“QUELLO CHE FACCIO LO SENTO COME UNA MISSIONE”: LE DIVERSE ANIME DI AMBRA PINTORE

Ambra Pintore

di MAURO MURA

“Ad Ambra Pintore, donna sarda, artista eclettica, che con la sua musica racconta la sua Terra, cultrice appassionata delle tradizioni popolari della Sardegna”, si legge sulla targa, per la Donna Sarda del 2020, che le è stata consegnata dal Lioness Club di Cagliari. Basterebbe questo per farci capire chi è Ambra, volto noto sia in Sardegna, che nel resto d’Italia.

Nata a Roma da padre di Suni e madre di origini siciliane, ma nata in Etiopia; madre di Petra e Romeo, è una donna molto particolare che all’oggettiva bellezza antepone un amore e una competenza per la cultura e per l’arte della nostra Isola che trova pochi riscontri.

Ci introduce nel suo mondo con un fascino e una leggiadria che non hanno eguali, non si nasconde, dice le cose come stanno, senza filtri e senza nessun timore reverenziale. La incontriamo, la guardiamo, la ascoltiamo.  Ne rimaniamo affascinati, come solo poche altre volte ci è capitato. Possiamo avere tutti i mezzi di comunicazione del mondo, ma niente, assolutamente niente, potrà sostituire il suo sguardo, gli occhi – di una bellezza stupefacente – ammaliano e scrutano attentamente tutto ciò che sta attorno.

Attrice, cantante, conduttrice e autrice. Chi è in realtà Ambra Pintore? Coltivo tutte le anime professionali che hai elencato, ma bisogna stare attenti a non equivocare, “ca su trupu strupiat”.

Si, ma queste sono tutte professionalità che hai. È vero, ho sempre amato il teatro, la musica e la danza. E amo altrettanto studiare e andare a fondo alle tematiche umanistiche e artistiche. Sono una persona molto rigorosa e per niente superficiale e mi sono voluta mettere in gioco in molti campi. E soprattutto non escludo di cimentarmi in altro.

Sembra quasi che il tuo essere esigente lo avverta come un difetto. A volte provo un po’ di rammarico perché questo momento storico non sempre ripaga chi crede in certi valori e si impegna con competenza e senza cedere ai compromessi del mercato. Io non rinnego alcun passaggio della mia vita professionale, e sono felice dell’evoluzione dei miei percorsi artistici e televisivi. Sono, a volte, troppo severa con me stessa, però questo atteggiamento mi ha aiutato ad ottenere i risultati di oggi. Sono curiosa, umile, cosciente delle mie capacità anche se non mi sento mai “abbastanza”. Come recita il testo di una mia canzone ‘Be enough’!

Essere quello che sei era il tuo sogno da bambina? Si e no. Volevo fare la ballerina e fin da piccola ho iniziato a studiare danza, poi a tredici anni ho deciso di fare l’attrice. Per dieci anni ho studiato e lavorato con il Teatro Actores Alidos e mi si è aperto un mondo. Ho appreso le basi dell’approccio artistico professionale: il rigore, l’impegno, il fare gruppo, la passione. In effetti sono sempre stata a mio agio sul palcoscenico che negli anni ho vissuto con ruoli differenti, ma sentendomi sempre fortunata e desiderosa di comunicare con i linguaggi artistici.

Quando inizia il tuo percorso televisivo e come sei arrivata a condurre ‘Sardegna canta’? Questa è una bella storia: per puro caso. Dopo il primo anno di Università, in Lettere, ho lasciato il teatro perché l’impegno lavorativo era molto gravoso con viaggi e spettacoli tutti i giorni e volevo dedicarmi allo studio. Trascorsi due anni le sorelle Piredda, stiliste cagliaritane, suggerirono il mio nome al regista di Videolina Andrea Fenu che cercava una conduttrice per un programma, che non è mai andato in onda! Però grazie a quel provino fui presentata a Gianni Medda. Con la fermezza che mi ha sempre contraddistinto, gli dissi: se cercate una valletta, non mi interessa. Ma Gianni, lungimirante e sempre avanti con i tempi, mi rassicurò e, finito il colloquio, mi ritrovai a casa sua per conoscere la moglie Elena: senza il suo benestare non si andava in scena” Così iniziai la mia esperienza di conduzione di ‘Sardegna canta’ con Giuliano Marongiu. Era il 1999.

Lasciamo da parte quello che sei stata. Adesso che cosa stai facendo? Anzitutto combatto la mediocrità culturale che fa ombra alle eccellenze e alla creatività. Lo faccio con le mie armi: artisticamente continuo la mia ricerca musicale e porto in scena i miei progetti nei quali amo sperimentare e trovare la sintesi delle mie anime. In tv mi impegno nella divulgazione dell’arte e della cultura, con l’intento di diffondere la coscienza che non esistono culture alte e basse e che conoscere la nostra storia è imprescindibile nella formazione di tutti e tutte noi. Infine, non per importanza, sto lavorando sul linguaggio di genere: è una battaglia necessaria per una società che riconosca alle donne i diritti negati dalla storia.

Tu sei una donna di successo, quali rapporti hai con i social? Pessimo. Non mi piace parlare di me e delle mie opinioni in quei canali. Li uso per comunicare gli eventi a cui partecipo, non vado oltre. Ho sofferto in questi due anni di pandemia che ho sdoganato tutti e tutto nel web. Avremmo dovuto affermare che arte e cultura sono professioni, non passatempi.

Ti senti benvoluta dal pubblico? Si, ho sempre avuto un riscontro positivo che cresce nel tempo. Sono entrata a casa della gente dalla porta principale con la tv e anche quando i miei percorsi sono cambiati il pubblico ha avuto fiducia in me, e ha apprezzato la mia evoluzione.

Nella tua professione quale è una delle vittorie più grandi? Vincere per me è riuscire a godermi il percorso che mi porta all’obiettivo. Scelgo ogni cosa che faccio e la porto a compimento con amore e passione. Tutto ciò in cui mi vedi è una vittoria, perché io vivo fino in fondo, anche se con fatica.

Parliamo di musica. Chi è l’Ambra che sale sul palco? È la donna che è riuscita a fare pace con tutte le sue anime. Ho dovuto scardinare lo scetticismo di chi mi vedeva solo nella mia veste di conduttrice. Ho anche pensato di lasciare la tv. Ma io sono il risultato di molteplici esperienze e in questo risiede la mia ricchezza. Ognuno di noi deve anzitutto riuscire a capire qual è la propria specificità. Io l’ho trovata e la affino giorno per giorno per costruire i miei progetti.

Essere autrice dei tuoi brani nel secondo disco è un’evoluzione significativa? Ho scritto quasi tutti i pezzi di ‘Terre del ritorno’ uscito nel 2017, dando voce a temi e personaggi che fanno parte della mia vita. Quando ho smesso di paragonarmi ad altri/e ed ho capito che solo essendo me stessa sarei stata credibile agli occhi del pubblico, è cambiato tutto, ho iniziato a volare.

I testi del tuo secondo disco non sono tutti in sardo, perché? Mi sento sempre un’apolide. Amo mescolare “perché nessuno si senta d’avanzo” come recita il sottotitolo del mio primo disco ‘Muriga’. Ogni brano l’ho immaginato con la sua lingua: logudorese, campidanese, siciliana (terra di mia madre), pugliese (terra d’origine di mio marito e soprattutto di mia suocera!). Ovviamente, non sono tuttologa, e ho affidato il mio lavoro a madrelingua perché potessero revisionare i testi.

Però sempre partendo dalla Sardegna? Certamente, ma questa scelta l’avevo già fatta chiaramente nel primo disco. Il suono della nostra lingua mi accompagna dalla nascita e dargli voce è una missione perché un popolo senza lingua è mancante dello strumento principale per riconoscere il mondo.

Quante delusioni artistiche hai avuto? Mi delude sempre la superficialità con cui si affrontano alcuni temi, tra cui quello dell’identità, termine tanto abusato che ho quasi paura ad usarlo. Temo anche i sostantivi: nuraghe, tradizione. Li trovi ovunque, sembrano andar bene per qualsiasi stagione, o occasione. Tutto finto, costruito ad hoc per soddisfare un mercato superficiale e volgare. La Sardegna che vorrei è aperta al confronto senza muretti a secco, deve coltivare talenti dando loro l’opportunità di costruire una nuova immagine dell’isola. Valori e competenze ci sono per poter cambiare, abbandonando i luoghi comuni.

A differenza di tanti che fanno televisione tu non scadi mai nel folklorismo. Credo di aver trovato il modo di raccontare contenuti noti con una nuova veste che restituisca loro il valore che hanno nella storia e nell’attualità. Dal 2016 sono autrice dei miei programmi ‘Bistimenta’ e ‘I 5 sensi dell’arte’ e grazie a Videolina posso costruire questo percorso culturale unico in Sardegna.

Senti la tua esperienza come una missione? Ho attraversato il teatro e la musica per passione, mentre la televisione l’ho sperimentata per curiosità. Oggi, però, ogni progetto che abbraccio non ha mai solo una valenza personale legata al mio benessere, ma ho la necessità di mettere la mia esperienza a disposizione di un ideale più ampio. L’arte e la cultura possono salvarci la vita, ed io continuo a seminare perché diventino essenziali nella nostra società.

Hai detto molti no nella tua carriera? Si, sin dagli esordi. Se un progetto o le persone che ne fanno parte non mi convincono, rifiuto. Sono onesta con me stessa e con il pubblico. Non posso venir meno all’etica in cui credo.

Ultima domanda, molto marzulliana; qual è il sogno professionale di Ambra Pintore oggi? Essere scritturata per uno spettacolo teatrale e musicale in cui occuparmi solo della mia parte artistica, e non di tutto l’apparato organizzativo che ruota intorno ad ogni spettacolo. Creare progetti culturali che restituiscano alla Sardegna un’immagine scevra di folklorismi e luoghi comuni. Mi correggo: quest’ultimo è già un progetto ed ha anche un nome: ‘non fermiamo la tradizione’.

#rivista LACANAS

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