OLTRE L’OBIETTIVO: ANDREA SPIGA, LA FOTOGRAFA CAGLIARITANA AUTRICE DEL PROGETTO DNA100

Andrea Spiga nella foto di Sara Montalbano

di SOFIA CADDEU

Chi è Andrea Spiga? Non sono vissuta in una famiglia tradizionale, con i miei genitori e mio fratello ho passato l’infanzia e l’adolescenza nella grande casa dei nonni che era un porto di mare ma anche una finestra aperta sul resto del mondo. Abitavamo tutti insieme e spesso avevamo ospiti che venivano da lontano, è stato divertente, ha acceso la mia curiosità nei confronti delle persone. Cagliari è la città in cui vivo attualmente ma ho vissuto anche a Bari e a Torino per motivi di lavoro. Abito in una casa piena di libri che si affaccia sul mare e sulla parte vecchia della città che si chiama Castello. Ho viaggiato un pò ovunque ma la Sardegna rimane uno dei posti migliori dove vivere per me. Il mio percorso di vita si può riassumere come la summa di esperienze molto distanti tra loro che mi hanno portato spesso a perdermi in strade lontane da quello che faccio adesso come artista.  Ho avuto a che fare con lavori professionalmente diversi tra loro prima di rendermi conto che la parte creativa aveva urgenza a prevalere sul resto. Ho quindi iniziato circa 10 anni fa a muovere i primi passi nella fotografia frequentando diversi corsi in una scuola, La Bottega della Luce di Alessandro Galimberti, che mi hanno portato dove sono adesso.

Da dove nasce la tua passione per la fotografia? Da una mia personale ricerca di felicità, ma questo non l’ho capito subito. Al tempo facevo un lavoro che per quanto mi abbia dato tanto, non mi gratificava dal punto di vista emozionale; la fotografia in questo senso è stata un’esperienza salvifica. Inizialmente è stato come muovere i primi passi in un territorio sconosciuto in cui a poco a poco ho imparato a misurarmi, non immaginavo nemmeno il successo che poi sarebbe arrivato. Non avevo nessuna velleità in merito, volevo solamente assecondare la mia personale idea di bellezza guardarmi intorno con occhi diversi, iniziare a sperimentare. Sentivo l’esigenza interiore di esplorare i miei recessi e usare questa via di comunicazione.
Ho preso l’abitudine di non lavorare mai subito le foto che faccio. Spesso le archivio e passano mesi prima che le prenda in mano e le riguardi, solo allora con distacco riesco a vedere quelle che racchiudono in se una forza intrinseca. É una sensazione quasi palpabile, come una stretta sullo stomaco, allora mi dico “ok, questa funziona”.

Come hai capito il tuo mezzo di espressione artistica? Provando anche a fare altro. Ho recitato in alcuni spettacoli teatrali con la compagnia Artelabro, è stata una bellissima esperienza ma non era quella la mia strada. Come dicevo prima, la fotografia è stata una vera e propria presa di coscienza, essendo un potente mezzo di comunicazione, ad un certo punto ho sentito l’esigenza di raccontare a modo mio la visione che ho delle cose e delle persone. Sono per carattere e personalità votata al cambiamento continuo quindi, non escludo che in futuro possano esserci altri percorsi.

Come nasce il tuo progetto DNA100 dedicato ai centenari della Sardegna? Ha coinciso con una svolta professionale e quindi la perdita dei punti di riferimento che avevo avuto fino ad allora. Dopo un primo momento di incertezza mi sono completamente dedicata alla creazione di questo progetto artistico.  Di bluezone e longevità ne hanno parlato un pò tutti, da quando più di 20 anni fa National Geographic ha iniziato a sollevare interesse intorno alle persone che vivevano cento e passa anni. Loro si sono accorti di questa nostra peculiarità e hanno iniziato a parlarne, poi attraverso il sostegno di aziende interessate al fenomeno sono stati stanziati fondi per la ricerca.  I ricercatori si sono concentrati su aspetti pratici, analizzando dati demografici condizioni ambientali stile di vita nutrizione e genetica. Ho sentito l’impulso di documentare la parte visiva, ritraendo volti e mani segnati dal tempo, dal vissuto personale e ascoltando quello che avevano da raccontare.

Nella descrizione delle foto troviamo spesso delle frasi pronunciate dagli anziani. Come riesci ad instaurare questo legame così profondo con la persona che trovi davanti a te? Ho una naturale predisposizione a entrare in empatia con le persone. Non è sempre facile, bisogna rispettare i tempi di ciascuno di loro. Gioca a mio vantaggio il fatto che si sentano al centro dell’attenzione e di conseguenza sono felici di dare il loro contributo a questa raccolta documentale. Riesco a creare un bel feeling ed è proprio lì che tirano fuori l’anima e le storie personali.

Storie di una vita centenaria raccontate tramite le tue fotografie come trovi i soggetti con cui scattare? Attraverso una rete di conoscenze, spesso me li segnalano e poi chiamo direttamente le persone che stanno a contatto con loro. Sono molto disponibili e amano avere di fronte qualcuno che li ascolti. 

Nel tuo profilo instagram appare una foto di una bambina e di alcuni paesaggi o oggetti, come le sedie. Perché queste scelte in contrapposizione? La contrapposizione è solo apparente, in realtà c’è un fil Rouge che lega tutte le immagini. Giulia, la bimba di cui parli, vive in una bluezone, ed è l’emblema di DNA 100, rappresenta la continuità, l’anello di congiunzione tra passato e futuro. Custodisce il patrimonio genetico che la porterà, sicuramente, a diventare centenaria ed è la depositaria di quella cultura popolare che a sua volta tramanderà ai suoi nipoti.  Paesaggi e oggetti richiamano luoghi e cose che rimangono inalterati nel tempo, un ginepro secolare è sempre il testimone di un tempo passato, peccato che non possa raccontare tutto quello che ha visto nella sua lunga vita!

Al di fuori di questo progetto di cosa ti occupi? Ho diverse collaborazioni aperte. Scrivo articoli e faccio interviste per un magazine che si chiama Tottus In Pari che da rilievo a tutto quello che fanno i sardi nei luoghi in cui vivono quindi anche all’estero; inoltre faccio video sulla Sardegna, soprattutto cibo e paesaggi per un canale Youtube che ha un milione di follower sparsi in tutto il mondo. Inoltre, curo insieme a un’amica un piccolo spazio espositivo a Porto San Paolo che si chiama AQA 21 inserito in una cornice molto suggestiva: una piazzetta sul mare che diventa non solo un luogo per prendere l’aperitivo e fare lo shopping, ma anche una piccola galleria che permette di dare visibilità a fotografi poco conosciuti ma di grande sensibilità e talento che regalano bellezza attraverso le loro immagini.

Quali sono i tuoi progetti futuri? Oppure il progetto dei centenari si evolverà? DNA100 è un lavoro in itinere, mi piacerebbe che prima o poi diventasse un progetto editoriale e fosse un riferimento per far conoscere la nostra gente anche oltre oceano, ma non mi fermo qui. Sto iniziando una nuova collaborazione che racconterà sempre di Sardegna e delle sue mille sfaccettature, ne sentirete parlare molto presto…

https://sartihna.altervista.org/

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