IL COSTRUTTORE DI CHIESE: DON ANDREA BUTTU, DA NUORO ALLA MISSIONE IN ARGENTINA DA BEN 31 ANNI

Papa Francesco con don Andrea Buttu

di LUCIA BECCHERE

Abbiamo incontrato don Andrea Buttu da 31 anni sacerdote missionario in Argentina mentre celebrava Messa nella sua casa di Nuoro. La luce e la forza della fede che traspariva dal suo sguardo lasciava trapelare tuttavia il peso della sua sofferenza fisica.

Al termine della funzione religiosa si è piacevolmente intrattenuto con noi, il parlare flebile e lento fatto di pause e di emozioni si accompagnava al sorriso e al piacere del conversare.

Padre finanziere e madre casalinga, don Andrea è nato a Gavoi nel 1941.

Conseguita la licenza elementare ha proseguito gli studi a Nuoro ma il Seminario gli stava stretto perché non si giocava a pallone e per poterlo fare si recava con don Calvisi in un slargo di strada che porta all’Ortobene.

Ha ripetuto la seconda media e se i compagni di scuola lo giustificavano per il fatto di essere finito in ospedale a seguito di un incidente stradale, Monsignor Delogu chiamandolo a sé gli disse: “Sai perché ti ho bocciato? Ti ho bocciato non perché lo meritavi ma per fortificarti, per prepararti meglio”. Nel contempo lo incoraggiò a proseguire. In seguito frequentò per 8 anni il seminario a Cuglieri: «Quelli erano anni in cui o si andava in chiesa e si cresceva come cristiani o si andava in campagna ad accudire le capre e le pecore», chiosa sorridendo don Andrea. Ha celebrato la sua prima Messa nel 1966. Quello fu un giorno di festa per tutta la comunità gavoese.

Che ragazzino è stato?  «Ero vivace ma molto costante nella frequenza in chiesa. Tutte le mattine prima della Messa delle 6 ero davanti al portone della chiesa perché chi arrivava primo poteva servirla. Una volta sono mancato perché i miei compagni mi avevano trattenuto a giocare a pallone e il parroco don Serusi si era dispiaciuto. Per questo ho perso il primo premio».

Dove ha svolto il suo sacerdozio?  «Ho fatto il vice parroco prima ad Oliena per 9 anni, poi a Nuoro a San Giuseppe dove sono stato assistente diocesano dell’Azione cattolica ragazzi per 14 anni. A Nuoro ho costruito la chiesa di San Francesco, fino a quel momento la parrocchia era dentro l’ospedale. Non avevamo soldi, la nostra ricchezza stava nell’entusiasmo dei ragazzi che lavoravano. A quel tempo c’erano molti giovani ma questa popolazione era destinata a diminuire perché non avendo casa, chi si sposava andava fuori. Oggi si presenta anche troppo grande per le necessità. Nel 1990 sono partito missionario per Oran in Argentina».

Come ha trovato quella città? «Molto trasandata, perfino scarsamente illuminata da deboli lampadine tradizionali. A Oran e nelle altre 9 parrocchie fuori città dove io sono stato, ho trovato solo piccole cappelle e ovunque ho costruito una chiesa. Come? Un mistero anche per me. Grazie alle offerte ho realizzato otto chiese e diverse aule catechistiche. La cosa più bella era che durante la costruzione di queste case del Signore tutti venivano coinvolti in lavoretti intercomunitari».

Come ricorda i suoi 31 anni in Argentina? «Una vita! Ho conosciuto tante persone nelle diverse parti della diocesi dove ho svolto il mio ministero pastorale e per molti anni sono stato vicario generale succedendo a don Diego Calvisi. Posso dire di essere stato accolto sempre con molta affabilità e dovunque ho lasciato un buon ricordo».

Rientra spesso a Nuoro e ha mai pensato di farlo definitivamente? «Torno in famiglia tutti gli anni per un mese, stavolta a causa del Covid non so quando potrò ripartire. Per quanto riguarda il mio ritorno definitivo il Vescovo mi ha lascito libero visto che non godo di ottima salute».

Cosa lascia in Argentina? «Le chiese innanzitutto che sono frutto della mia presenza e del mio insegnamento».

Come trascorre le sue giornate laggiù? «La mia giornata è scandita dall’assistenza quotidiana di cui ho bisogno perché non sono autonomo. Tutte le sere celebro Messa per le suore».

Un desiderio e un augurio. «Poter camminare, perdo continuamente l’equilibrio. L’augurio è che qualche altro sacerdote vada in Argentina perché io vivo solo e ho bisogno di essere assistito».

Un impegno per tutti. Le offerte raggiungono circa 33.000 sacerdoti al servizio delle 227 diocesi italiane e, tra questi, anche 300 sacerdoti diocesani impegnati in missioni nei Paesi del Terzo Mondo e 3.000 sacerdoti, ormai anziani o malati, dopo una vita spesa al servizio agli altri e del Vangelo.

L’importo complessivo delle offerte nel 2020 si è attestato sopra gli 8,7 milioni di euro. È una cifra ancora lontana dal fabbisogno complessivo annuo necessario a garantire a tutti i sacerdoti una remunerazione pari a circa mille euro mensili per 12 mesi.

per gentile concessione de https://www.ortobene.net/

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