LA QUESTIONE DEMOGRAFICA E LE POLITICHE DI RIPOPOLAMENTO IN SARDEGNA : I DUE “CASI SARDI” DI GONNESA E CARBONARA/VILLASIMIUS (1774 E 1812)

immagine di Villasimius

di GIANRAIMONDO FARINA

Gli ultimi due concreti esempi di politica popolazionista sabauda in Sardegna, accennati da Sanna Sanna nelle ” Grandi Utopie”, sono i due casi esplicitamente sardi di Gonnesa e Carbonara, la futura Villasimius. Perche’, rispetto ai precedenti (con l’eccezione, per alcuni aspetti, di S. Teresa come ricordato in precedenza), si parla, esplicitamente, dell’azione colonizzatrice operata dai sardi stessi.

Emblematico il primo caso di Gonnesa, nel Sulcis, che, nel corso soprattutto del XIX secolo, avrebbe visto, progressivamente, stravolta la sua vocazione economica da centro agro-pastorale a minerario, grazie anche ad un primo interesse piemontese per lo sfruttamento delle risorse sotterranee di quell’area. Un borgo, quello di Gonnesa, praticamente spopolato, che venne ripopolato con elementi sardi nel 1774. Il 25 maggio di quell’anno, infatti, con atto pubblico di conversione e capitolazione di vassallaggio, Don Gavino Asquer Amat, Visconte di Fluminimaggiore e Gessa, con quindici nuovi vassalli ripopolava il villaggio.

Dalla metà dell’ottocento l’attività mineraria si svilupperà in maniera considerevole, diventando sempre più quella preminente dei gonnesini e, grazie ad essa, la popolazione aumenterà in misura notevole. E’ questo il periodo in cui il centro perderà la sua fisionomia prettamente agro – pastorale diventando un importante villaggio minerario. Nel caso, poi, di Carbonara, che diverrà l’odierna Villasimius, sono da considerare i seguenti passaggi. Passaggi che riportano ad un aspetto fondamentale economico: lo sfruttamento del carbone di legna e l’importanza strategica della località. Come nel caso di Gonnesa, si tratta di altro esempio tipico di popolazionismo locale con preferenza dell’elemento sardo, più adatto e resiliente e con la caratteristica che anche questo era un esempio di “colonizzazione feudale”. Ecco, quindi, come veniva ripopolata la borgata di Carbonara, estremo lembo sudorientale della Sardegna. Fra il 1821 e il 1822 il Marchese di Quirra, ultimo feudatario succeduto ai Carroz e proprietario del Salto di Simius fece dono di alcuni possedimenti terrieri a diverse famiglie nobiliari, fra i quali gli Incani. Il Generale Antonio Incani vi fece costruire la chiesa di San Pietro e un primo nucleo di abitazioni popolando la zona chiamando a raccolta alcuni coloni dai vicini paesi di Sinnai, Maracalagonis, Settimo San Pietro, Selargius e Quartu. In questo modo fece coltivare i terreni e costruire altre case. Nasceva il primo borgo di quello che il 3 maggio del 1845 diventava Carbonara, frazione del comune di Sinnai. A questo punto furono molto precise le pagine scritte sul nuovo insediamento dallo storico e senatore del Regno, di fede conservatrice, Vittorio Angius: “Nel 1821-22 fattesi dal marchese di Cirra o Quirra alcune concessioni ad alcuni signori cagliaritani, uno tra essi, il cavaliere Incani sotto gli auspici del conte Roero presidente del Regno, edificatavi una chiesetta vi chiamava alcuni coloni, e vi accoglieva quegli altri che non avevano stanza, e che vagavano cercando fortuna. Si attese a fabbricarvi delle case, e capanne. Continuando l’affluenza la popolazione in tanto crebbe, che dopo dodici anni vi si numeravano 550 anime in famiglie 130”.

Nel 1848 iniziarono, poi, le lunghe trattative per ottenere l’autonomia amministrativa da Sinnai, fatto che accadde nel 1853 quando il Regio decreto del 25 luglio firmato da Vittorio Emanuele II° e Cavour istituiva la borgata di Carbonara in comune autonomo. Il 17 agosto 1862, poi il consiglio comunale scelse di cambiare il nome da Carbonara in Villasimius. Originariamente le risorse economiche di Carbonara-Villasimius erano essenzialmente legate all’agricoltura ed alla pastorizia (non alla pesca, nonostante il mare) ed all’intenso sfruttamento del carbone di legna, da cui proviene il toponimo originario. Cui seguirà, a partire dal 1875, anche quella del granito. Un altro aspetto, questa volta strategico, su cui peraltro aveva insistito lo stesso Sanna Sanna, era la costruzione del famoso cavo sottomarino fra Sicilia e Sardegna, realizzato proprio nel 1862 e della cui apposita commissione parlamentare, nominata sotto il primo governo Rattazzi della sinistra storica, il deputato anelese, unico sardo, era segretario. Realizzazione che dava centralità alla borgata. Tuttavia, lo stesso  Sanna Sanna annotava amaramente nelle ” Grandi Utopie”, proprio con riferimento a questi due esempi, che si trattava di casi positivi di “borgate popolate da sardi perchè trattavasi di iniziative di popolamento operate dagli stessi isolani”. Diretti, ovviamente, dalla guida illuminata dei feudatari del luogo, già ricordati, come il visconte di Fulmini nel 1774 per Gonnesa ed il cav. Antonio Incani per Villasimius/ Carbonara, “un comune che”- aggiungeva il nostro ancora una volta profeticamente- “per avere vita prospera, e poter approfittare di quella felice posizione, aspetta ancora che con una strada carrettiera sia messo in comunicazione con Cagliari”.

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3 commenti

  1. Valentino Sanna

    Una ventata di illuminismo e operativita’.Ora purtroppo tutto va’ a rilento ♧

  2. Paolo Cassili

    Che bello che ci sia qualcuno che si interessa di far conoscere ai sardi nuovi e vecchi come me, queste cose. Bravo e complimenti

  3. E bello ricordare. E sapere queste cose del passato…. E far sapere a molti negazionisti quanti bambini morivano. E oggi con i vari vaccini si è risolto il problema… E questi non vogliono fare il vaccino per x il covid 19… Frutto della loro ignoranza..

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