LA RECENSIONE PER LO SPAZIO WEB “A LIBRO APERTO” DIRETTO DA MAIKA MEDICI: “LA LUNA SPENTA – CANTI D’AMORE” DI MASSIMILIANO PERLATO

di FEDERICA CABRAS

È stato dato alle stampe il primo libro di poesie di Massimiliano Perlato, giornalista e direttore di Tottus in Pari, rivista dedicata ai sardi.

“La luna spenta. Canti d’amore”: questo il nome della raccolta che mostra il travagliato percorso dell’artista. Molti sono i temi trattati nei componimenti che hanno toni diversi, come riflesso del complesso animo dell’autore.

Perlato ci regala i suoi più intimi pensieri, le sue riflessioni più recondite. Talvolta, hanno il sapore agrodolce del ricordo, della malinconia, altre l’odore della speranza, quella che non si deve mai lasciar andare, pena la perdita del senno. Altre ancora, recano la voglia di ricominciare, rinascere, riprendere le redini di una vita che necessita di un nuovo giorno per brillare. Del resto, il passato è lì per dirci che agire in un determinato modo ha avuto degli effetti. È lì, insegnante implacabile, per sussurrarci all’orecchio cosa aspettarci dai giorni che verranno. Il passato è un maestro duro, è vero, ma ci insegna più che altro a guardare avanti, sempre consapevoli di quello che è stato ma non schiavi del tempo.

Ho adorato le poesie di Perlato, così vere, autentiche… le ho viste come un modo per metabolizzare – persino attraverso una sorta di espiazione – un periodo così grigio e intenso e straziante da dover essere necessariamente raccontato in versi. E così i sogni diventano incubi, la propria testa una prigione e i canti sono senza musica. Ma non solo. Vediamo nel dettaglio.

Un “noi” che sembra andato, perso nel tempo. Sfocato come una luce che, piano piano, si affievolisce fino a diventare troppo debole per essere vista, per riscaldare il cuore. Si parte da questo struggimento, da questo senso di perdita, di rimorso, di dolore.

“Parlerò di noi nelle poesie, di te che sei brezza vespertina e mi puoi comprendere.”

Ma non c’è tepore nel cuore quando viene sancita la fine di qualcosa che è stato bello, quando due persone che prima erano unite adesso sono come “foglie disperse dal vento”. E la speranza qual è, quando tutto sembra buio? Be’, di non soffrire. E spesso si cammina controvento, ricorda il giornalista poeta, per scappare da questa folle sofferenza, e l’unico appello da fare è alla vita, nel cui ventre siamo stati cullati tutti: “Troppo lontano è il cielo, ma tu lasciami sperare”. Tra pianto e silenzio, quello che “snebbia i rancori”, Perlato attende il domani per “ritrovare la sua identità in quella parte d’azzurro che porge le sue nuvole per vagheggiare un cielo ancora da scoprire”. Un velo di dolce stil novo aleggia quando i ricordi sanno dare persino una sensazione delicata: quando il pensare ai tempi passati non provoca pianto e rabbia, quando non incendia il petto di dolore e di rimorso, si può perdersi in quel che fu con soavità, sorridendo per un amore che, nonostante appaia perduto, fu tanto forte da insegnarci la vera bellezza, l’importanza di donarsi.

“Lei era il vento, era la luce, la magia di un ciliegio che fiorisce in primavera.”

Ma le sensazioni si alternano, fanno a gara per rubarsi il posto nel cuore di chi ha sofferto ‘sì tanto da sentirsi rotto dentro.

“E mi ritrovo in un campo di sole con ali polverose a mietere rimpianti intessuti nel vento.”

E si piange, certo, e l’inquietudine aleggia mentre si pensa al destino beffardo e alle ombre che aleggiano. E ci si sente come se non si potesse nemmeno più respirare, affannati in una corsa verso qualcosa che non si raggiunge mai. E la lontananza “svena, graffiandolo dentro”. E il sole è amaro e maestro di tormenti, in una notte senza fine.

“Misuravamo il tempo coi battiti del cuore ed ora rintoccano i silenzi in questa fabbrica di fantasmi.”

Troviamo anche, quasi come unico conforto, dei componimenti per l’Isola che – con i suoi odori, i suoi paesaggi caratteristici e i suoi sapori – Perlato porta nel cuore e per suo figlio, piccola e preziosa perla di un’esistenza che ha vissuto sempre a mille, donandosi agli altri con passione e dedizione.

“Quell’ombra sicura ricorda le strade dove i miei piccoli passi rincorrevano gli aquiloni e gli occhi stupiti di bimbo seguivano nel profilo del tramonto la lunga carovana di gabbiani perdersi nell’assurdo infinito dell’orizzonte.”

È bello perdersi tra le parole, le virgole, le frasi di un giornalista che ha messo a nudo la sua sofferenza e le sue speranze. Un giornalista dall’animo travagliato, che solo le persone speciali sanno vantare, che si è donato ai lettori. Completamente, senza se e senza ma.

https://maikamedici.com/

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