L’ISOLA DELLE TORRI, CON I SUOI 8 MILA NURAGHI E LE COLONNE D’ERCOLE POSIZIONATE IN SICILIA: LA SARDEGNA E’ IL REGNO DI ATLANTE?

di MARIO TOZZI

Essendosi verificati terribili terremoti e inondazioni, nel corso di un giorno e di una terribile notte, tutti i vostri guerrieri sprofondarono insieme dentro la terra e allo stesso modo fu sommersa e scomparve l’isola di Atlante. Per questo ancora oggi quel mare è diventato impercorribile e inesplorabile, essendo d’impedimento i bassifondi fangosi che produsse l’isola, sprofondando. Platone

È forse il mito più ancestrale e affascinante, di sicuro è quello più persistente nell’immaginario degli uomini, quello per decifrare il quale si è indagato di più, dalla Grecia alla Turchia alla Gran Bretagna, perfino al Giappone: quanto sareste sorpresi se qualcuno vi rivelasse che la fantastica Atlantide era, in realtà, la Sardegna? Platone descrive il regno di Atlante nel Timeo e nel Crizia scrivendo di «un’isola grande più della Libya e dell’Asia», potente, civile e sacra a Poseidon, dio del mare, e i cui abitanti erano «costruttori di torri».

L’isola doveva essere ricca di acqua e foreste, con un clima dolce che permettesse più raccolti all’anno e, soprattutto, tanto ricca di minerali (argyròphleps nesos, «l’isola dalle vene d’argento») da permettersi cerchie di mura concentriche di ogni metallo. Atlantide si trovava oltre le Colonne d’Ercole ed era già antica per gli antichi quando venne inabissata dall’ira degli dei, «9000 anni prima» del tempo in cui scriveva Platone.

Secondo Sergio Frau (già giornalista e creatore di questa ipotesi, oggi confortata da dati di aerofotogrammetria, che preferisce la dizione «isola di Atlante») tutte queste caratteristiche sono riscontrabili in Sardegna e non altrove. In effetti la Sardegna sembrava agli antichi anche più grande della Sicilia, lì si facevano tre raccolti l’anno e il clima era eccezionalmente dolce, lì c’erano foreste immense e acqua in abbondanza, lì c’erano piombo, zinco, argento e la società era metallurgica fino dagli albori; lì vivevano i Thyrsenoi (i Tirreni), cioè i «costruttori di torri», i nuraghi. Gli ultimi dati riguardano proprio la civiltà nuragica: le fotografie aeree rivelano che quasi tutti i nuraghi che si trovano a quote basse sono sommersi dal fango, spesso irriconoscibili a prima vista, compresa la grande reggia nuragica di Barumini, disseppellita da 12 metri di fango e portata alla luce dopo 14 anni di scavi. Mentre i nuraghi a quote più alte, sulle giare, sono intatti e fuori dal fango. Perché? Forse la causa sta nella fine di Atlantide: uno tsunami di proporzioni enormi avrebbe colpito la Sardegna: i «costruttori di torri», che vegliavano un gigantesco forziere di argento, raccolti e civiltà perdono molte delle loro costruzioni (i nuraghi censiti sono 8.000, ma c’è ragione di pensare che siano molti di più). Gli approdi sicuri e i porti annegano sotto il fango, non ci si orizzonta più tra i fondali e la rete di commerci millenaria salta. In quel momento arrivano i Fenici e gli atlantidei finiscono asserviti ai faraoni o come fabbri in tutto il Mediterraneo. Non fu un maremoto qualsiasi, fu un mega tsunami, con ondate alte centinaia di metri, eventualità oggi ritenuta possibile da molti studiosi.

Restano due problemi, il momento della fine e l’indicazione geografica. Novemila anni dalla morte di Socrate, cui dobbiamo sommare 399 anni e 2016 anni fino a noi: il tutto fa circa 11.550 anni. Ma a quel tempo non esisteva nessuna civiltà nel Mediterraneo. E se, come spesso accadeva in passato, non si fosse trattato di novemila anni, ma di novemila mesi? In questo caso si arriverebbe al 1200 a.C., momento cruciale in cui la Sardegna passa dall’età del bronzo a quella del ferro e in cui viene segnalata una poderosa tempesta sismica.

Infine, la collocazione, «oltre le colonne d’Ercole». Forse, prima del III secolo a.C. le Colonne d’Ercole non erano a Gibilterra, ma nel Canale di Sicilia: lì si trova un mare davvero pericoloso da attraversare, ricco di secche e fondali fangosi (la descrizione che ne fa Platone). A Gibilterra, invece, ci sono 700 m di acque limpide e nessun pericolo. Ma chi ha spostato le Colonne d’Ercole? Il responsabile è Eratostene (III secolo a.C.) di Cirene, che porta le Colonne a Gibilterra, probabilmente per rimettere Delfi al centro del mondo conosciuto, dopo che era passato il ciclone di Alessandro Magno, che aveva allargato i confini del mondo verso Oriente. Le Colonne migrano a Occidente per ragioni di simmetria, cade la cortina di ferro del mondo antico. Nasce una nuova geografia.

Naturalmente molti pensano che Atlantide sia solo una metafora platonica: può darsi, però, come scriveva il filosofo neoplatonico Salustio, «queste storie non avvennero mai, ma sono sempre». Certo, se questa ipotesi è vera, bisogna formattare daccapo il disco rigido ormai vecchio e intasato della nostra cultura classica, in cui tutto è Grecia. Ma un giornalista-archeologo (e un po’ geologo) ci invita a farlo con argomenti chiari e avvincenti. Magari occorrono ancora altre prove, ma anche questa storia nasce da un sogno, solo che resta lì quando ti svegli e a farci i conti sono le nostre radici: è come se un pezzo di noi tornasse finalmente al posto che aveva, verso le terre del tramonto da cui siamo realmente venuti.

#lastampa

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4 commenti

  1. L’articolo di Mario Tozzi, L’isola delle torri, scritto mi pare di aver capito nel 2016, suppongo in occasione di un precedente programma televisivo sullo stesso argomento. Le stesse cose Tozzi le scriveva nel 2003 accogliendo le tesi del libro di Sergio Frau “Le colonne d’Ercole, un inchiesta” un intrigante congettura sull’individuazione di Atlantide, dello schiaffo di Poseidone, e l’inizio del tramonto della civiltà nuragica. Stesso intuito lo ebbe, ma con minor fortuna, Paolo Valente Poddighe a cui il “Messaggero sardo” dedicò un articolo di Massimo Carta nel dicembre del 2004.
    Sergio Frau, bravo e intraprendente giornalista di Repubblica, ha saputo creare intorno alla sua tesi un seguito di persone di cultura di tutto rispetto. Ha organizzato delle escursioni nei principali siti dell’archeologia nuragica di gruppi di professori universitari di diverse discipline, il suo libro ha dato spunto a dei convegni e una mostra fotografica che partendo da un’esposizione all’Aeroporto di Cagliari, è arrivata ad essere esposta e dibattuta prima all’Unesco a Parigi e poi all’Accademia dei Lincei a Roma. Ha coinvolto la televisione con programmi come quelli di Mario Tozzi, documentati belli e coinvolgenti, e questi hanno il merito di smuovere la curiosità delle persone, di dare la consapevolezza della grande civiltà sarda, ma rimane più un’ipotesi di un lungo lavoro di ricerca che la conferma di una tesi affascinante. Il programma “La vera storia dell’isola di Atlante” andato in onda il 14 novembre, non mi sembra abbia dato le risposte che lui si era riproposto di dare nel 2003, quando stese un programma di indagine geologica e archeologica.
    Spesso la ricerca archeologica, ma scientifica in generale, abbisogna di tempo per conclamare dei risultati. Frau con il suo intuito e la sua intraprendenza mi sembra abbia voluto accorciare i tempi anche mettendosi contro la Soprintendenza Archeologica cosa che da una parte gli ha procurato le simpatie anche di chi è sempre contro qualcosa, e dall’altra lo priva dell’ufficialità dei suoi risultati.
    angelomanca

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