BARANTINAS- 10. NOTE DI STORIA ECONOMICA E POLITICA IN TEMPI DI PANDEMIA: GOCEANO, REQUIEM PER UN TERRITORIO FRA COVID E CRISI ECONOMICA. OLTRE IL “CASO BONO” NEL VUOTO ISTITUZIONALE E SANITARIO

Bono

di GIANRAIMONDO FARINA

Se si dà uno sguardo alla cartina della Sardegna, con riferimento alla mappa dei paesi e delle attuali “zone rosse”, aggiornata di recente, emerge un dato chiaro: su 15 paesi off limits si nota, da subito, come ben due di questi comuni, Bono e Bultei, risultino ancora in clausura. E’ da ultima, poi, la notizia della proroga della zona per Bono, almeno fino all’11 aprile. Ed il “caso Bono”, per quello che è avvenuto in questi ultimi mesi, sarebbe proprio da manuale, assurgendo, per certi aspetti ad essere un unicum su come sia stata gestita la pandemia ai vari livelli, da quello locale a quello regionale, sia in campo politico che sanitario. Il recente inserimento, poi, purtroppo, del comune di Bultei fra i 15 off limits della regione, non ha fatto altro che confermare quanto, in tempi non sospetti, il sottoscritto aveva denunciato intorno al “rischio Gocéano”, già “sotto l’occhio del ciclone” con il “caso Bono”. Già, perché come ho più volte evidenziato, parlare e scrivere di Bono, per chi è ignaro di cose sarde (e sono molti gli stessi anche fra i sardi), non vuol dire limitarsi ai soli confini geografici di quel comune. Parlare di Bono, vuol dire, soprattutto, parlare e scrivere di Gocéano, inteso come un unicum in Sardegna, in quanto territorio omogeneo per storia e cultura. Una subregione in cui il ruolo di Bono come capoluogo storico, centro amministrativo, polo scolastico, di servizi e di commercio, è consolidato e riconosciuto.

La denuncia, a suo tempo portata avanti dal sottoscritto, avvalorata anche da questo contesto, era chiara: se il virus aveva colpito Bono, principale centro nevralgico del Gocéano, sarebbe stato il caso di provvedere, unitariamente, tutti i comuni del territorio, data la peculiarità, di concerto con la regione e le autorità sanitarie (in primis questa fantomatica ATS Sardegna), a procedere ad una zona rossa generale per tutto il territorio in modo da circoscrivere meglio il contagio. Questa presa di posizione, peraltro, era surrogata anche dalle continue notizie che, in tempi non sospetti, fin dalla proclamazione del primo lockdown per il paese, alcuni amici (in primis lo scrittore Paolo Cordedda), già facevano nelle loro pagine social. In esse si faceva un giustissimo richiamo alla responsabilità per tutti, ma si iniziavano a notare alcune “pecche” ed inefficienze di raccordi e di comunicazioni a livello istituzionale locale e regionale, che hanno lasciato i cittadini “in balia degli eventi”.  Mancanze ed inefficienze che ora metteremo in luce.

Innanzitutto occorre partire da un dato e da una domanda. Da quando, recentemente, in Sardegna, si può parlare di un “caso Bono” o, meglio, con Bultei ora , anche di un “caso Gocéano”, proprio in merito alla crisi pandemica attuale?

Si può parlare già partendo da una data, quella del settembre 2020. Una data in cui la brava giornalista Silvia Sanna, il 21 settembre 2020, esce, sulla “Nuova Sardegna”, con una pubblicazione dal titolo: “Nel Gocéano, ex oasi covid-free, ora è allarmi contagi”. Pezzo in cui, particolarmente, ci si concentra sui casi più allarmanti di Nule e Burgos. Ma da dove, da subito, si può notare, a margine di una intervista fatta ad alcuni amministratori locali, una già possibile e plausibile lettura del picco dei contagi attribuibile al rientro dei giovani locali dai lavori stagionali in Costa Smeralda. A “stretto giro”, poi, è scoppiato il “caso Bono”, con i contagi nella casa di riposo Pro Juventute che, ad ottobre e novembre, hanno portato il paese alla prima chiusura e la DAD nelle scuole seguita, a cavallo fra dicembre e gennaio, con il secondo lockdown per il picco dei contagi raggiunti e con l’attuale terza chiusura del paese, iniziata il 20/02 e prorogata fino all’11/04 cui, sempre in Gocéano, si è aggiunta la zona rossa recente di Bultei, anch’essa prorogata fino al 14/04.

Insomma, dati molto seri su cui riflettere e su cui poter fare anche alcune analisi di carattere politico e socio-economico.

Quello che, da subito, emerge nella lettura delle varie ordinanze comunali emesse, giustamente, per il contenimento dei contagi, e nelle prese di posizione di alcuni amministratori locali goceanini è stato, da un lato, il completo isolamento in cui, soprattutto a Bono, si sono trovate le istituzioni locali, sia politiche che militari, nel cercare, a volte con molta difficoltà, di fare rispettare le regole.  Aspetti che, purtroppo, hanno portato i media locali a definire il capoluogo del Gocéano, in maniera ingiustificata, la “Codogno sarda”, descrivendone alcuni fatti di cronaca quasi in modo “morboso”. Senza, però, considerare che dietro Bono, vi è un intero territorio che vive e lavora.

Quella stessa stampa e quelle stesse istituzioni che, per troppo tempo sono rimaste sorde a due richieste fondamentali che emergevano dal territorio, comuni, peraltro, a tutto il Paese: uno screening di massa con tamponi antigenici per l’intero Gocéano, cosiccome avvenuto per Ogliastra e Nuorese, , a suo tempo invocato e richiesto dal consigliere regionale Daniele Cocco, ed il ricorso ai ristori necessari a far ripartire l’asfittica economia locale.

Sulla questione dello screening, però, occorre fare una ulteriore osservazione. Il 17 ed il 18 aprile, finalmente, arriverà in Gocéano la campagna “Sardi sicuri” della regione e si effettuerà un test di massa con tamponi antigenici, cosiccome voluto e giustamente sostenuto dal prof. Crisanti. Una campagna che, contrariamente a quanto pensano i critici, nel mese di febbraio, ha avuto il pregio (si veda BARANTINAS 5) di portare la Sardegna, unica regione italiana, in zona bianca ed il cui, purtroppo, prossimo ritorno al lockdown regionale è ascrivibile ad altri fattori, più legati alle aperture. Ancora, se alcuni esperti continuano a pensare, come si legge, che questa dei tamponi di massa sia una “campagna fallimentare della giunta Solinas poiché i sardi chiedono vaccini e non tamponi”, ebbene, è opportuno rilevare che anche e soprattutto la campagna tamponi, per aree marginali come il Gocéano, ha una valenza esiziale surrogata, questo è vero, da una adeguata campagna vaccinale. Prima i tamponi, poi, subito, i vaccini per raggiungere, entro l’estate, quello che la Sardegna potrebbe avere per le sue peculiari condizioni geografiche, storiche ed antropiche: l’immunità di gregge, tanto per intenderci. E’. purtroppo qua, in Gocéano, che, proprio, si è consumato questo vulnus sanitario tra la campagna “Sardi sicuri”, da un lato, della giunta Solinas e di ATS Sardegna, che procede speditamente, e la campagna vaccinale , sospesa dall’ASLL di Sassari a Bono. Quel che pochi sanno ( o non vogliono sapere) è che, mentre ATS Sardegna (e, quindi, la giunta regionale) gestisce la campagna tamponi, quella vaccinale fa sì, sulla carta, capo all’Assessorato regionale alla Sanità, ma è operativamente gestita dalle ASSL locali. ASSL locali, purtroppo, frutto dell’ennesima inefficienza ed inefficacia elefantiaca sanitaria sarda, erede delle giunte regionali precedenti, nata per snellire, ma che, invece, ha causato non poche crepe nella gestione della governance. Il tutto, ovviamente, a discapito di territori deboli e marginali come il Gocéano. E gli errori di questa paventata “razionalizzazione”, solo superficiale, del sistema sanitario sardo, che ha mostrato proprio la sua inadeguatezza nella gestione pandemica, non sono certo attribuibili alla giunta attuale. Essi prendono avvio da quella “fatidica” legge 27 luglio 2016 n. 17 di istituzione dell’azienda unica per la tutela della salute (ATS), nata, per lo più, per coprire le “falle” e l’enorme debito degli scandali sanitari cagliaritani delle cliniche private e sassaresi del policlinico. A questa hanno fatto seguito altre disposizioni di riorganizzazione e di riassetto del servizio sanitario che, entrate in vigore il 1 gennaio 2017, hanno coinvolto le sottostanti aziende sanitarie sarde individuate oltre la citata ATS (coincidente con l’intero àmbito regionale), nelle altre: A. O. Brotzu, A.O. Universitaria di Cagliari, A.O. Universitaria di Sassari. A queste si è aggiunta la neocostituita AREUS, con sede a Nùoro, quella dell’emergenza e dell’urgenza e che, in particolare in questo periodo di pandemia, è stata coinvolta, sovrapponendosi spesso ai rispettivi livelli sanitari. E’ chiaro, quindi, sotto gli occhi di tutti che questa ATS, “rivitalizzata” ora dalla campagna “Sardi sicuri”, in realtà, non è altro che una “scatola vuota” che rimanda, precipuamente, alle ASLL locali, le vecchie ASL o USL. Nel caso, poi, di un territorio marginale e di confine come il Gocéano, l’ASLL di riferimento rimane Sassari, distretto sanitario di Ozieri, avendo però (è questa l’assoluta discrasia e stonatura) la maggioranza dei ricoverati per Covid al S. Francesco di Nùoro, la struttura sanitaria con le terapie intensive più vicine. Se si vuole, quindi, parlare di un “caso Bono”, occorre proprio partire da qui, da un irrazionale organizzazione sanitaria regionale elefantiaca, a più livelli e lontana dai problemi del territorio. Un territorio che, purtroppo, ha subito anche i progressivi smantellamenti dei servizi di medicina territoriale e del poliambulatorio di Bono. Non ultima si aggiunge l’inspiegabile decisione dell’ASSL di Sassari di sospendere la somministrazione dei vaccini a Bono, proprio nel pieno del lockdown del paese, gettando nella disperazione e nello sconforto la cittadinanza già provata. In questo caso, l’ordinanza del sindaco Elio Mulas, piuttosto dura verso i suoi concittadini ha fatto, però, denotare una sorta di atteggiamento “pilatesco” da parte dei vertici sanitari sassaresi che hanno deciso la sospensione della campagna vaccinale.

Il vulnus sanitario creatosi in Gocéano si è, poi, nuovamente “appesantito” dalla drammatica situazione in cui versa l’ospedale “Antonio Segni” di Ozieri, ormai da decenni in lenta agonia, depotenziato dei servizi e retrocesso a distretto sanitario. Posizione che, tranne i soli amministratori logudoresi, quelli goceanini sembrano, ormai, assuefatti per “forza maggiore” ed “anestetizzati” a difendere “per partito preso”, senza prendere atto di un fatto incontrovertibile, che proprio la pandemia ha messo “a nudo”.  Questo ospedale, ora come ora, per il Gocéano, purtroppo, si presenta come “una palla al piede” e ed divenuto, ormai, solo sulla carta, punto di riferimento sanitario per il territorio, dato che, nei fatti, per vicinanza e collegamenti, il vero punto di riferimento della zona è diventato il San Francesco di Nùoro.

Dal vulnus sanitario al vulnus istituzionale o, meglio, all’assenza totale di un ente che, forse, avrebbe potuto avere un ruolo fondamentale in merito, soprattutto di coordinamento, ossia la “nuova” Comunità Montana. Se si esclude un solo intervento “solidaristico”, espresso a favore degli amministratori di Bono, peraltro già datato di alcuni mesi, per il resto ha fatto seguito un vuoto assoluto.  Vuoto ben spiegato, in questi 14 anni dalla riforma Soru, nello “svuotamento” totale dell’ente sovraccomunale che un ruolo di raccordo e di coordinamento, in un territorio montano, marginale e complesso come il Gocéano, avrebbe potuto ancora svolgerlo. Una denuncia che ben si può leggere nelle recenti prese di posizione dell’ex sindaco di Bono Piero Molotzu, il quale ha recentemente palesato tutti i suoi motivati dubbi in merito all’effimera “conquista”, per la città di Sassari, dello status di città metropolitana a discapito dei territori interni estremi come il Gocéano.

Dal vulnus istituzionale alla crisi economica. Il Gocéano attraversa una crisi, conseguenza dell’ormai acclarato spopolamento progressivo a seguito anche del declino (se mai vi sia stato uno sviluppo) post-industriale di Ottana, del mancato decollo di una pastorizia moderna ed alle difficoltà del comparto lattiero-caseario, primo settore produttivo del territorio. In questo senso, infatti, purtroppo, il 2020 ha dovuto segnare alcuni dati negativi anche nella maggiore impresa della zona, la Cooperativa Sociale Sa Costera di Anela, di cui di recente sono cambiati i vertici societari. Crisi che, da agosto scorso ha coinvolto i mancati ristori per il settore, aprendo una vertenza con il Ministero delle politiche agricole e che, a livello, di comparto generale agro-zootecnico, stà coinvolgendo (come lo dimostrano i dati degli acquisti per la Pasqua) il prezzo dell’agnello da latte.  Ma è anche una crisi, quella del comparto lattiero-caseario, erede di quella del 2019, quella della “guerra del latte” che aveva avuto il territorio del Gocéano tra i protagonisti e per il quale i pastori sardi, di recente, hanno rilanciato la battaglia sul prezzo del latte, con il tutto che avviene ancora “in una griglia senza contratto tipo” (argomento di cui si occuperà  BARANTINAS).

Rispetto ai vuoti sanitari, istituzionale ed alla crisi economica dettata dalla pandemia, una “voce”, infine, è rimasta “viva” nel Gocéano, sebbene flebile: è quella della Chiesa locale. In tal senso va letta anche la diatriba/querelle che, nei mesi di dicembre- gennaio, ha fatto assurgere Bono a caso nazionale per via del divieto, espresso da una ordinanza comunale, delle celebrazioni liturgiche causa contagi. Ordinanza impugnata dalla Curia, sospesa dalla Prefettura, cui, in via cautelare, ha dato ragione il TAR  Sardegna, senza la costituzione, opportuna, in giudizio dell’amministrazione comunale e che, a settembre 2021, conoscerà una sentenza definitiva di cui, per gli ecclesiasticisti e gli studiosi dei rapporti Stato- Chiesa, sarà molto interessante leggerne le motivazioni. Al di là di questa battaglia, la Chiesa locale goceanina ha cercato, nel rispetto della normativa vigente, di essere vicina al dramma della propria gente e del proprio territorio, sempre nella tutela del principio fondamentale e costituzionale del diritto della libertà religiosa e, soprattutto, di quello sommo della salute, come disciplinato indirettamente ex art. 32 Cost..

Diritto alla salute che, per fare proprie alcune dichiarazioni di Salvatore Sechi, amministratore locale di Burgos (comune esempio di gestione positiva della pandemia) e da sempre impegnato nel sociale, dovrà rappresentare, anche in Gocéano, il “nuovo perimetro” di azione delle politiche locali. Per porre fine al requiem di un territorio come l’Alta Valle del Tirso è questo, sostanzialmente, il monito: perseguire nuove politiche pubbliche tese alla tutela sanitaria.

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Un commento

  1. Questa mattina presso la sede della comunità montana Goceano, si è tenuto un incontro alla presenza dei rappresentanti istituzionali dei comuni, alcuni medici di base e dei dirigenti dell’ATS. Un incontro importante, in cui tutti gli amministratori hanno presentato i tanti problemi, dubbi e richieste in merito ad alcuni aspetti sui tempi e sulle modalità da adottare sul proseguo della campagna di vaccinazione. Un dibattito costruttivo, in cui tutti i presenti, si sono trovati, ad affrontare un tema molto delicato e importante. Nonostante tutto, abbiamo potuto constatare la massima disponibilità da parte dell’ATS di procedere in modo più spedito nella vaccinazione degli OVER 80, soggetti fragili e vulnerabili e pazienti non autosufficienti, che necessitano quanto prima di essere messi al riparo da questo virus subdolo e invisibile. Possiamo affermare di essere già sulla buona strada, anche se riteniamo che sia necessaria la collaborazione da parte di tutti. Ora, non ci resta che seguire le indicazioni forniteci dall’ATS per attivare un piano vaccinale condiviso, in modo da arrivare alla vaccinazione di tutti, nel minor tempo possibile. Infine vi comunichiamo che nei prossimi giorni avremo modo di fornire ulteriori informazioni più dettagliate.

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