ESSERE PADRE: GONARIO PINNA, TRA AMORE E MAGIA, UNA VITA DENSA E PIENA

Gonario Pinna

di MATTEO PORRU

C’è un uomo a terra fuori dal tribunale di Nuoro. Si chiama Giuseppe, ha cinquantaquattro anni, gli hanno sparato. È un avvocato, un politico, un padre di un bambino che di anni ne ha dieci e di nome fa Gonario. L’agonia dura due giorni. E il ventuno settembre mille novecento otto del bambino non è rimasto niente, o quasi. Perché Gonario, nella vita che lo attende, sarà il padre che ha perso e che ha amato tanto. Per esserlo, studia e studia ovunque. Prima a Sassari, dove inizia ad appassionarsi alla letteratura italiana, poi a Firenze, al liceo classico Michelangelo. Ma poi arriva la guerra e chiama alle armi e le chiama lontano.

Gonario vive la vita inversa, la cattiveria del mondo, per mesi la sua casa è una cella fredda e buia di un campo di concentramento ungherese.

E quando, finalmente, la guerra finisce e arriva a Roma per studiare legge, Pinna ha una marcia in più e si vede. Lo vedono le redazioni dei giornali per cui collabora: “Iniziativa”, “Scuola Positiva”, “La riscossa” e “L’eloquenza”. E lo vede anche Enrico Ferri, già direttore dell’Avanti, che a La Sapienza insegna diritto penale e che gli disegna già il futuro: prima la Scuola d’applicazione giuridico-criminale e poi l’Istituto Criminalistico di Berlino, il meglio del meglio.

In Germania, ha il primo incarico da giornalista pubblicista come corrispondente per “Voce repubblicana” e si chiude il cerchio che lo riporta in Sardegna e la chiusura del cerchio si chiama Max Leopold Wagner, che incanta lo studente con filologia romanza e linguistica sarda. I due, col tempo, diventeranno carissimi amici. Gonario si è fatto le ossa e ha le spalle larghe e torna a Nuoro, ma adesso è l’avvocato Pinna e quel binomio è il suo orgoglio più grande. Di più. Da qui in avanti, unirà sempre le tre grandi sfere d’interesse che ha maturato col tempo: il mondo penale, che indaga in lungo e in largo ed esplora per trent’anni a Nuoro e in Barbagia; il mondo politico, come parlamentare difensore della questione sarda e della realtà carceraria e come profondo conoscitore del banditismo; e il mondo culturale, soprattutto letterario.

Gonario legge prosa e poesia (adora Satta), colleziona quadri e sculture, non smette mai di studiare (prende una seconda laurea in filosofia a Cagliari), scopre e conosce i grandi nomi della poesia sarda del Novecento, tanto da strutturare una magnifica antologia di poeti dialettali nuoresi. Il mestiere a cui tiene di più, però, è quello di padre. Di Maria Teresa e Lucia, le figlie adorate, che saranno due pilastri della cultura nuorese, la prima come docente, la seconda come autrice. Collabora per anni con “La Nuova Sardegna” ed è uno dei nomi dietro la rinascita della rivista “Ichnusa”.

Sono sue due delle pubblicazioni più fedeli e intense sulla realtà isolana: Due problemi della Sardegna. Analfabetismo e delinquenza, un’analisi lucida e rigorosa su due piaghe della regione, e La criminalità in Sardegna. La sua vita, privata e lavorativa, la racconta in Taccuino d’un penalista sardo e Memoriale d’un penalista sardo, due intrecci di storie lunghi anni di vita e di emozioni. Scrive anche per il teatro: due drammi teatrali, Il castigo e La malasorte, e una commedia, Non sempre il male viene per nuocere.

Muore a novantatré anni, Gonario, dopo una vita densa e piena. È venuto a prenderlo un signore ben vestito, uguale a lui, ma più giovane. C’è stato un abbraccio, un contatto, un sorriso. C’è chi lo chiama amore, c’è chi lo chiama magia.

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Un commento

  1. Salvatore Manca

    Egr. Sig. Porru,
    Ha dimenticato di scrivere che fu redattore di una bozza di statuto sardo( quando era iscritto al partito sardo) e di essere stato parlamentare del PSI!
    NON MI SEMBRA POCO. ITA NA’ FUSTEI?

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