LE ATTIVITA’ CULTURALI ONLINE DEL GREMIO DEI SARDI DI ROMA: QUATTRO APPUNTAMENTI TRA MEMORIA E STORIA

Antonio Gramsci e Grazia Deledda (sopra); Edith Bruck e Antonio Segni (sotto)

di LUISA SABA

Quattro appuntamenti on line realizzati dal Gremio dei Sardi di Roma nei primi tre mesi del 2021, ancora dominati dal coronavirus. (Visionabili sul sito del Gremio, www.ilgremiodeisardi.org,  rubrica Streaming)

Fine gennaio, inizi di febbraio, nella vita pubblica del nostro paese si celebra Il giorno della Memoria, data simbolo istituita con risoluzione del Parlamento di Strasburgo per significare l’importanza della memoria sulla Shoah nel futuro di una Europa pacificata dall’odio antisemita. La costruzione di una memoria comune è diventata un dovere morale per la nostra generazione, un impegno non più legato solo a gruppi, associazioni di vittime o a testimonianze di sopravvissuti, ma un compito legato alla realizzazione di politiche coesive a livello locale, nazionale, europeo e internazionale. L’Unione Europea ha destinato notevoli risorse per valorizzare date simbolicamente importanti, finanziare progetti di ricerca nelle Università, sostenere iniziative culturali rivolte alla scuola e alle associazioni, mirate alla creazione di comitati e la istituzione di date che diventassero giornate di memoria e di riflessione.

Certamente la data più famosa e commemorata è quella del 27 gennaio, che ricorda l’Olocausto, giustamente considerato come elemento centrale nella costruzione della identità europea. Ma accanto ad essa l’Europa ha voluto ricordare le vittime del genocidio dei rom, dei sinti, dello stalinismo, del nazismo, del fascismo, dell’antisemitismo, dello schiavismo, del terrorismo; tra gli anni 80 e 90 del secolo scorso, le politiche della memoria, le richieste di perdono, le proposte di riparazione, le commemorazioni sono entrate nella scuola e nell’ insegnamento con il risultato, come dice lo storico triestino Marcello Flores (Cattiva Memoria, il Mulino,2020), che la memoria ha sostituito la storia ed è diventata la lettura predominante nel rapporto con il passato. Il tema della memoria è particolarmente sensibile in una Europa dove confluiscono etnie e popoli diversi con tradizioni e culture variamente orientate, tra le quali gli scontri di identità e di appartenenza sono riemersi in forme di intolleranze, xenofobie, nuovi razzismi e visioni della vita divisive, spesso inconciliabili e fonte di atti aggressivi.

In Italia il ruolo della memoria, si parla di quella collettiva, comprensiva dei retroterra locali, sociali, etnici, linguistici, è reso ancor più complesso a causa di una storia nazionale particolare, caratterizzata dalla presenza di un “arcipelago di culture”. A causa del decentramento regionale, di un passaggio rapidissimo da società agricola a società industriale, di uno sviluppo ineguale tra Nord e Sud, e ultimamente di una significativa presenza di immigrati provenienti da paesi lontani, nel Paese è cresciuta la paura di essere invasi da gruppi stranieri, il bisogno di dover difendere le proprie origini da possibili aggressioni di altre culture, in altre parole chiusure sovraniste e nazionaliste.

In un clima di divisione e diffidenza si accentua il contrasto storia/memoria e la  “memoria” viene spesso  strumentalizzata per fini propagandistici con una narrazione dei fatti che contrapporre identità a identità, secondo una triste polemica che vede, ad es. negare interi drammatici episodi di stragi, equiparare resistenza antinazista a resistenza anticomunista, shoah a foibe, comparsa di gruppi intolleranti che scaricano odio contro persone fisiche (come  verso la senatrice Segre) contro sportivi di colore etc… Si assiste ad  un  crescendo di intolleranza e di razzismo strisciante, paradossalmente opposto al desiderio di pacificazione affermato e dichiarato con la  celebrazione delle giornate della memoria. Eppure la tenuta democratica di una società come la nostra passa attraverso il superamento di intolleranze e contrasti presuppone una purificazione della memoria, obiettivo non facile che passa solo attraverso un lungo percorso culturale.

Ho fatto questa premessa per sottolineare la cura e l‘attenzione che il Gremio dedica da sempre nell’organizzare le giornate della memoria, dedicando il massimo rispetto alle testimonianze ed alle interpretazioni personali e artistiche che della memoria hanno le persone ancora viventi e analizzando invece con il contributo di documentazioni ed esperti i fatti e le biografie che hanno segnato la storia e la cultura sarda (Sas raighinas, le radici). 

Sul filo rosso che collega la memoria collettiva dei sardi agli aspetti valoriali delle diverse identità sarde operative fuori dall’Isola, si muove, in maniera più spiccata in questo ultimo decennio, l’impegno culturale del Gremio dei Sardi di Roma, in sinergia con altre realtà che condividono questo impegno , come la rivista  Tottus in Pari validamente diretta da Massimiliano Perlato, e cercando di aderire allo spirito originario della Fasi, Federazione dei Circoli Sardi d’Italia alla quale aderiamo, mirato a tener vivo un ponte culturale tra i sardi della diaspora e la loro terra.

 Una pietra miliare in questo senso e rappresentata dall’ importante storia de “Il Gremio – ha più di 100 anni, ma ne dimostra 67”, Edizioni Nemapress 2015, opera scritta  da Antonio Maria  Masia  in ricordo della prima Associazione dei sardi di Roma, costituita nel 1911 e, dopo il lungo periodo delle guerre mondiali e regime fascista, ricostituita nel 1948 con il nome “Il Gremio” a cura di Pasquale Marica (il fondatore) in collaborazione con le più significative personalità inserite a Roma nei vari settori civile, politico, economico e artistico: Remo Branca, Melchiorre Melis, Gavino Gabriel, Ennio Porrino, Salvatore Mannironi, Antonio Segni, Mario Segni, Mariano Pintus, Mario Rossi…

La conoscenza e la diffusione del patrimonio culturale insito nella storia e nella memoria dei sardi caratterizza la scelta e messa in opera della maggior parte delle iniziative del Gremio, come, per ricordarne alcune:

– la celebrazione de Sa Die de sa Sardigna,

– la scoperta e presentazione, ad opera del compianto Prof Niccolò Tanda, di uno fra i più grandi scrittori e poeti sardi del 20mo secolo, Antonino Mura Ena;

– la divulgazione della rappresentazione teatrale, a cura di Daniele Monachella, dell’opera “Un Anno Sull’Altopiano” in memoria del suo autore, Emilio Lussu;

– le pubblicazioni di lavori anche inediti su Grazia Deledda, ad opera di Neria de Giovanni, la maggiore conoscitrice e studiosa del premio Nobel,

– il ripristino della prima pellicola sulla Sardegna in bianco e nero, Altura, girata negli anni 49/50, dal regista di Cagliari Mario Sequi cofondatore del Gremio, ritrovata grazie alle ricerche relative alla realizzazione del libro sulla storia del Gremio e restaurata dalla consigliera del Gremio, Franca Farina,

– la divulgazione nella versione cinematografica della celebre opera lirica, presentata al lirico di Cagliari “  Shardana, gli uomini dei Nuraghi”  del Maestro Ennio Porrino, cofondatore del Gremio, con la collaborazione della figlia Stefania e della moglie Malgari Onnis,

– la vita di Antonio Gramsci ricordata e nei libri in fumetti, ad opera di Sandro Dessì  che ha reso accessibile anche ai giovanissimi la storia e le lettere  del grande pensatore, e attraverso i conosciuti e bravissimi Tenores di Neoneli il cui leader, Tonino Cau, ha dedicato un volume di circa 1000 ottave sarde al grande di Ghilarza, diventato un  appuntamento fisso negli incontri del Gremio.

La pandemia ha inevitabilmente modificato, ma non interrotto, gli appuntamenti del Gremio, che ha voluto onorare, dall’inizio del 2021 ad oggi, le giornate della memoria con quattro incontri on line, uno sul ricordo di Antonio Gramsci per il 130esimo dalla nascita, avvenuto il 22 gennaio, il secondo sulla Shoah vista con la testimonianza di Edith Bruck, realizzato il 27 gennaio, il terzo centrato sulla figura di Antonio Segni, il primo presidente sardo della Repubblica e primo presidente onorario del Gremio, in occasione del suo 130esimo anno dalla nascita, il quarto, l’8 marzo nell’ambito della celebrazione della Giornata internazionale della  Donna in ricordo di Grazia Deledda nel 150esimo anniversario della sua nascita e di Maria Carta.

In questi inediti e singolari incontri la realizzazione a distanza, meno spettacolare e meno calda senza la partecipazione del pubblico, ha tuttavia accentuato l’ esigenza, più sentita in questo momento di  storia sospesa, di riflettere profondamente su come hanno affrontato prove difficili e sacrifici immensi persone che hanno segnato la storia della Sardegna e non solo, il cui ricordo può oggi aiutarci a risorgere dalla tragedia della pandemia. 

Il primo: Antonio Gramsci,

che lo storico Eric Hobsbawm definisce il più originale pensatore dell’Occidente nell’epoca moderna, nato in Sardegna nel 1891 , ha vissuto tra la fine dell’800 e la prima parte di quel “mondo grande e terribile” che fu la prima metà del Novecento. Trascorse la propria infanzia tra Ales, Sorgono, Ghilarza  Santu Lussurgiu, in una parte della Sardegna particolarmente povera e arretrata, quando si vagheggiava di uno sviluppo che mai arrivò e in un clima che fece crescere nel giovane Nino una sensibilità sui  temi del sardismo indipendente, sentimento destinato, dopo gli anni delle esperienze torinesi, ad allargarsi a quello del riscatto della classe operaia organizzata: contadini del Sud unitiagli operai del Nord per la formazione di un patto unitario dei lavoratori che avrebbero dovuto  contrastare il blocco sociale di potere costituito dai grandi industriali del Nord e i latifondisti del Sud. La prospettiva pensata da Gramsci era quella dell’egemonia di un ordine nuovo, non totalitario, dove il socialismo conquistava la coscienza delle masse protese verso la creazione di una città futura giusta e solidale. In maniera densa ed efficace, commentando i versi sardi scritti dal poeta Peppino Marotto di Orgosolo, lo storico Prof. Carlo Felice Casula ha tracciato la biografia politica di Antonio Gramsci, sottolineandone i concetti chiave: sardismo, unità, egemonia, futuro. Uno stile straordinario, quello offerto dallo storico Casula, che senza retorica, asciutto ed essenziale, ci porta a “chistionare”, porre questioni e ragionare sui temi più importanti del pensiero del grande sardo. Altri due contributi significativi sono la lettura di alcune lettere scritte da Gramsci dal carcere su temi più autobiografici e personali, rivolte alla madre, ai fratelli, alla moglie e ai figli: danno l’immagine della forza morale con cui Gramsci affronta la privazione della libertà e rivendica la giustezza della causa per la quale si trova in prigionia.

 La voce interprete è quella dell’attore sardo Alessandro Pala Griesche, che riesce a dare un tono pacato e allo stesso tempo solenne alle parole di Gramsci. Di particolare impatto è la lettura che l‘attore fa del  famoso  “Odio gli indifferenti”, dove attraverso una recitazione  “ pedagogica ” del testo, priva di irruenza e invettiva ma ricca di tensione morale, mette in luce la vera anima del testo, un invito ad abbandonare l’assenteismo, lo scetticismo, l’agnosticismo, il fatalismo, il vittimismo, facce dietro le quali si nasconde l‘indifferenza, vista come codardia, come tendenza a non  prendere parte, a non coinvolgersi, a chiudere gli occhi, a far finta di non sapere, a non partecipare. La partecipazione, diventa la risposta di Gramsci all’indifferenza e corrisponde con quella forma di consapevolezza civile e di responsabilità personale di cui si sostanzia la cittadinanza democratica.

Chiude l’incontro un prezioso cammeo, singolare poema in italiano dedicato a Gramsci da Antonio Maria Masia, concepito mentre visitava il cimitero acattolico, all’ombra della piramide Cestia in Roma, dove si trovano le ceneri ”non ancora disperse” di Antonio Gramsci. Il poema “Quel cervello non deve funzionare” è un coro a tre voci, dove la voce di denuncia dell’autore Masia si alterna alla voce arrogante del potere tiranno fino alla voce-preghiera accorata di Gramsci prigioniero che chiede ai suoi cari di non essere dimenticato.

Il secondo appuntamento

sui sentieri della memoria, in questo caso quello specifico della memoria dell’Olocausto, si svolge il 27 gennaio, sempre on line, nella sede del Gremio di via Aldovrandi 16, priva di pubblico per rispettare le norme anticovid. L’incontro ospita una straordinaria figura di donna, Edith Bruck, scrittrice, poetessa, sceneggiatrice, sopravvissuta ai lager nazisti e testimone della Shoah. L’attrice Stefania Masala legge alcune parti dell’ultimo, il più recente dei 25 libri che rappresentano la ricchissima produzione letteraria e poetica di Edith Bruck, Il Pane perduto . Pubblicato nel febbraio di questo anno 2021, il libro ripercorre la vita della scrittrice dall’infanzia in un piccolo villaggio ungherese, alla deportazione, aveva 13 anni, ad Aushwitz con i genitori un fratello e una la sorella; la prigionia, la perdita dei genitori e del fratello nelle camere a gas, il trasferimento a Dachau, la fuga a piedi per settimane per raggiungere le truppe anglo canadesi, e poi, a guerra finita, il pellegrinaggio tra Europa, Stati Uniti e Israele alla ricerca dei familiari superstiti, il tentativo di raggiungere l’Argentina, il fallimento di due matrimoni, la sperimentazione di mille lavori da ballerina a sarta a cuoca fino a raggiungere Roma dove incontra il suo Nelo Risi importante poeta e regista che sarà il suo compagno e marito per più di 60 anni. Un’odissea durata dal 1940 al 1954, 25 anni di crimini e orrori narrati con lo stile di una sceneggiatura drammatica, sublimata da una scrittura quasi surreale, che riesce ad avvolgere di poesia e pietà gli episodi più cruenti, nella costante ricerca di ogni alito di resistenza presente anche nelle prove più dure della vita. “Volevo scrivere delle favole, racconta l’autrice, ma la vita di noi sopravvissuti alla Shoah non è solo nostra, è un miracolo che abbiamo il bisogno e il dovere di raccontare per onorare il sacrificio dei morti e accettare di essere sopravvissuti ad essi senza soccombere ai sensi di colpa. Il dolore per la terribile e razionalmente incomprensibile tragedia provata ha portato alcuni di noi, come Primo Levi, a togliersi la vita! Io ho evitato il peso del sentimento di colpa solo perché ero troppo piccola in campo di concentramento per capire la crudeltà dei criteri che discriminavano chi era destinato a morire! Ma diventata adulta non ho potuto evitare di dedicare la mia voce, parlata o scritta, a far conoscere le ingiustizie e le atrocità subite per allertare i giovani sui pericoli del rinascente odio razziale “. Il  Pane perduto è una commovente storia che racchiude la dimensione emotiva, poetica, sociale e politica della persona Edith Bruck, documento che fa luce sulla maniera ambigua con la quale attraverso il concetto di condivisione si vuole rappresentare un giudizio politico, di unanimità. Chi legge la Bruck può entrare in empatia con la protagonista, commuoversi per le tragedie a cui è andata incontro, aderire al messaggio di tener vigile la coscienza sui sempre possibili attentati alla libertà, ma deve rinunciare alla pretesa di condividere memorie personali per natura non condivisibili. La Bruck ad esempio spiega la diversa risposta che lei diede all’esperienza della prigionia rispetto a quello di Primo Levi, capisce e non condanna il gesto di Levi e cosi lo spiega: “Levi affrontò con la coscienza da adulto, l’orrore del campo di sterminio dal quale non si capacitava come ne fosse uscito, il peso di quell’orrore che non riusciva a raccontare lo schiacciò! Io invece ero troppo piccola quando entrai nel campo; per non vedere Mengele, il medico aguzzino, chiudevo gli occhi e pensavo, come succede ai bambini, che questo gesto mi rendesse invisibile! In me il sentimento di vita è prevalso al sentimento di morte. Se avessi avuto l’età di Levi forse non sarei sopravvissuta! Ed anche oggi io scrivo per vivere, per dare senso alla mia esistenza! Ultimamente pensavo di scrivere fiabe, ma iniziando a farlo è prevalso il bisogno di scrivere la mia testimonianza ed ora (con questa invocazione si chiude il “Pane perduto”): Ti prego Dio, lasciami la memoria che è il bene  più prezioso per trasmettere ai giovani messaggi di giustizia e di pace”.

Il terzo incontro,

sulla figura umana e politica di Antonio Segni, per sottolineare da parte del Gremio, con accenti di pacato e sereno orgoglio, la memoria della sarditudine: il primo presidente sardo al vertice della Repubblica nel 1962! Dopo una fenomenale carriera fra Ministeri e Presidenze del Consiglio, (a lui si deve la famosa Riforma Agraria che toglie ai latifondisti, la sua famiglia compresa, e da la terra ai contadini) l’elezione offre alla comunità dei Sardi dentro e fuori dell’isola un “sentimento” di fierezza senza pari, una sorta di riscatto per tutta la comunità sarda! Antonio Segni è stato il primo presidente onorario ad avere la tessera numero uno dell’Associazione, e nel gennaio del 1964 una visita indimenticabile presso la sede del Gremio, in compagnia della moglie Donna Laura. Sardegna di Roma in festa in quella occasione  e a riceverlo il presidente On. Salvatore Mannironi e il fondatore Pasquale Marica che gli aveva appena dedicato un libro biografico: “Antonio Segni”, libro che preziosamente fa parte della nostra Biblioteca, precisa Masia. E nel ricordo si sottolinea, con il figlio Mario, politico importante a livello nazionale e europea anche lui per molti anni presidente del Gremio e ora presidente onorario, e con il nostro presidente dei probiviri Antonio Casu, Consigliere Capo Servizio e Bibliotecario della Camera, e accompagnati dalla magistrale lettura di alcuni brani a cura dell’attore sardo di Cagliari, Francesco Madonna, l’attaccamento alla terra natia del Presidente Segni. Sentimento da lui manifestato sempre, ovunque e comunque, ben evidenziato dal figlio Mario ricordando questa frase di Indro Montanelli: “ L’amore di Antonio Segni per la sua Sardegna è qualcosa di carnale, ammesso che si possa usare questo termine per una persona così diafana. Ogni venerdì pomeriggio non c’è crisi politica, non c’è problema di Governo, non c’è tempesta metereologica che lo possa dissuadere dal prendere l’aereo per la Sardegna”. E Masia ricorda questa del giornalista Filippo Ceccarelli: “Segni, il tipico gentiluomo di campagna, nobile di nascita, ma popolare per scelta ideale. Antifascista e anticomunista, taciturno, sobrio, garbato e al contempo tenace e assertivo. Un uomo con una energia ostinata e sorprendente nonostante il suo fisico esile e gracile tanto da meritarsi l’affettuosa definizione degasperiana di ammalato di ferro. Conclude Antonio Casu: “Un esponente di primissimo piano negli anni della ricostruzione dopo la guerra, cha fa ripartire il tessuto democratico con pienezza di accenti, che ha un disegno chiaro di politica estera, una visione lungimirante dell’azione politica. Un moderato, con una grande sensibilità sociale”. 

Gli incontri sulla memoria proseguono. Il quarto

con il ricordo di Grazia Deledda, nata 150 anni fa e celebrata nell’8 marzo giorno internazionale della Donna. Neria De Giovanni, scrittrice sarda nativa di Alghero, presidente dell’AICL, Associazione Internazionale dei Critici Letterari, tra le massime conoscitrici dell’opera di Grazia Deledda, sulla cui figura ha scritto ben 17 tra opere e saggi, sceglie di riflettere su alcuni temi che più sottolineano la internazionalità della grande scrittrice sarda premio Nobel per la letteratura. Sono temi tratti dalla lettura di “Canne al vento”, in particolare dal cammino di pellegrinaggio che Efix fa lungo i santuari campestri del nuorese. Perché questo cammino letterario venga riconosciuto come pellegrinaggio spirituale di interesse naturalistico ambientale esiste una richiesta formulata dal Gremio alle autorità regionali sarde a seguito di un innovativo progetto: “I cammini dell’identità”, realizzato dallo stesso Gremio nel luglio del 2018. La natura, nella scrittura della Deledda, non è mai un contorno descrittivo, bensì un modo potente per rappresentare stati d’animo, come nel caso emblematico di “Canne al vento”, la cui forza evocativa ha generato nel tempo eventi multimediali straordinari come uno sceneggiato Rai, musicato dal grande Maestro Ennio Porrino.

La sensibilità ambientale della Deledda viene accentuata dal suo essere donna; due dimensioni, ambiente e donna che collegano la prima parte dell’incontro al secondo, condotto da Grazia Francescato, autorevole rappresentante dell’ambientalismo italiano, già Portavoce dei Verdi, presidente del WWF. Mentre le parole di Neria erano state introdotte dal soprano Manuela Manca con il canto “No potho reposare’’che ormai porta la Sardegna nel cuore di tutti i sardi e non solo, un secondo intermezzo emozionante e’ la lettura di un brano dell’Enciclica di Papa Francesco “Laudato sì”, magistralmente eseguita dall’attrice Stefania Masala, che concludeva i suoi interventi con la lettura di una implorante poesia molto bella e coinvolgente di Anna Manna: Ave Maria dei Naufraghi.

La riflessione proposta da Grazia Francescato ha un titolo accattivante: “Il verde è rosa”, dice la Francescato, la  protagonista  della riconversione ecologica auspicata in “Laudato sì” sarà proprio la donna, portatrice dei valori cheguidano la necessaria svolta  ambientale, come la intelligenza calda, cuore della capacità di prendersi cura, come la capacità di conservare una buona relazione, il dialogo tra le persone, come la capacità  di  interconnettere una cosa all’altra e di praticare la sostenibilità, intesa questa ultima  come capacità di salvaguardare  il proprio benessere senza pregiudicare quello delle generazioni future.

Chiude questo quarto incontro una stupenda poesia : “Sa vida, sa vida mia/ sonos cantos e poesia/ e a Marta e Teresa custa cara/ fizos a manu tenta/ su dilliriu s’imprenta /ch’in coro meu tenia e in lara/ pro te amada terra/ in paghe chentza gherra/ pro ch’esseras Sardigna perla rara/ in d’unu mundu ‘onu/ ne dolu ne affannu ne padronu… scritta da Antonio Maria Masia, splendidamente musicata e cantata da Ennio Santaniello di Nuoro e dedicata a Maria Carta,  l’indimenticabile “boghe de sa Sardigna”, l’artista  che con il suo libro di poesie, “Canto rituale”  e il suo magnifico canto ha dato voce a tutte le donne e uomini dell’isola e al loro amore per la comune  madre terra  natale..

Antonio Gramsci, Edith Bruck, Antonio Segni, Grazia Deledda e Maria Carta, ricordati in questi incontri dedicati alla memoria, per aspetti diversi sono stati capaci di affrontare le loro prove superando e oltrepassando le barriere identitarie; Gramsci, il suo pensiero,  ha trasportato il bisogno di giustizia dei contadini del Sud nel bisogno e diritto al riscatto e alla  egemonia delle classi sfruttate, contadini e operai, in Italia e nel mondo; Edith Bruck ha indicato nella strada alla educazione, alla pace e alla giustizia il superamento dell’Olocausto come mero seppur sofferto ricordo dei torti subiti dal popolo ebraico; Antonio Segni gentiluomo, galantuomo e giusto al servizio dello Stato e della Nazione ha indicato nella riforma agraria la strada per fare uscire la Sardegna dall’isolamento e proiettarla in un quadro europeo; Grazia Deledda ha superato la barriera linguistica che impediva alla Sardegna post unitaria di integrarsi nella cultura nazionale usando la lingua italiana per portare a conoscenza del mondo intero la Sardegna, i suoi costumi, le sue tradizioni; Maria Carta ha sublimato con il canto rituale il dolore della donna sarda facendole assumere dimensioni universali.

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