso utilizzano terminologie difficili e incomprensibili tanto da allontanare anche l’appassionato…

Le persone avevano bisogno di approcciarsi all’archeologia in un modo semplice e accattivante!

Iniziai presentandomi nelle piazze gratuitamente, portandomi dietro una fornace che avevo realizzato io con lo stesso impasto con cui realizzavo il guscio dei bronzetti. Vedevo che la gente si incuriosisse, e così fu. Io lavoravo e non parlavo, ma la gente si avvicinava e chiedeva informazioni; capii che la mia idea poteva avere un futuro.

Successivamente mi proposi ai Comuni chiedendo un rimborso spese e pian piano cominciai ad affiancarmi a persone che raccontavano la nascita di un bronzetto o la storia della Sardegna.

Da lì, imparai a superare quel muro di timidezza e mi misi a parlare in prima persona. Mi misi a parlare in pubblico perché notavo che anche chi raccontava non spiegava veramente la tecnica, non riusciva a capire e a trasmettere agli altri come funzionava questa tecnica e cosa permetteva.

Da lì camminai con le mie gambe e divenni completamente autonomo; mi presentavo alla gente e mostravo la nascita di un bronzetto. Aprii la mia ditta personale e lasciai il mio lavoro alla ASL contro il parere della mia famiglia affezionati all’idea del posto fisso.

Sapevo di percorrere la strada giusta.

Non c’era nella mia visione della vita, quella di stare dietro una scrivania a star tutto il giorno a guardare dalla finestra o a timbrare il cartellino; non la sentivo mia.

Desideravo con forza generare un turismo culturale emozionale, libero e senza forzature In modo tale da avvicinare le persone alla materia e far conoscere anche ai turisti l’affascinante e misteriosa civiltà nuragica.

Col tempo il mio lavoro si è arricchito. Lavorando la cera mi sono reso conto che c’erano tanti particolari ci cui spesso non ci si rendeva conto e così ho iniziato a riprodurre questo bronzetto a dimensione reale. È iniziato un processo che mi ha portato alla concia delle pelli con l’uso della cenere, del sale, dell’aceto, dei tannini, del legno dell’uva. Ho realizzato le armature, gli elmi. Ho capito quali tipo di corna portassero gli elmi; erano corna del cervo detto cervo assassino, “su Lonaxiu”. Ho ricostruito tantissimi personaggi che ho presentato su manichino, con rispettivo bronzetto affianco, raccontandoli nelle loro caratteristiche e peculiarità. È così che hanno preso origine le sfilate nuragiche che hanno mostrato la storia con scenografie e musiche che coinvolgevano le persone a livello sentimentale. E ho visto le persone piangere…”

Nel 2017 Andrea presenta il suo lavoro nelle mostre. La prima mostra di Nuragica a Sassari. Poi Olbia, al Museo Archeologico Nazionale, dove riceve gli elogi di Franco Campus, uno degli archeologi a livello nuragico, più competente in Sardegna.

“Nonostante le critiche di alcuni, sempre più archeologi mi seguivano con ammirazione.

È stata una lotta dove ho sofferto, tanto che nel periodo del covid ho dovuto denunciare delle persone che hanno dichiarato il falso nei miei confronti cercando di diffamarmi, ma ho sempre avuto l’appoggio della mia compagna.

Sono stato minacciato varie volte, ma il mio orgoglio non mi ha fermato. Io mostro come fare un oggetto, lo replico in più giorni e faccio capire come si crea: questa è chiamata archeologia sperimentale.”

Quando si dedica alla lavorazione del cuoio, alla concia delle pelli e allo studio dei probabili tessuti in uso in epoca nuragica, Andrea attira l’attenzione del giovane regista ogliastrino Mauro Aragoni. In collaborazione con la troupe di Aragoni, Loddo ha quindi ideato i mezzi che hanno permesso di realizzare per la nota pellicola cinematografica NURAGHES S’ARENA di Aragoni, gli armamenti e le armature nuragiche, grazie all’attenta analisi e al meticoloso studio di quella civiltà.

“Il mio lavoro ha ricevuto un’ulteriore spinta promozionale grazie a un cortometraggio, uscito anche su you tube, che ha avuto un successo enorme, dal titolo “Nuraghes Arenas”, di un regista emergente ogliastrino. Nuraghes Arenas è stata la prima trasposizione cinematografica della civiltà nuragica, con personaggi nuragici. Abbiamo avuto un successo enorme e l’abbiamo proiettato sino a Torino.

Abbiamo in progetto di realizzare il vero film “Nuraghes”, ma nel frattempo, quando io mi sono trovato in situazione covid nella impossibilità di lavorare e avendo voglia di fare, ho realizzato un film che si chiama “Radici di Bronzo”. Ora siamo in post produzione. Dovremmo riuscire ad avere questo prodotto tra circa 2 mesi.

Questa è un’altra strada da percorrere perché ho capito, anche grazie a Mauro Aragoni, che il mondo del cinema è una strada importante per creare divulgazione.

Credo fortemente che i nostri giovani troveranno un futuro nell’archeologia e che la Sardegna possa vivere di turismo culturale. E nel frattempo… io sono qui per divulgare: per mettere a disposizione la mia passione a favore della cultura; per trasmettere la vera storia di un popolo, il mio popolo, e per far appassionare le persone alle loro origini…

Non mi arrendo e porterò avanti questo sogno, questo desiderio che da sempre arde dentro di me…”

La storia di Andrea è la storia di un un ragazzo semplice, innamorato della sua terra e delle sue origini, che ha voluto mettere il suo talento a disposizione di tutti generando una enorme ricchezza materiale e immateriale, consentendo di toccare con mano la storia per comprenderla e amarla, e di scoprire e ricordare l’affascinante e misteriosa civiltà nuragica di cui andiamo orgogliosi.

La sua storia riporta alla mente la parabola di Matteo.

…Il maestro dei maestri, Gesù, racconta di un uomo che prima di partire per un lungo viaggio chiamò a raccolta i suoi tre servi. A ciascuno distribuì, a seconda delle loro capacità, rispettivamente cinque, due e un talento. Il primo servo andò subito ad impiegare le cinque preziose monete e ne guadagnò altre 5. Anche il secondo raddoppiò il gruzzolo iniziale arrivando a 4, mentre il terzo, preferì nascondere il talento in una buca nel terreno.

Quando il padrone tornò dal lungo viaggio, volle un resoconto. Ai primi due servi che avevano fatto fruttare i talenti, disse:

-Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone!

Ebbe invece parole dure verso il servo che, per paura, aveva sotterrato il talento:

-Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio interesse. Toglietegli dunque il talento e datelo a chi ha i dieci talenti!

Ma cosa contestò il padrone al servo?

L’omissione, l’aver scelto di non agire per paura o per pigrizia.

I doni dello spirito, non vanno sprecati o tenuti solo per noi ma devono essere condivisi.

Come le monete vanno fatti fruttare.

Questa è la vera abbondanza, questo è il vero senso del nostro vivere.

(Tratto da “Figli di Sardegna, racconti di vita” di Stefania Cuccu)

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2 commenti

  1. …Auguroni..🎉🎉🎉Andrea ..da un altro Saggitario Nuragico 🙏😀🤗

  2. Maria Pasqua M Meloni

    Complimenti Andrea sei una persona di talento e da ammirare per la costanza nelle ricerca.

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