“LA CENA DELLE ANIME” DI ANDREA NAPOLI, STORIE NUORESI E TABARCHINE: RACCONTARE IL PASSATO PER NON DIMENTICARE

nel riquadro Andrea Napoli

di LUCIA BECCHERE

Lo scrittore Andrea Napoli torna in libreria con la sua seconda fatica letteraria “La cena delle anime” Edizioni Il Pittore D’Oro (Oristano).

Il libro è il prosieguo di “Frammenti di storie barbaricine e tabarchine” pubblicato nel 2020, raccolta di memorie dei suoi primi vent’anni, e racconta quella che lui definisce la sua seconda vita, quando conseguito il diploma di geometra, lascia Nuoro dove è nato nel 1940 per stabilirsi definitivamente a Oristano nel 1961. Perché questo titolo? Nei tempi passati era tradizione che, il giorno dei morti, i vivi imbandissero la mensa perché, secondo una antica credenza, i defunti ritornavano nelle loro abitazioni per consumare un’abbondante cena.

In questa cosiddetta Cena delle anime l’autore incontra persone care non più in vita che si raccontano attraverso le loro storie e le ripropone con grande abilità descrittiva e con una sensibilità davvero straordinaria. Un modo come un altro per ritrovarsi in quella notte particolare. E’ l’occasione perché entrambi i rami genitoriali dello scrittore, madre nuorese e padre carlofortino, si incontrino e in tutte queste presenze l’autore trasferisce nostalgie, rimpianti, emozioni e ricordi di cui si è nutrito dai 20 anni fino ad oggi. La Cena si articola in due momenti, al Macchione per i Napoli-Porricino (ramo Carlofortino) e ai Pescetti per i Napoli-Salis, (ramo nuorese-carlofortino). A queste due località distanti e diverse, l’autore è molto legato non per le proprietà che possiede ma per il profondo affetto che nutre nei confronti dei tanti parenti che vi abitano.

 “Il passato mi coinvolge – ha dichiarato l’autore –. Tutto il mio vissuto a Nuoro, raccontato nel mio primo libro Frammenti di storie barbaricine  e tabarchine, me lo porto dentro indelebile e non l’ho mai dimenticato. Lo spirito con cui racconto gli episodi riportati nella mia seconda opera è gioioso e divertente, nonostante il titolo del libro e i tanti avvenimenti dolorosi che hanno colpito la mia famiglia facciano presagire cose tristi, niente sa di tragico o di drammatico, perché io amo raccontare le cose allegre della vita”.

Il perché abbia scritto questo libro ce lo spiega lo stesso autore: “Ho voluto raccontare quella che io considero la  mia seconda vita, dagli anni 60 fino ad oggi, vissuta con mia moglie, i miei figli ma anche con tutta la mia grande famiglia di Nuoro e Carloforte, con l’intento di lasciare una traccia di tutte quelle persone che hanno fatto parte della mia vita affinché i giovani non dimentichino il proprio passato. Oggi, le nuove generazioni vivono l’oggi e dimenticano tutto in fretta e troppo compressi dalla tecnologia sono omologati nel modo di pensare e di comportarsi. Mi auguro che da adulti possano recuperare il proprio passato e con esso la grande eredità dei valori trasmessi delle generazioni che li hanno preceduti”.

I personaggi delle storie sono tutti scomparsi. In quella cena che si snoda nelle due località dell’isola di Carloforte, l’autore trasferisce quello che è sempre stato il suo desiderio: il ricongiungersi delle due famiglie almeno dopo il trapasso. L’autore che partecipa ad entrambe, ha la possibilità di incontrare una serie di personaggi che fanno tutti capo alle varie famiglie, compresa quella della moglie Pina anche lei carlofortina dei Porricino.

Nelle pagine del libro sfilano diverse anime. Struggente l’incontro con la madre. “Perché non ti fermi”? chiede al figlio “Non è arrivato ancora il momento” risponde questi mentre l’avvolge d’immenso affetto.

“Di Lei mi manca la sua bontà – ha detto – Era una donna eccezionale. Io non le ho dato tutto quello che meritava, tutto quello che le avrei voluto dare. Nell’andare via da Nuoro fra me e quel paese si era frapposta una barriera, oggi, diventato uomo, ho ricostruito tutti i ponti. Confesso di avere sempre amato Nuoro”.

Altra figura di rilievo è Gonaria, nella storia la signora in nero, sorella della madre Mariedda Salis e sua madrina di Battesimo. “Ho sempre avuto un filo conduttore con lei – ha affermato Andrea Napoli – Suo marito, maestro Federico Ventura noto Barbarossa in ragione della sua barba rossa, era per me una guida  nella vita e negli studi. Mi portava sempre con sé a pesca, mi insegnava tante cose compresa la storia dei sardi in quella valle di Lanaithu a Oliena”.

Tzia Gonaria è giunta in compagnia del nipote Sidore su suggerimento del marito Ventura per non fare il viaggio da sola. Anche Sidore è un ospite privilegiato per lo scrittore. Sposato con la sorella e detto il quinto fratello per tutte le premure rivolte ai suoceri. Verso di lui l’autore ha un debito di riconoscenza per averli assistiti quando i propri figli sono dovuti andare via per lavoro.

Fra le storie non poteva mancare quella dello zio d’America Beppin “l’uomo della valigia” e fratello di Rosalia nonna della moglie Pina, presenza che l’autore descrive sapientemente con molta ironia. Si era trasferito in Canada nel 1934 e prima di partire aveva acquistato una proprietà affidandone la conduzione alla sorella e al marito Battistin. Rimasto vedovo decide di ritornare a Carloforte dove tutti lo aspettavano a braccia aperte pensando che fosse diventato ricco. Niente di tutto questo. Lascia quanto era di sua proprietà in quel di Carloforte alla sorella.

Libro di ricordi e di rimpianti per tutto quello che l’autore ha perso e che mai più potrà ritrovare. Pagine di storie  che offrono al lettore affreschi di vita quotidiana, fatta di lavoro umile, di momenti di incontro, di sorprese e di riflessione dove tutto tende a dare risalto ai valori della vita che si trasmettono con semplici esempi quotidiani. Piccole pennellate di vita, storie comuni che si intrecciano nel percorso di ogni uomo, raccontate per non dimenticare.

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3 commenti

  1. Ho letto con molta attenzione la presentazione della Prof. Lucia Becchere.Di meglio non sarei potuto aspettarmi. Grazie prof.

  2. Andrea ,ilmio grande fratello.Con i suoi racconti mi ha riportata indietro nel passato,frammenti di vita che rimangono impressi nel ❤️ grazieAndreaTVB

  3. Seguendo la traccia di un’antica tradizione sarda, il libro “La cena delle anime” ha il pregio di svilupparsi lungo un itinerario che ha alcune direttrici geometriche principali, da cui si dipanano altre ramificazioni secondarie, fitte di episodi, solidarietà umana generosa e ospitale, percorsi di vita e storie umane legate tra loro da vincoli di parentela: Carloforte, Nuoro, Oristano, Torino, Cremona, Montorio Romano, Wolfsburg e persino il Canada.
    E’ un libro curioso che illustra la saga di alcune famiglie, imparentate tra loro, attraverso un variegato mondo denso di personaggi il cui filo conduttore che li collega e li unisce saldamente, oltre agli amori coniugali, è l’ironia, lo scherno bonario e lo spirito cameratesco.
    Ritrovare in queste pagine l’umano ricordo di alcune persone care conosciute personalmente è stato piacevolmente ed emotivamente coinvolgente.
    Gianni Mereu

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