DALLA PROVINCIA SARDA AL DINAMISMO METROPOLITANO: SARA SIDDI NEL MANAGEMENT DI PROGETTI DI RICERCA APPLICATA ALL’UNIVERSITA’ CATTOLICA DI MILANO

Sara Siddi

di ROBERTO MARONGIU

Sara Siddi nonostante la giovane età ha raggiunto dei traguardi professionali di prestigio. Partita da Terralba è approdata a Milano dove lavoro in Università Cattolica.

Come è maturata l’idea di lasciare Terralba, prima per gli studi e poi per motivi professionali? Per me Intercultura ha giocato un ruolo fondamentale. Sin da piccola, son cresciuta circondata da ragazzi provenienti da tutto il mondo, molti ospitati a casa dei miei nonni o incontrati tramite l’attività di volontariato della mia famiglia. Il loro esempio, così come la curiosità innata dei miei   stessi genitori (sempre con un libro in mano o pronti ad esplorare l’altro – fuori e dentro la Sardegna), mi hanno condizionato in positivo.

Come ricordi l’infanzia e l’adolescenza a Terralba? Un’infanzia piena di luce, fatta di   amicizie e calore, e un’adolescenza alla  ricerca – e poi alla scoperta – del mondo “là fuori”.

Da adolescente, hai vis suto all’estero con un programma di  AFS – Intercultura, in che anno hai  fatto l’esperienza e dove sei stata? Nel 2006-2007 negli Stati Uniti, a Plymouth nell’Indiana, a due ore circa da Chicago.

Questa esperienza, sicuramente affascinante, che influenza ha avuto nel proseguo degli studi   e nella vita professionale? Adattamento, curiosità, voglia di affrontare le sfide e di conoscere sempre  di più e sempre meglio. Sono questi i re gali più grandi della mia esperienza ne gli USA e che mi hanno accompagnato  anche nella scelta dei miei studi e della   mia carriera, dalla laurea fino al dottorato in Relazioni Internazionali.

Quali sono state le precedenti  esperienze professionali e in quali al tri paesi hai vissuto, prima di assumere il ruolo attuale? Durante l’università ho avuto modo di fare delle esperienze di studio prima in Israele, alla Hebrew University di Gerusalemme, e poi di nuovo negli U SA alla Boston University. L’ultimo an no di università ho fatto poi uno stage    presso il Consolato americano a Milano e, tra la laurea e l’inizio del dottorato, ho fatto un’esperienza lavorativa di circa un anno presso un’altra università milanese. Sono poi rientrata nel mio Ateneo, dove ho conseguito il PhD.

Ormai, pur giovanissima, sei una professionista affermata, ci racconti qual è il tuo ruolo? All’interno dell’area ricerca e sviluppo del mio Ateneo mi occupo del management di progetti di ricerca applicata, finanziati principalmente da pro grammi dell’Unione Europea.

Come vivi le differenze culturali, quella Sarda, che ti ha dato i natali e   formato, e quella in cui attualmente vivi e lavori? Milano è la città italiana che forse   si avvicina di più al modello europeo di   metropoli. Innovativa, creativa e culturalmente vivace, la sua frenesia a volte sembra quasi costruita ad arte, perché altrimenti non sarebbe Milano. In questo, è ben diversa da casa, dove c’è ancora   una percezione del tempo più a misura   d’uomo. Detto ciò, penso sia normale che ci siano delle profonde differenze tra una metropoli e un paese di provincia, anzi meno male (per l’una e per l’altro)!

Come hai vissuto questi ultimi due anni, tra lockdown e restrizioni varie? A livello lavorativo, sono stata fortunata e ho avuto la possibilità di lavora re da remoto, il che ha aiutato moltissimo soprattutto nel periodo più buio del primo lockdown. Per il resto, è sicuramente pesato molto il fatto di non poter vedere e stare con la famiglia e le perso ne più care tanto quanto si sarebbe voluto. E di non poter viaggiare!

Dal tuo osservatorio professionale privilegiato, come vedi il futuro del la  nostra società? Una presa di coscienza più generalizzata rispetto a temi quali l’inclusione e la sostenibilità ambientale, sui quali però dobbiamo continuare ad investire – a livello di singoli e di società – e dobbiamo farlo in fretta e subito. Mi spaventa invece l’ostilità verso l’altro, verso il    diverso. E poi l’istruzione, senza la quale davvero non c’è futuro. È l’istruzione – fatta scambi, sapere condiviso e applicazione – che potrà permetterci di rispondere alle sfide che ci troveremo (e già ci   troviamo) ad affrontare. Non smetterò mai di essere riconoscente solide per poi proseguire anche lontano  da casa. Uno fra tutti, il professor Luigi Atzei, che a scuola ci faceva guardare i   film di Charlie Chaplin, leggere ad alta   voce i Promessi Sposi e creare tutti insieme un libro illustrato in sardo. Ecco, è  così che mi auguro sia la società del futuro: locale e globale, memore del passato e impegnata per il futuro.

Che considerazioni vuoi fare della   tua esperienza professionale e di    vita da cittadina interculturale? A volte l’equilibrio è difficile da trovare e ci si sente sempre    un po’ a metà. Ma chi l’ha detto che alla fine non sia così che deve essere. Un albero ha sia le radici, sia i rami.

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4 commenti

  1. Brava Sara complimenti!

  2. Complimenti Sara. Bravissimaaaaa

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