I SEGRETI DEL BARIGADU: LA NECROPOLI IPOGEICA DI ARZOLAS AD ARDAULI IN PROVINCIA DI ORISTANO

di CINZIA LOI

Siamo nella regione storica del Barigadu, nel territorio di Ardauli (Or). Una natura incontaminata, in cui predomina la macchia mediterranea con querce da sughero, lecci, cisti e lentischi, custodisce da millenni un immenso patrimonio.

Le prime tracce di frequentazione umana sembrano risalire al Neolitico recente, caratterizzato in Sardegna dal diffondersi della Cultura di Ozieri (IV millennio a.C.). Lo testimoniano le numerose tombe ipogee a domus de janas, le ‘case delle fate’ della tradizione popolare, meglio conosciute ad Ardauli come sos musuleos, ‘i mausolei’, tipiche appunto del Neolitico sardo.

Si tratta in prevalenza di ipogei raggruppati in necropoli distribuite sull’intero territorio, cui facevano riferimento gruppi umani di consistenza limitata riuniti in modesti agglomerati abitativi.

In località Arzolas, poco distante dal centro abitato, sorge una piccola necropoli costituita attualmente da tre ipogei. Il numero di tombe potrebbe crescere giacchè è molto probabile che la fitta vegetazione e i depositi terrosi nascondano gli ingressi di altre tombe.

La tomba I, in cattivo stato di conservazione, si apre alla base di un modesto affioramento trachitico. Il monumento, orientato a NE, si compone di due ambienti – anticella a e cella b – disposti in senso longitudinale. L’anticella a, di pianta sub-circolare (m 0,52 x 0,62 di prof.), è priva del soffitto e di buona parte delle pareti laterali. Del portello d’accesso al vano successivo b, sopraelevato, residua la soglia.

Il vano b ha pianta piriforme (la larg. passa da m 1,08 sul fondo a m 1,60 presso l’ingresso x 1,78 x 0,84 di alt.), pareti dal profilo curvilineo, soffitto piano presso l’ingresso e concavo sul fondo.

La tomba II, parzialmente interrata e difficilmente individuabile a causa della fitta vegetazione che nasconde l’ingresso, si apre a circa m 250 a E della tomba I. Un atrio dalle pareti curvilinee (oggi di m 1,20 x 0,56 x 0,47 di alt.), precede l’unico vano funerario del monumento; si accede a quest’ultimo attraverso un portello assai rovinato (m 0,49 x 0,43 x 0,13 di spessore). Il vano, ingombro anch’esso di terra e pietrame, presenta volta a forno e pareti curvilinee ben rifinite; misura attualmente m 1,35 x 1,26 x 0,50 di alt.

La tomba III si apre a circa 150 metri a S dell’ipogeo precedente; il monumento, orientato verso SE, è costituito da un’anticella a e da una cella successiva b. L’anticella a, parzialmente interrata, è priva della parete d’ingresso e di buona parte del soffitto (misura attualmente m 0,60 x 0,53 x 0,32 di alt. presso la parete di fondo); le pareti residue hanno profilo curvilineo e angoli arrotondati. Il portello d’accesso al vano successivo b, anch’esso in parte interrato, misura m 0,40 x 13 di alt. Il vano successivo b, leggermente decentrato verso destra rispetto al suddetto portello, risulta inaccessibile a causa del pietrame che lo ingombra; il vano funerario ha pareti curvilinee e volta a forno.

Il medesimo affioramento roccioso che ospita la tomba I presenta, su un livello più elevato, due vasche utilizzate da tempo immemorabile per la pigiatura del vino. Vi si accede attraverso due tacche scavate sul lato NE; l’ambiente di pigiatura ha forma sub-circolare (m 2,10 x 1,90,/2,20) e pareti alte oggi m 0,30/0,46, dal profilo curvilineo. Un foro di scolo permetteva il deflusso del mosto nella vasca di raccolta. Quest’ultima presenta forma trapezoidale (m 0,55/0,75 x 0,80 x 0,49 di alt. residua), pareti aggettanti e spigoli vivi.

Anche il palmento di Perda ’e Cuba di Sorradile è stato ricavato su di un masso che ospitava alla base una tomba ipogea. Analogo caso di riutilizzo o adattamento di una domus de janas come palmento, è stato individuato in località Pera Pintore, nel territorio di Bidonì.

Ancora, alcuni vani delle domus de janas di Museddu-Cheremule, nei pressi della località Serra Cubale,, furono riutilizzati come ambienti per la torchiatura.

Curioso il fatto che sia l’impianto di Sorradile sia quelli di Cheremule ricadano in località in cui il toponimo potrebbe derivare da cuba/cupa, termine che in sardo significa “botte”.

Bibliografia:

ANGIUS 1833-1856: V. Angius in G. Casalis, Dizionario geografico, storico, statistico, commerciale degli stati di Sua Maestà il Re Sardegna, voll. I-XXVIII, TORINO 1833-1856.

COCCO 1860: S. Cocco, Vari usi degli antichi nel seppellire i cadaveri, B.A.S., VI, 1860, pp. 77-80.

E.E.M. 1922: Elenco degli edifici monumentali, LXVIII, Provincia di Cagliari, Roma 1922.

LOI 2002-2003: C. Loi, Emergenze archeologiche nei territori dei comuni di Ardauli, Boroneddu, Neoneli, Tadasuni, Ula Tirso, Università degli studi di Sassari, a.a. 2002- 2003 (Tesi di laurea).

LOI 2017: C. Loi, Pressoi litici in Sardegna tra preistoria e tarda antichità, Roma.

TANDA 1985: G. Tanda, L’arte delle domus de janas nelle immagini di Ingeborg Mangold, Sassari 1985.

ZARU 1992: M. Zaru, Le domus de janas di Ardauli, AA. VV., I musuleos e le chiese di Ardauli, Cagliari, pp. 125-157.

ZARU 2005: M. Zaru, Ardauli. Tra archeologia e toponomastica, 2005, Ortacesus (Cagliari).

Note: 1. Il presente lavoro, risultato di indagini bibliografiche e di ricognizioni sul territorio, rappresenta un approfondimento di quello svolto per la stesura della Tesi di Laurea dal titolo “Emergenze archeologiche nei territori dei comuni di Ardauli, Boroneddu, Neoneli, Tadasuni e Ula Tirso”, Università degli Studi di Sassari, a.a. 2002/2003, discussa con il Prof. A. Moravetti e il Dott. P. Melis.

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6 commenti

  1. Daniela Tuffu

    Fantastico, Cinzia Loi sempre esaustiva e ti trasporta in questa fetta di storia in maniera efficace e comprensiva

  2. Ignazio Camarda

    Brava Cinzia

  3. Jacopo Maria Fadda

    Grazie Cinzia… Sempre minuziosa nel descrivere ogni minimo particolare. Di ogni singola pietra, e di ogni sua particolarità, che la contraddistingue da un’altra. Una grande professionista.

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