IL TEMPO, IL VENTO, IL SILENZIO SONO GLI ABITANTI INCONTRASTATI DELLA COLONIA PENALE DI CASTIADAS

immagini dell’autrice dell’articolo

di RITA CODA DEIANA

E’ il Tempo il protagonista di questo edificio, che un tempo non molto lontano rappresentava una casa di reclusione: il carcere di Castiadas, una delle più grandi colonie penali agricole italiane. La prima pietra per la costruzione della colonia penale, sotto la direzione del cavaliere Eugenio Cicognani, fu posta nel 1875, con lo sbarco, nella spiaggia di Cala Sinzias, tra Villasimius e Castiadas, di trenta detenuti (rei) e sette guardie carcerarie, provenienti dal San Bartolomeo di Cagliari. Il maestoso caseggiato, costruito con il granito e il calcare della zona di Castiadas,  come anche i freddi letti, affiancati da catene dei detenuti, ospitò numerosi condannati che indossavano casacche rosse fino al 1952, rei che, nonostante la pandemia della malaria e la presenza della tubercolosi di quel periodo, lavorarano ettari di terreno, bonificando le aree paludose e trasformandole in terreni produttivi, dove si coltivavano giardini di svariati agrumi, ulivi e ortaggi, cereali, frumento, dedicandosi anche all’allevamento di bovini, suini e ovini. Nel 1903, grazie all’allevamento di vacche sarde da latte, nella colonia penale venne realizzato un caseificio, per la trasformazione del latte in pregiato formaggio e burro e nel 1908, grazie a una selezione genetica del bestiame, si effettuarono degli incroci tra le vacche di piccola stazza sarde e i tori di razza modicana, importati dalla Sicilia. Una selezione genetica, che migliorò l’attitudine dinamica della popolazione bovina sarda, portando migliorie al lavoro nei terreni pesanti, fino all’avvento della meccanizzazione agricola.  Il legname dei folti boschi presenti nella zona, venne lavorato e utilizzato dai detenuti, per la produzione del carbone. Alla fine del 1876, nella colonia penale, oltre alle celle dei prigionieri, erano presenti una falegnameria, le officine di fabbri, carpentieri e un’infermeria. La colonia penale di Castiadas (terra castigata, così definita, forse a causa delle terre paludose circostanti), era anche un luogo di solitudine, sofferenza e terrore… antro di torture medioevali. Per i prigionieri riottosi, era presente una cella oscura priva di luce e aria, dove il reo veniva legato da ferri e camicia di forza e l’unico sostentamento di vita era pane e acqua. Ma la più inquietante era la cella di isolamento dove il reo veniva condannato all’isolamento per sei mesi, dove molti detenuti impazzivano o decedevano a causa della malaria e spesso all’isolamento preferivano il suicidio.

La colonia penale di Castiadas, nei primi del Novecento, ospitò per scontare la sua pena Alessandro Serenelli, l’omicida dell’undicenne Maria Goretti, diventata santa per aver resistito al tentativo di stupro al costo della vita. Con la chiusura della casa di reclusione, avvenuta nel 1952: la struttura passò dal Ministero di Grazia e Giustizia all’ex Ersat, che proseguì la riforma agraria avviata con la bonifica effettuata dal 1875 dai detenuti della colonia penale. Quindi il passaggio di proprietà alla Regione. Nel 2019 nella colonia penale si sono girate le riprese del “Il miracolo dei rei”, film documentario sulla storia della colonia penale agricola di Castiadas, con la gestione della regista Alessandra Usai e come produttore Nicola Mennuni.   Oggi la colonia penale di Castiadas è stata parzialmente restaurata e alcuni caseggiati, trasformati in museo, gestito da volontari che raccontano con documentazione cartacea e video, le testimonianze di vita di chi ha soggiornato in questo luogo di reclusione. Gran parte dell’imponente edificio è circondato dalle transenne e l’ospedale e le celle di isolamento, sono in stato di degrado totale, con rischio di crollo delle mura e con queste anche le testimonianze che così bene custodiscono queste mura della sofferenza e reclusione. Il tempo, il vento, il silenzio sono ormai gli abitanti incontrastati di questo luogo, assisi sull’attesa dei minuti e le ombre che si allungano su quelle pareti scrostate dei muri, acclamano sovrane anche il più piccolo granello di testimonianza che si erge trionfante rispetto a chiunque si rechi a visitare la colonia penale agricola di Castiadas.

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

13 commenti

  1. Rita sei una seria non una improvvisata una che si impegna e studia e originale senza copiare idee bravissima

  2. Gianfranco Sarigu

    Bravissima Rita, la tua professionalità si distingue grazie alla tua serietà e onestà… che poi è quello che sei nella realtà. Con i tuoi articoli riesci a far vivere quelle emozioni e immagini che così bene sai narrare… Ancora complimenti.

    • Rita Coda Deiana

      Grazie Ofelia, speriamo che la colonia penale di Castiadas possa essere valorizzata e perchè no … diventare anche un polo culturale a livello di territorio. Ancora grazie di cuore.

  3. Bravissima Rita, la tua professionalità si distingue grazie alla tua serietà e onestà… che poi è quello che sei nella realtà. Ancora complimenti.

  4. Bravissima Rita…. Conosco molto bene questi luoghi…

  5. Rita Coda Deiana

    Sei molto gentile Alessandra. Grazie di tutto cuore, ho apprezzato molto la tua considerazione.

  6. virgilio mazzei

    Complimenti!
    Bellissimo articolo, scritto con professionalità e cuore. Abbiamo letto una pagina di storia di particolare importanza.

    • Rita Coda Deiana

      Gentilissimo Virgilio, grazie infinite. Penso sia più che giusto che le testimonianze di vita, non solo di questa realtà, ma anche di tante altre del nostro territorio, non sbiadiscano nel tempo. Per questo è importante custodire la nostra storia… le nostre radici, cultura e tradizioni e tramandare il tutto. Ancora grazie.

  7. Bravissima Rita! Non conoscevo questa storia e ti ringrazio per l’accuratezza e la delicatezza del tema.

Rispondi a Annalisa Atzeni Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *