COMUNITA’ RURALE CON USI E COSTUMI DELLE GRANDI CITTA’: IL VILLAGGIO DI GERIDU NEI PRESSI DI SORSO SVELA LA VITA DEI SARDI NEL MEDIOEVO

Abbandonato dalla prima metà del XV secolo e sepolto dalla storia, il villaggio medioevale di Geridu, distante due chilometri da Sorso, cittadina di 15mila abitanti nel nord ovest Sardegna, ha ripreso a esistere grazie a una campagna di scavi archeologici che va avanti da 25 anni, svelando i segreti della vita quotidiana dei sardi del 1300, in una comunità rurale di 1.500 anime. Dalle dieci campagne di scavo effettuate finora dal dipartimento di Storia dell’Università di Sassari, con il sostegno del Comune di Sorso e della Soprintendenza archeologica di Sassari, è emerso un nucleo centrale di almeno 15 abitazioni, organizzate intorno alla chiesa di Sant’Andrea, databile alla prima metà del XIV secolo (demolita completamente nell’Ottocento), al vicino cimitero e a un palazzo privilegiato, anche questo poi demolito. Usi e costumi degli abitanti di Geridu che è possibile riassaporare nel Museo Biddas di Sorso, dove sono stati ricostruiti a titolo dimostrativo alcuni ambienti del villaggio. “Nei primi anni del Trecento, nel pieno del Medioevo, gli abitanti di Geridu vivevano non in povere case coperte con rami e paglia, ma in abitazioni coperte con tegole e costruite con solidi muri in pietra, cementati con fango e rivestiti con intonaco argilloso e la qualità delle abitazioni del villaggio rurale non era molto diversa da quella delle comuni case della città di Sassari”, spiega il professor Marco Milanese, ordinario di Archeologia all’Università di Sassari, responsabile degli scavi di Geridu dal 1995 e direttore del Museo Biddas, che presto riaprirà i battenti insieme all’avvio di una nuova campagna di scavi. “Anche le suppellettili presenti nelle case dei pastori e degli agricoltori di Geridu non differivano particolarmente, per qualità, da quelle presenti in città: vasellame prodotto a Pisa, a Savona, nella Penisola iberica, ma anche in Italia meridionale – prosegue Milanese -. Gli abitanti del villaggio usavano largamente la moneta nella vita quotidiana e si trattava di monete coniate in zone molto lontane dalla Sardegna, a riprova di un’economia e di una società tutt’altro che chiusa in se stessa, un’immagine davvero nuova e anche sorprendente delle campagne medievali sarde, molto più vivaci e aperte di quello che si immaginava”.

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