CREATIVITA’, INIZIATIVA E TENACIA NELLA TENUTA CODA DI LUPO NEL CUORE DELLA GALLURA. ECCELLENZE SARDE PER UN’AGRICOLTURA SOSTENIBILE

di FRANCESCA BIANCHI

A Scalìa, nell’agro di Arzachena (SS), in piena Gallura, sorge la Tenuta Coda di Lupo, azienda agricola fondata nel 2016 dalla famiglia Di Niglio. Questa è una bella realtà situata in un’area di 18 ettari di macchia mediterranea, a pochi chilometri dalle spiagge più belle della Gallura. Accolta e guidata dal “padrone di casa” Diego Di Niglio, ho visitato i campi dell’azienda, “sorvegliati” e protetti da maestose rocce granitiche scolpite dal vento e dai millenni.

Diego – che, come sua moglie Lia, ha all’attivo una Laurea in Relazioni internazionali e diverse esperienze con ONG di cooperazione internazionale in qualità di responsabile di progetti umanitari di sviluppo sociale, economico e ambientale in Asia, Africa, e America Latina – ha sottolineato che l’Azienda ha puntato sin dal primo momento alla coltivazione di materie prime legate al territorio, trasformate in collaborazione con mulini, panifici e pastifici artigianali sardi al fine di creare una filiera locale e promuovere lo sviluppo e l’economia del territorio. In particolare, i Di Niglio producono, nel rispetto delle pratiche dell’agricoltura biologica, senza l’uso di pesticidi o diserbanti, il grano duro Senatore Cappelli e il Tricu cossu, frumento tenero antico originario della Gallura, risalente ai primi del Settecento. Da poco hanno avviato la coltivazione sperimentale dell’orzo distico per la maltazione e di alcune varietà di luppolo, con cui produrranno birra artigianale in collaborazione con un birrificio agricolo sardo. Nel 2019 hanno iniziato anche l’attività di apicoltura e quest’anno hanno fatto la prima smielatura, ottenendo 60 chili di millefiori di macchia mediterranea, un miele squisito che da più di un mese è una presenza fissa nella mia colazione, una coccola che ogni mattina mi dona la dolce, impagabile sensazione di essere in terra sarda, immersa nei profumi inebrianti della macchia mediterranea.

Di Niglio ha parlato anche del mirteto dell’azienda, di circa 1500 piante, con varietà selezionate dall’Università di Sassari. Qualche mese fa hanno prodotto le prime 1000 bottiglie, in collaborazione con un’azienda agricola locale. Diego – che insieme a sua moglie Lia e con altri produttori galluresi ha fondato l’Associazione Gallura Biodiversa – ha parlato dei tanti progetti per il futuro, tutti indirizzati a sostenere e a incentivare la biodiversità, lo sviluppo locale, la promozione e la tutela del territorio. Di Diego Di Niglio colpiscono l’entusiasmo e la dedizione profusi nell’attività di famiglia e la voglia di mettersi in gioco per rilanciare l’economia e le risorse del territorio gallurese. A lui il mio più sentito ringraziamento per avermi aperto le porte della sua azienda e per avermi raccontato la storia dell’attività di famiglia e i tanti progetti coltivati per il futuro, tutti indirizzati alla promozione di un’agricoltura sostenibile che rispetti l’ambiente, produca alimenti benefici per la salute e valorizzi la biodiversità. Tutti i prodotti della tenuta agricola Tenuta “Coda di Lupo” possono essere acquistati sulla piattaforma “SardiniaE-commerce”.

Diego, lei è milanese; la sua famiglia vive al nord da diversi anni. Come e quando è nata l’idea di fondare un’azienda agricola nel cuore della Gallura? Cosa producete? La fondazione dell’Azienda “Coda di Lupo” risale al 2016, quando insieme alla mia famiglia decidemmo di acquistare alcuni terreni a Scalìa, nell’agro di Arzachena (SS), in piena Gallura. Nel 2018, di ritorno dal Brasile, ci siamo inseriti anche mia moglie Lia ed io. Entrambi abbiamo esperienza nella cooperazione internazionale. La mia famiglia ha origini contadine; mio padre è calabrese, mia madre napoletana. Da bambini si sono trasferiti al Nord. Entrambi hanno contribuito in modo fondamentale alla nascita della nostra tenuta agricola. Mia madre, che con la sua lunga esperienza di amministratrice d’azienda cura gli aspetti fiscali e amministrativi, e mio padre, con il suo lavoro costante, il suo spirito di iniziativa e la sua energia inesauribile, ogni giorno contribuiscono attivamente alla crescita e al raggiungimento di nuovi traguardi. Il mio legame con la Sardegna, in particolare con la Gallura, è di vecchia data. Sin da ragazzino con la mia famiglia venivo in vacanza alla Maddalena. Io mi definisco gallurese per scelta, ispirandomi a Fabrizio De André. E non è un caso che l’azienda si chiami Coda di Lupo, proprio come la canzone del celebre cantautore genovese. Nella tenuta produciamo, nel rispetto delle pratiche dell’agricoltura biologica, il grano duro Senatore Cappelli, storica varietà selezionata in Italia ai primi del ‘900, e il Tricu cossu, frumento tenero antico originario della Gallura, risalente ai primi del 1700. Nel 2017 c’è stata la prima semina del Senatore Cappelli. Abbiamo preso le sementi da un piccolo produttore di Guspini, nel sud Sardegna. Nel 2018 c’è stata la prima mietitura.

Con quali obiettivi è nata la vostra azienda agricola? Qual è stata e qual è l’idea che ha animato sin dal primo momento la vostra attività? Oggi qual è la vostra missione? Sin da subito, insieme a Lia, abbiamo iniziato a studiare il contesto locale per capire cosa significasse impostare un’azienda agricola e abbiamo iniziato il processo per la certificazione biologica, che finalmente abbiamo ottenuto qualche mese fa. Abbiamo impostato il discorso sulla certificazione di materie prime legate al territorio. La nostra idea è stata subito quella di produrre materia prima di qualità, biologica e legata al territorio, e trasformarla in collaborazione con una rete di partner locali per arrivare al prodotto finito al 100% a livello locale. Da lì abbiamo iniziato a costruire contatti con panifici, mulini, aziende agricole che fanno produzioni di liquori, anche con un birrificio agricolo. Il concetto fondamentale è quello della cooperazione per la creazione di una filiera locale. Questo ci ha permesso di conoscere tanti produttori e di scoprire grani antichi come il Tricu cossu, varietà antica di grano tenero. Abbiamo iniziato a collaborare con gli anziani del paese e, insieme a un gruppo di agricoltori locali, abbiamo dato vita all’associazione “Gallura Biodiversa”, al cui interno ci sono circa venti produttori galluresi, e Marianna Virdis e Francesco Mascia dell’Azienda Agricola “Sa Laurera” di Villanovaforru (SD), in Marmilla. L’obiettivo è quello di riuscire a recuperare e a reintrodurre questo antico grano tenero, che è storicamente utilizzato in Gallura per la produzione di paste fresche (i chjiusoni, gli gnocchi tradizionali), pane e dolci delle feste.

Proprio per la riscoperta di questa varietà di grano tenero avete aderito ad un progetto promosso dall’Università di Sassari e dal Parco di Porto Conte… Sì, lo scorso autunno abbiamo aderito al progetto cluster AVIPROFO, dedicato alla sperimentazione e alla valorizzazione delle antiche varietà di grano. Questo progetto ha coinvolto il Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Sassari, Porto Conte Ricerche, alcuni mulini e alcune aziende produttrici di grano. Con i produttori dell’associazione abbiamo fornito la farina di “Tricu cossu”, che è stata analizzata nei laboratori dell’Università e con la quale sono state realizzate diverse prove sia nei dolci, con la produzione dei biscotti savoiardi da parte di un laboratorio di pasticceria, che nella pizza, da parte di una pizzeria di Alghero. Entrambe le prove hanno dato ottimi risultati, ottenendo un grande apprezzamento da parte dei consumatori.

Quanto al Senatore Cappelli, cosa sappiamo di questo grano duro e delle sue proprietà? Come viene salvaguardato il suo valore? Inoltre, quali sono le caratteristiche della vostra pasta prodotta con questo tipo di grano? Considerato il “padre” dei grani duri moderni, il Senatore Cappelli è stato il grano duro maggiormente coltivato in Italia fino agli anni Cinquanta/Sessanta. Adattabile, rustico, resistente a terreni poco fertili e caratterizzato dalla eccellente qualità della sua semola, ancora oggi è coltivato soprattutto in biologico, proprio per le sue caratteristiche di adattabilità a suoli non diserbati e fertilizzati, per le eccellenti qualità organolettiche dei suoi sfarinati e la qualità dei prodotti della panificazione e delle paste che se ne ottengono. Il suo glutine è particolarmente digeribile e “non tossico”, quindi adatto anche a molte persone che soffrono di intolleranza alimentare al glutine, ma non ai celiaci. Oltre al pane, con gli sfarinati del grano Cappelli coltivato in modo naturale, senza pesticidi o diserbanti, macinato a pietra e trasformato artigianalmente (tutto, dalla semina al confezionamento, avviene in Sardegna), alcuni pastifici artigianali sardi, nel rispetto dei metodi tradizionali della trafilatura al bronzo e con un processo di lenta essicazione (fino a 24-32 ore a basse temperature), preparano per noi una pasta di eccellenza che conserva tutte le proprietà organolettiche del grano. Facciamo sia la macinatura a pietra, che preserva tutta la parte nutriente, sia quella meccanica con il mulino a cilindri, indicato per ottenere una semola più pura. Offriamo formati della tradizione sarda, insieme ad altri più diffusi su tutto il territorio nazionale, anche in formato integrale.

Quest’anno avete partecipato al Sardinia Food Awards, premio per le eccellenze agroalimentari sarde, ottenendo un premio per la vostra pasta e una menzione speciale per il vostro pane carasau. Cosa ha significato per la vostra azienda questo importante riconoscimento? Abbiamo partecipato al “Sardinia Food Awards 2020”, ottenendo il primo premio nella categoria “Pasta Tradizionale”. Inoltre, il nostro pane carasau di grano duro Senatore Cappelli macinato a pietra ha ricevuto la menzione speciale nella categoria “Pane Tradizionale”. Superfluo dire che è stata un’enorme soddisfazione aver partecipato a un’iniziativa che coinvolge importanti e consolidate aziende sarde nel settore “food&beverage” e aver ottenuto riconoscimenti così importanti per i nostri prodotti e soprattutto per il progetto di azienda agricola che portiamo avanti giorno dopo giorno con entusiasmo e impegno. Vogliamo condividere questo riconoscimento con tutti i nostri partner che rendono possibile la filiera di lavoro dal campo al prodotto finito: da chi ci aiuta a lavorare la terra, ai produttori sardi con i quali condividiamo la passione per la coltivazione del grano, dai mulini che macinano con cura e dedizione gli sfarinati che utilizziamo, agli straordinari pastai che trasformano la semola in prodotti di eccellenza, fino ad arrivare ai consumatori, ai negozianti, ai ristoratori che utilizzano i nostri prodotti e ci offrono consigli per migliorarci. Tutta questa rete di partner condivide con noi la filosofia e i valori di un’agricoltura sostenibile che valorizza la biodiversità, le produzioni tradizionali e le eccellenze del nostro territorio. Con questi partner cerchiamo di promuovere un percorso di sviluppo locale che includa un numero sempre più grande di attori.

A proposito del vostro pane, io ho avuto modo di assaggiare sia il carasau che il guttiau e posso confermare che sono squisiti. Come vengono prodotti? Con le nostre farine, nel rispetto delle pratiche tradizionali, un forno tradizionale della città di Oliena, nel cuore della Barbagia, lavora i nostri sfarinati, realizzando per noi un pane di eccellenza. Il nostro pane è prodotto con lievito madre naturale e cotto in forno a legna secondo la tradizione. Il pane carasau, nato come il pane dei pastori della regione del nuorese, è oggi uno degli alimenti simbolo della Sardegna a livello nazionale e internazionale. Produciamo anche il carasau integrale e il guttiau, la versione condita del pane carasau, con Olio Extra Vergine di Oliva e sale.

Quest’anno avete iniziato a produrre anche mirto e miele e a breve inizierete a produrre la prima birra. Anche in questo caso avete aderito ad un progetto coordinato da Sardegna Ricerche, Porto Conte Ricerche e Università di Sassari. Quali finalità si propone tale progetto? Nei nostri complessivi 18 ettari di terreno abbiamo un’area di macchia mediterranea in cui lo scorso anno abbiamo impiantato un mirteto di circa 1500 piante con varietà selezionate dall’Università di Sassari. Quest’anno c’è stata la prima produzione di mille bottiglie in collaborazione con un’azienda agricola che produce infusi. Dal 2018 coltiviamo orzo distico destinato alla maltazione per la produzione della birra agricola. Collaboriamo con il birrificio agricolo “Marduk” di Irgòli, vicino Orosei, e a breve inizieremo a produrre una birra con una ricetta originale che comprende anche il “tricu cossu”. Proprio in questi giorni abbiamo raccolto il nostro luppolo Cascade dalle piante che stiamo coltivando dallo scorso anno. Adesso sta essiccando e nei prossimi giorni sarà pronto per le prime sperimentazioni di birrificazione. Quest’anno abbiamo trebbiato anche una particella pilota di 1000mq di orzo autoctono sardo, Uniss 2, una popolazione collezionata e messa a disposizione dall’Università di Sassari, nell’ambito del progetto Cluster per i birrifici artigianali sardi, coordinato da Sardegna Ricerche, Porto Conte Ricerche e Università di Sassari, progetto di cui siamo partner. Un grande piacere partecipare a questa iniziativa e collaborare con istituzioni pubbliche, birrifici artigianali e aziende agricole, contribuendo allo sviluppo del settore birrario sardo, con l’obiettivo di promuovere la produzione di birra con materie prime coltivate in Sardegna, una filiera della birra agricola e artigianale. Sempre nel 2019 abbiamo iniziato anche attività di apicoltura con cinque arnie. Quest’anno a giugno abbiamo fatto la prima smielatura, ottenendo circa 60 chili di millefiori di macchia mediterranea con prevalenza di cardo selvatico.

Tenete molto ai progetti educativi nelle scuole: lo scorso anno avete coinvolto i bambini della scuola elementare di Cannigione in un progetto sul “Tricu cossu”. Quanto è importante oggi sensibilizzare i bambini allo sviluppo sostenibile e alla tutela del territorio in cui vivono? Attualmente a quali progetti state lavorando? Con la scuola elementare di Cannigione, frequentata dai nostri due figli, Santiago e Pablo, lo scorso anno Lia ed io abbiamo avviato un piccolo progetto sulla coltivazione del “Tricu cossu”. Abbiamo coinvolto anche un anziano coltivatore del paese che ha seminato il grano insieme ai bambini. È stata un’esperienza bellissima per tutti i partecipanti e ci piacerebbe ripeterla presto, non appena le condizioni sanitarie lo consentiranno. È importantissimo parlare ai bambini di agricoltura sostenibile e sviluppo del territorio per sensibilizzarli su temi cardine come la tutela dell’ambiente e l’attenzione alla salute.
Quanto ai progetti che ci vedono impegnati, attualmente stiamo lavorando alla costruzione di una struttura multifunzionale, uno spazio dedicato allo stoccaggio e alla lavorazione di materie prime con un mulino a pietra, un laboratorio per la lavorazione di liquori e trasformazione e confezionamento di prodotti vegetali, ma anche una sede dove fare degustazioni, eventi culturali, piccoli corsi di formazione, attività con le scuole, progetti di agricoltura sociale con categorie più a rischio, che intendiamo intraprendere a breve. Sarà una grande sfida per noi, ma ce la metteremo tutta, con l’entusiasmo che ha sempre animato tutti noi.

Cosa si augura per il futuro della sua Azienda e per il settore agroalimentare della Sardegna? Per il futuro mi auguro di continuare il percorso intrapreso per dimostrare, nel nostro piccolo, che con creatività, iniziativa e tenacia è possibile fare impresa in agricoltura, promuovendo lo sviluppo locale del territorio, la tutela dell’ambiente, la salute alimentare, la cultura, la ricerca, l’educazione e l’inclusione sociale, puntando sul grande valore delle nostre unicità locali. Un universo, quello dell’agroalimentare sardo, in cui, con impegno e umiltà, abbiamo l’onore di fare la nostra piccola parte; un settore fondamentale per la storia e l’economia della nostra isola, che merita di essere sostenuto il più possibile per valorizzare il patrimonio di biodiversità, cultura e sapere dei nostri anziani e per promuovere la visione innovativa e lo spirito di iniziativa dei giovani che sempre più si impegnano e investono in questa bellissima scommessa.

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Un commento

  1. Brava Francesca,mi ha colpito la storia dell’agricoltore guspinese che ha fornito il grano…che bella la collaborazione e la trasmissione di saperi tra Guspuni e Arzachena!

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