VITIGNI AUTOCTONI “MINORI” DELLA SARDEGNA: PANZALE, PERLA RARA DEL VIGNETO DORGALESE

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di VIRGILIO MAZZEI

Da oltre due anni ho il piacere di parlare di enoviticoltura su queste pagine, e dei fatti storici ed economici ad essa collegata.

E se fino ad oggi ci siamo occupati dei principali vini e vitigni che danno lustro alla Sardegna enologica, menzionando ceppi e vini “blasonati”, appare chiaro che questa scelta non sia sufficiente a completare un argomento così vasto.

I vitigni che danno vita ai vini “blasonati” sono conosciuti, e quasi tutti sarebbero in grado di parlarne per conoscenza diretta o indiretta, ma esistono centinaia di altre viti – con i più svariati nomi – che continuano a rimanere in fila ad aspettare che qualcuno dia loro la possibilità di mostrare la propria identità, personalità e potenzialità.

Sono i cosiddetti vitigni autoctoni “minori”.

In questo articolo parleremo del vitigno/vino Panzale che ha avuto la fortuna di esser stato preso in considerazione, studiato, e giustamente valorizzato.

Il Panzale è un antico vitigno autoctono a bacca bianca, coltivato in varie zone della Sardegna, e principalmente presente nel vigneto dorgalese: per la precisione nella vallata di Oddoene, dove è considerato una perla rara del patrimonio vitivinicolo della zona, da cui proviene l’omonimo vino.

Essendo uno dei ceppi fra i vitigni considerati “autoctoni minori”, in passato veniva utilizzato per produrre uva da tavola o uva destinata all’appassimento.

È grazie all’importante piano di studio intrapreso dalle principali strutture scientifiche sarde – pubbliche e private – e all’encomiabile impegno del grande ricercatore Gianni Lovicu del progetto AKINAS – Antigas Kastas de Ide pro Novas Arratzas de Inu de Sardigna – che si sono ottenuti apprezzabili risultati riguardanti la scoperta e la valorizzazione di queste perle enologiche di cui la Sardegna è ricca.

Al momento possiamo contare circa 150 vitigni autoctoni ed è soltanto ora che iniziamo a conoscere la loro storia, valorizzarli, e utilizzarli in produzioni di vini che si rivelano – con l’andare del tempo – di pregio, come sta appunto accadendo col vino Panzale.

Attualmente, la maggior parte di questi ceppi autoctoni “minori” conosciuti con svariati nomi a seconda della zona in cui sono presenti, vengono oggi utilizzati in maniera tecnica per assemblaggi di vini importanti, ma alcuni di loro iniziano ad essere prodotti in purezza anche col sistema biologico, come sta accadendo per il vino in argomento.

Il merito di questo progetto rivolto al vitigno di cui sopra, va alla Cantina Berritta di Dorgali che, da alcuni anni, ha intrapreso un programma tecnico-scientifico di valorizzazione di questo antico ceppo per produrre in purezza il vino Panzale.

L’ideatore e l’artefice di questa brillante “operazione di recupero” è Antonio Fronteddu, noto Berritta, al quale va il merito di aver creduto nella bontà e nelle potenzialità di questo vitigno che sfortunatamente era caduto nel dimenticatoio, al pari tanti altri antichi vitigni.

La sua è stata un’intuizione vincente, visto che oggi il Panzale è balzato agli onori della cronaca specializzata nel mondo vitivinicolo sardo.

Questo impegno costante nel progetto – sia nella ricerca che nello sviluppo – dimostra ancora una volta che solo la capacità e la volontà di persone “innamorate” del proprio territorio e del proprio lavoro può portare alla scoperta e alla valorizzazione di prodotti spesso dimenticati, sottovalutati, o addirittura mai presi in considerazione.

La ricerca, la sperimentazione, e la valorizzazione dei vitigni “antichi” si sta dimostrando oggi quasi una “missione”, e a questi ricercatori siamo immensamente grati.

Sarebbe bello che le istituzioni regionali incoraggiassero e potenziassero i gruppi di ricerca operanti in questo particolare settore, allo scopo di favorire la creazione di nuovi prodotti da antichi vitigni che, per secoli, sono stati trascurati e lasciati vivere senza una vera identità. Conosciuti soltanto con nomi diversi, dati dalla zona in cui si trovano le vigne.

Spesso, le uve provenienti da questi vitigni “minori” venivano mischiate, anche senza logica, solo per fare massa.

Un motivo in più per ringraziare chi oggi si cimenta in progetti di valorizzazione di questi ceppi, utili anche a migliorare il patrimonio vitivinicolo sardo.

Col Panzale, il vigneto della valle di Oddoene – già di notevole interesse – si è ulteriormente arricchito nel suo patrimonio vitivinicolo.

Il vino Panzale è oggi una realtà in questa zona, seppure in quantità limitata, che si presenta sul mercato con la denominazione IGT – Indicazione Geografica Tipica – Isola dei Nuraghi, in purezza 100% e con la certificazione biologica. Il tutto riconosciuto dall’Assessorato Regionale dell’Agricoltura della Regione Autonoma della Sardegna.

Il suolo dove alligna questo vitigno è di natura granitico in disfacimento misto a calcare, e le vigne sono situate a circa 120 metri s.l.m.

La sua coltivazione viene fatta col metodo tradizionale ad “alberello”.

La Cantina Berritta ha il privilegio di essere l’unica produttrice del vino Panzale in purezza, e col sistema biologico.

Caratteristiche organolettiche:

Colore: giallo paglierino brillante

Odore: gradevole, aromatico, fruttato con sfumature di susina e albicocca; profumi piacevoli e penetranti con note di fiori di mandorlo

Sapore: fresco, sapido. Ritornano i sentori di frutta. Lunga PAI – Persistenza Aromatica Intensa – Il Retrogusto amarognolo di mandorla ne esalta il suo pregio.                                                                                                                                             

La gradazione alcolica è di 14,5 gradi

Abbinamento:

È ottimo come aperitivo, ma si esalta con primi piatti a base di pesce. Accompagna egregiamente minestre e zuppe della cucina sarda, di media corposità e struttura, nonché formaggi non stagionati.

Temperatura di servizio 10-12°C.

La resa di uva in vino viene fissata in 70 quintali per ettaro vitato.

Il vino Panzale, anche se ha una recente storia, gode già di una critica favorevole sia da parte degli specialisti della comunicazione che da parte degli estimatori del buon vino.

Ho avuto occasione di conoscere personalmente il vigneron dorgalese Antonio Berritta – uno dei custodi del territorio della Valle Oddoene – durante un pranzo organizzato dal Presidente onorario della FASI Tonino Mulas di Dorgali, nell’agriturismo Su cuile di Buchi Arta, sulle pendici di Cala Luna.                                                                                        

In quella circostanza ho avuto l’opportunità di degustare per la prima volta il vino Panzale, e di conoscerne la storia.

Sono rimasto affascinato dalle sue caratteristiche organolettiche, ma soprattutto dalla sua particolare tipicità dei sapori e dei profumi antichi che vi ho riscontrato.

In quella circostanza, appresi dallo stesso Antonio Berritta, che per la produzione del Panzale vengono usati lieviti locali e che la vendemmia è di tipo manuale. Insomma, viene posto in essere tutto ciò che occorre per ottenere un vino DI-VINO.

Se bevendo un bicchiere di Panzale ci si sofferma a pensare al percorso di questo vitigno – che da epoca immemorabile è stato presente nel vigneto dorgalese a godere di una normale e semplice attenzione, per poi esser studiato e apprezzato per le sue peculiarità ed interesse enologico – appare chiaro che quello che si ha nel calice sia qualcosa di pregevole.

Tutto questo è potuto accadere grazie alla scienza e alla ricerca, ma senza la caparbietà di un ottimo vignaiolo come Antonio Berritta, che non ha dimenticato l’impressione avuta quando per la prima volta – per sua ammissione – ebbe ad assaggiare il Panzale offertogli da un suo conoscente moltissimi anni fa, questo vino oggi sarebbe ancora nel dimenticatoio.

Le persone come Berritta, e tanti altri che si stanno cimentando nella valorizzazione di ceppi antichi, sono i veri pionieri moderni in campo enologico, perché hanno dedicato il loro tempo e la loro esperienza a riportare in vita vitigni ormai dimenticati o mai sufficientemente considerati.

A loro va il ringraziamento degli estimatori dei vini sardi.

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