MISTER UKULELE, MIMMO PERUFFO: IL MASSIMO PRODUTTORE MONDIALE DI CORDE, NEL SUONO L’AMORE PER L’ISOLA

Mimmo Peruffo

di SILVIA SANNA

Due anni fa trovò ad accoglierlo in Comune ad Arborea la sindaca Manuela Pintus «che donna in gamba e gentile», e un pianoforte nero «era di mio nonno Dario, che emozione rivederlo lì». Ad anticipare il suo arrivo e il motivo della visita erano stati gli amici di infanzia Robertino «ha più di 60 anni e lo chiamo ancora così» e Ignazio: alla sindaca avevano fatto entrambi «una testa così e lei era entusiasta». Poi è arrivato il Covid e il programma è saltato. Ma è stato solo un rinvio perché Mimmo Peruffo è pronto a organizzare il Festival dell’Ukulele nella sua Arborea, dove è nato 63 anni fa e dove ha vissuto sino agli 11 anni: «Gli anni più belli, indimenticabili. Quando da bambino mi hanno detto “andiamo in Veneto dai nonni” pensavo fosse per una vacanza ed ero felice. Poi ho scoperto che il biglietto era di sola andata. Ho pianto, ho protestato, volevo scappare e tornare nella mia Arborea, nella mia Sardegna, dai miei amici».

Sono trascorsi più di 50 anni e i sentimenti di Mimmo Peruffo sono rimasti gli stessi. In Veneto, a Caldogno, ha costruito un’azienda importante che si chiama “Aquile corde armoniche”: liutaio-alchimista, realizza corde per chitarre e strumenti a pizzico ed è il maggiore produttore di corde per ukulele al mondo. Ma è anche un uomo di enorme generosità perché grazie ai suoi studi in chimica e al suo lavoro continuo di ricerca, ha realizzato nella prima fase del Covid più di 10mila fili in materiale plastico indispensabili per utilizzare le maschere subacquee come respiratori negli ospedali di mezza Italia, tra cui Bergamo e Brescia. Un carico salvavita che Mimmo Peruffo ha donato senza chiedere un centesimo insieme a quintali di gel disinfettante che nei supermercati era esaurito.

C’è nonno Dario al centro della storia, perché é lui a portare la famiglia ad Arborea. C’era stato nel 1932, quando ancora si chiamava Mussolinia, per lavorare nella bonifica che vide impegnati centinaia di coloni veneti. Poi nonno Dario tornò a casa, in provincia di Vicenza, ma le cose lì non andavano tanto bene. Per questo decise di ritornare in Sardegna perché, era certo, nella città di nuova istituzione le occasioni non sarebbero mancate. «Lui ha fatto tanto per Arborea: ha fondato la Banda musicale, ha dato lezioni di fisarmonica a molti bravi musicisti, tra cui il maestro di launeddas Luigi Lai, ha donato il pianoforte all’amministrazione comunale». La famiglia Peruffo ad Arborea mette radici e nel 1958 nasce Mimmo, bambino vivacissimo, occhi azzurri e capelli biondissimi: dna e aspetto veneto, spirito «sardo purosangue». Ad Arborea Mimmo va a scuola «la maestra si chiama Giovanna Cannas», e tra i compagni ci sono Ignazio, Robertino e l’attuale vescovo di Alghero-Bosa Mauro Maria Morfino. «Della mia infanzia ricordo che le scarpe le mettevo solo per andare a scuola, con i miei amici ci consumavano i piedi a forza di stare scalzi. In giro tutto il giorno con loro e i miei cugini: anche il resto della famiglia poi è andato via, destinazione Piemonte. Molti anni dopo, con alcuni cugini ci siamo ritrovati ad Arborea uno all’insaputa dell’altro: ci siamo detti ridendo “siamo tornati all’ovile”». E quell’ovile di giochi e ricordi meravigliosi Mimmo lo ha dovuto lasciare alla fine degli Anni 60: «Mia madre aveva problemi di salute e mio padre decise di tornare in Veneto, dove avremmo ritrovato anche i nonni materni. Quando scoprii che saremmo rimasti lì per sempre scrissi una lettera straziante a Ignazio e Robertino, che mi aspettavano per le nostre mini olimpiadi di salto in lungo e salto con le canne: “Mi mancherete tanto, non vi dimenticherò mai”». E 7 anni dopo, quando è tornato ad Arborea per la prima volta, Mimmo ha ritrovato i due amici con la sua stessa gioia negli occhi: ed è stato un balsamo sul suo cuore di bimbo ferito.

Ci ha messo un po’ Mimmo ad abituarsi alla nuova vita «alle scarpe innanzitutto», e poi al bullismo feroce dei nuovi compagni di scuola: «Ma non solo loro, anche il maestro mi chiamava terrone perché ero sardo. Sentivo disprezzo e mi arrabbiavo: la mia sardità è per me un motivo d’orgoglio». Tanto che una volta, da adulto, sull’altopiano di Asiago «ho lanciato stizzito la mia carta d’identità sul tavolo di un gruppo di fonnesi che mi avevano definito “finto sardo” per via dell’accento veneto e ridevano di me. Poi è finita bene, ma quanto ci rimasi male…»

A 20 anni Mimmo Peruffo costruiva chitarre e studiava da perito chimico. «Un giorno venni a sapere che a Firenze era morto un liutaio che stava facendo una ricerca sulle corde per i liuti. Mi precipitai e riuscii ad avere i suoi appunti. Erano una miniera. Capii che poteva venire fuori qualcosa di importante. Mi gettai in quest’avventura e dopo 10 anni e 1500 esperimenti sono riuscito a creare le corde di budello come le voleva il maestro Riccardo Brané: le ho portate alla vedova e poi sono andato a trovarlo al cimitero». Da quel momento il lavoro di ricerca è stato inarrestabile. «Nel 1997 metto il naso nella plastica, penso che se trovassi qualcosa di più economico sarebbe la svolta». E la svolta arriva grazie a una scopa Pippo: «Mi trovavo in una fabbrica e c’era il pavimento pieno di fili: ne ho preso uno nero, lo metto in bocca e sento la vibrazione tra i denti: l’ho montato sul liuto ed era fantastico». Da quel filo di scopa modificato è nato il nylgut, una sorta di budello sintetico molto più economico: «Ho cercato una ditta dalle parti di Bergamo, ho chiesto di produrne 30 chili di colore bianco. Poi un amico mi dice che in Giappone suonano tanto l’ukulele e io mi imbatto per caso in un venditore americano: gli invio un paio di corde per fargliele provare». Il 1° gennaio del 2002 arriva una mail: «Happy new year e poi “non so chi sei ma sei seduto su 1 milione di dollari perché hai inventato la migliore corda per ukulele al mondo».

Da questo momento la vita va in accelerata: «La fama si diffonde e mi chiamano dalla Cina, mi dicono che vogliono passare dal nylon americano al mio nylgut e che costruiscono 100mila ukulele all’anno, allora acquisto un macchinario che mi consente di realizzare cinquantamila corde al giorno. Poi un giorno mi chiamano dalle Hawaii, vogliono le mie corde ma devono essere nere come da tradizione. Col cavolo, rispondo: “Io sono nato in Sardegna vicino a una spiaggia bellissima e bianchissima che si chiama Is Arutas, le mie corde restano bianche”. Quell’azienda non le ha volute ma il 90% di corde per ukulele sono le mie e sono bianche, comprese quelle utilizzate al Festival di Waikiki a Honolulu». Oggi l’azienda Aquile corde armoniche produce 3 milioni di corde al mese.

Oltre a essere eclettico, Mimmo Peruffo è un imprenditore anomalo: «Mi piace dare lavoro alle persone ma non accumulare denaro. Per questo parte dei guadagni è destinato a progetti umanitari». E quando è scoppiato il Covid non ha avuto dubbi: «C’era bisogno di produrre filo per le maschere-respiratori, c’erano vite da salvare. Con mio figlio abbiamo lavorato giorno e notte, senza sosta. E contemporaneamente ho riempito centinaia di taniche di gel disinfettante, i miei studi in chimica ancora una volta sono stati preziosi, e lo distribuivo ai Comuni e alla Protezione civile: giravo durante il lockdown con il permesso della Prefettura. Aiutare gli altri è bello e quando mi dicono che sono generoso rispondo “sono sardo”».

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